Recensione Factory di Tim Bruno

Factory

Scorza è un vecchio topo, ma grazie alla sua furbizia è riuscito a entrare nella Factory per scroccare formaggio dal foraggio per gli animali. C’è una cosa molto strana però, ci sono tanti animali che non conoscono il mondo ad di fuori il loro piccolo box, un mondo dove esiste un cielo, dove non sono i nastri trasportatori a fornire il cibo ma la terra.

Attenzione questo libro è stato offerto da Rizzoli.

Raccontare l’allevamento intensivo ai bambini non è una cosa semplice. Questo libro non solo la racconta in maniera semplice, ma spiega anche le dinamiche del gruppo quando si cerca di far togliere il paraocchi alle persone. Insomma sembrerebbe un libro per un target giovane e senza troppa morale, ma in realtà c’è molto altro.

Non sono una grande sostenitrice del vegan, ma di certo supporto il cruelty free: conoscere la storia di tre animali destinati a diventare scatolette mi ha ricordato i toni di Okja dove, con spiazzante verità, Scorza deve accettare che gli animali che sta imparando a conoscere, e a cui sta dando un nome, sono destinati al macello.

Inizialmente avevo pensato che questo libro richiamasse “La Signora Frisby e il segreto del Nimh”, ma qui non c’è scontro di specie, anzi, l’uomo sembra non esistere: sono le macchine a alimentare e scandire la vita della Factory. Ma per quanti automatismi lo possano nascondere è chiaro per chi sono quelle montagne di scatolette che ogni giorno vengono prodotte. Leggendo non si da la colpa all’uomo, ma semmai a un sistema che non prevede una vita per quegli animali, destinati a essere coltivati come gli uomini in Matrix. Una scelta interessante che non si sofferma a puntare il dito ma semmai a mostrare la vastità di una luna che troppo spesso rimane ignorata.

Credo sia una bella avventura con una morale tutt’altro che banale, non è la libertà l’obbiettivo finale, piuttosto trovare la speranza di un mondo nuovo.

Se vi ho incuriosito vi invito a leggere anche le recensioni dei blog che hanno aderito al Review Party:

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    Attenzione, questo volume è stato offerto da Mondadori.

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    Attenzione questo volume è stato offerto da Mondadori.

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    Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

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    Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

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    Vincent è forse l’esempio più classico di un reduce giovane e che si è visto strappare dalla guerra qualcosa che lo può rendere indipendente: la vista. Sebbene ormai sia comunque in grado di gestire la cecità, la famiglia vuole che trovi moglie, così che non resti solo. Anche quando è sposato la moglie, dovrà persino dimostrare che non è un’opportunista che si approfitta di lui. Anzi dovrà cercherà un modo per farlo sentire il più libero, adattando la casa in cui vivono e i terreni circostanti, perché possa goderli in piena indipendenza.

    Ogni nuovo libro di questa autrice conferma il piacere di conoscere una vita spezzata dalla guerra e il modo in cui sopravvive al mondo che non riesce più a vedere in lui un uomo completo. Allo stesso tempo la passione e l’amore fanno sognare i lettori. Non vedo l’ora di leggere il prossimo volume.

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    Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

    Il problema che tutti incontreranno nel leggerlo, avendo anticipatamente visto la serie tv, è il mega-spoiller che ha saputo fare e che toglie molta suspance a questo volume. Partiamo con il dire che qui la scena è divisa tra, Penelope ormai zitella, e Colin (il terzo Bridgerton) ancora scapolo e senza una chiara direzione da prendere per la sua vita.

    I due personaggi si completano perfettamente e finalmente (rispetto al terzo volume che avevo trovato scialbo) si ritorna alla frizzantezza tipica di Julia Quinn. Penelope con il suo modo ottimistico di affrontare la società che la sottovaluta, contrapposta a Colin, il ragazzo reputato da tutti perfetto che si sente perso senza obbiettivi. Per certi versi ricorda molto il percorso fatto dal fratello Benedict, ma qui finalmente la storia non è un canovaccio così scontato che riprende la versione romantica di Cenerentola.

    Ho parlato di spoiler, ma non vi dirò quale e non aggiungerò altro sulla trama, perché penso sia davvero un peccato che Mondadori abbia aspettato tanto. Fossi stata in loro avrei pubblicato questo volume a inizio dicembre, almeno si poteva avere la possibilità di leggere la serie con questo fondamentale dettaglio.

    Insomma, se avete amato la serie tv, sono certa che vi perderete anche tra queste pagine. Certo, niente duchi, ma fidatevi amerete anche Colin.

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    Questo libro si è rivelato particolarmente poetico, per questo ho scelto per voi alcuni dei passaggi che mi hanno più emozionato e credo lo rappresentino al meglio.

    È stata una lettura che ha avuto tante sottolineature, dalle prime pagine fino alle ultime: ci sono stati momenti lirici e paragrafi che ho riletto con piacere perché esprimevano con semplicità la potenza che questa autrice sa nascondere nelle parole.

    “Mi piace la puntualità, che è rispetto del tempo dell’altro. Che è dire avevo voglia di stare con te, spero di non darti disturbo, è così breve il tempo che abbiamo per noi, che, se lo sciupiamo, è sprecare ciò che c’è di più prezioso.”

    “Perché c’è un linguaggio muto, che si ascolta con gli occhi e con la pelle. Un linguaggio che grida ma che non trova frasi per farsi suono.”

    “Siamo forti insieme, mi ripeteva. Ci ricuciamo le ferite, ci togliamo le offese, ci regaliamo la libertà di essere noi.”

    Il bello di questo libro sta anche nel coraggio di vivere nonostante tutto. La storia di Eufrasia, e delle donne che l’anno preceduta, raggiunge in alcuni punti momenti strazianti e, a volte, il lettore necessita del balsamo per risollevarsi e continuare a resistere perché la vita va vissuta:

    “«Ciascuno di noi fa l’esperienza della caduta» le confermo, perché la sua voce mi ha raccontato ciò che la sua lingua non dice. «Si cade a terra perché ci ricordiamo che è da lì che proveniamo. Ed è lì a cui siamo destinati.»”

    “«Poco si ottiene senza fatica, Filomela. Nulla è facile, è legge di vita. Forse perché il gusto dell’essere creature sta in questo: nella conquista, nel sapore dello sforzo, nel colore del viaggio che ci ha portato a ottenere ciò che abbiamo chiesto, pregato, invocato.»”

    “Ci vogliono carezze dove altri affondano la lama. Ci vogliono lacrime a lavare ogni grumo salato. Ci vogliono parole piane e lievi a togliere il rumore del cuore che sbatte nelle tempie.”

    In molti momenti vita e cucito sono spesso sinonimo l’una dell’altro. E’ una similitudine che risulta tutta naturale fin dalla prima parola. In fondo la vita è sempre stata paragonata alla tessitura o alla filatura (come per esempio le parche). Tra i più belli ho scelto questi:

    “A volte le giornate scorrono uguali alle altre finché qualcosa si inceppa e l’ordine si rovescia. E ciò che c’è stato prima si spezza e, come filo che non tiene il punto, la cucitura salta e bisogna cominciare daccapo.”

    “Ha sempre ricamato, Clelia, e mi ha raccontato la sua vita. Dallo scorcio della sua finestra conosceva più mondo lei di chi lo avesse attraversato a piedi. E lo infilava, il mondo, con ago e refe, e telaio che tende il tessuto.”

    La speranza è un altro punto molto enfatizzato, le protagoniste non sono donne deboli che lasciano il potere nelle mani degli altri o della sventura:

    “«Il mondo è un luogo di spine. Un posto che frana, persino dove sembra battere il sole. Ma a noi non resta che trovare lo spazio, perché ci è dato un angolo che ci appartiene e che sarà nostro. E se il male ci travolgerà, chi rimane ha il compito di andare avanti, perché niente di chi non c’è più sparisca, ma per continuare da lì, dal punto in cui l’altro è arrivato. «E a forza di passi, arrivare alla fine e riuscire a trovare il coraggio di continuare comunque, anche se il male potrebbe tornare. Proseguire, perché il male può solo interromperti, farti deviare il percorso, ma non potrà mai fermarti. Perciò vai oltre per chi non è più al tuo fianco. Come tuo padre. Come Clelia. Avanti, avanti, perché la vita è più forte. La vita è più grande di ogni dolore. La vita è bellezza che supera il male.»”

    Questi sono piccoli assaggi di un libro in cui potreste pensare di trovare solo una storia, invece è molto di più. Ne parleremo nella recensione lunedì 21. Nel frattempo se vi ho incuriosito vi ricordo che potete seguire le tappe dell’evento che hanno preceduto la mia che chiude appunto questo viaggio all’interno de “L’ultima ricamatrice” di Elena Pigozzi.

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