
Articoli simili

Libri diversi per lettori strani
Ci sono libri che, per quanto possano sembrare come gli altri, sono diversi. A volte è la storia che ne ha dato i natali a essere originale e particolare, altre sono proprio i personaggi e le loro vicende a rendere uniche quelle pagine. Ce ne sono poi altri che hanno forme e impaginazioni fuori dal comune, grazie a un grande lavoro grafico alle spalle a dare maggiore forza alla narrazione.
A volte si tratta di pubblicazione vecchissime, altre nuove, altri vivono grazie alla fama incontrata, altri invece rimasti in ombra, ma in ogni caso, sono libri che hanno bisogno di lettori particolari: questi libri potrebbero essere stati ignorati da voi, ma cercano lettori che nella loro libreria non hanno bisogno di riempire spazi, cercano unicità e anticonformismo; sono lettori onnivori e che non si fanno spaventare da generi. Io sono Alice Chimera e vivo sommersa dai libri e sempre alla ricerca di letture interessanti che scovo nei mercatini dell’usato o nelle postazioni di bookcrossing, bazzico la rete per vedere cosa c’è di interessante tra le ultime uscite e le impressioni dei bookblogger; ogni lunedì sarò qui per parlarvi dei libri strani, quelli che proprio non possono mancare sui vostri scaffali già troppo pieni.

Pubblicare in self… quindi ho fallito?
Dopo Infelici e Scontenti, sta per arrivare l’edizione self di Delicato è L’equilibrio in una nuova veste grafica. Visto che sono libera da decisioni editoriali, da posizionamenti di mercato, e soprattutto ci voglio investire dei soldi (perché credo molto in questo libro), non solo avrà una copertina creata da A.C. Graphics (grafico che vince non si cambia): ho pensato di realizzare un prodotto curato in ogni dettaglio e, per questo, sarà pure illustrato internamente da Sara, illustratrice nota sui social come _SaturnoContro (di cui potete vedere un’immagine già nella copertina di questo post). Ah e non dimentichiamo l’editing di un certo livello della bravissima Gioia de Bonis.
Proprio ora che piccole e grandi Case Editrici usano la IA, mi sento di investire in artisti reali; avrei potuto prendere anche io questa strada. Ho due libri editi che nessuno pubblicherà più. Quindi, perché investire altro denaro che non è detto possa tornare? Beh potevo lasciarli all’oblio, potevo scrivere un prompt e cavarmela aggratis, invece ho scelto dargli una nuova occasione nel self credendo non solo in me stessa, ma anche in altri professionisti.
Scrivere per me ha sempre avuto più una connotazione artistica che qualcosa dettato da un “spendo X e devo avere indietro 2X”. In alcune occasioni mi è stato detto “bello ma non è abbastanza commerciale”. Le prime volte ero rimasta molto turbata da questo concetto “brava ma non venderebbe”, anche perché mi è sempre sembrato un controsenso. Come se, qualcosa di qualità, non garantisse l’apprezzamento del pubblico per una storia. Una specie di handicap.
Ho un libro pronto nel cassetto. Ha fatto qualche giro, per ora non ha trovato un editore. Ma non credo cercherò di pubblicarlo in self. Si tratta di un romanzo per il quale vorrei qualcosa in più, e sto cercando di trovargli una casa. Perché sono sicura che, prima o poi, uscirà dall’ombra di questo essere bello ma non commerciale.
Non posso negare che ci siano settori del mercato editoriale che spostano veramente cifre importanti grazie alla piccantezza di alcune pagine, o per il nome dell’autor* che spesso è indicato in caratteri cubitali, tanto da nascondere il titolo del libro.
Mi sembra strano ribadirlo, eppure non scrivo per vendere. Scrivo le storie che mancano nella mia libreria. Perché, prima di tutto, sono una lettrice. Scrivo perché mi emoziona, mi ha fatto tirare fuori tutto il peggio che il mondo aveva messo nella mia anima. Vorrei tanto che, chi ancora sostiene la becera equazione “romanzo spicy =vendita” (il discorso vale anche per qualsivoglia genere che tira in un determinato momento storico), dovrebbe ripensare a queste parole dell’Attimo Fuggente (liberamente riadattate): “Non leggiamo e scriviamo poesie/[e storie perché è carino/vende (ndAlice): noi leggiamo e scriviamo poesie/storie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione.”
Molti di voi mi potrebbero dire che, se un romanzo non è vendibile o apprezzato da un editore, potrebbe comunque arrivare ai lettori in self. Eppure se si pensa a questa opzione, ecco che in molti sentono e vedono altro. Probabilmente in molti si saranno sentiti dire “Va in self”, quasi fosse una canzonatura: “se non lo pubblichi con noi, allora l’unica strada è buttarlo nel self”. Come se, l’autopubblicazione, fosse una lettera scarlatta. Come se uno scrittore non avesse altre strade. Un romanzo e un autore perduti che meritano solo di prostituirsi per i vicoli più oscuri del web. Un luogo che per molti è una discarica da cui emergono solo i migliori a vendersi. E dove spesso gli editori pescano a piene mani, nella speranza di rimpolpare le casse. Non neghiamolo, dai, ora lo fanno con Wattpad…
Chissà quanti con l’autopubblicarsi vedono automaticamente il proprio fallimento. Per molti è al pari di una macchia sul Curriculum editoriale. Vorremmo tutti che, prima o poi, un editore mettesse sotto contratto una o più opere da noi create. Siamo troppo ambiziosi o ingenui nel pensare che il mondo editoriale non sia solo un’industria; forse crediamo all’ideale di un mondo di libri che dovrebbe fare cultura, raccontare i nostri tempi e quelli passati attraverso le storie che scriviamo, di qualsivoglia genere sia. Vi sento già dire che gli editori non sono onlus e devono fare impresa, ma da qui a costringere tutte le mucche a fare latte al peperoncino, perché è il preferito dai consumatori, è ben diverso. Anche perché un mercato che poi si riempie dello stesso prodotto con diverse etichette, prima o poi smette di interessare. Non dimentichiamo che non è iniziata oggi con il Romance (genere che amo leggere se scritto bene), che non ha nessuna colpa. Forse dimenticate i tempi in cui all’uscita de “Il signore degli Anelli” le librerie abbondavano di Fantasy nostrani (vi dice niente Licia Troisi?). E si potrebbero fare decine di esempi. Notiamo questo genere perché ormai sono anni che tira la carretta, ma presto o tardi qualcos’altro potrebbe prendere il suo posto.
Potreste pensare che esistono piccole realtà indipendenti votate a qualità e che non seguono le leggi delle classifiche. Questo è vero, ma sono sempre meno.
La realtà è che si stampa tantissimo, si legge poco e troppi editori promuovono solo quello che certamente potrebbe vendere. Inevitabilmente qualcuno resta in ombra o disperso in questo mare di carta.
Ho scelto di pubblicare anche “Delicato è L’equilibrio” in una nuova edizione autopubblicata in quanto non credo sia possibile trovargli un nuovo editore come già era accaduto a “Infelici e Scontenti”. Soprattutto non ho più l’ambizione di essere una scrittrice così come i social dipingono questa professione. Ho un bellissimo lavoro, mi ci pago quasi tutto. Scrivere non è per me un punto di arrivo monetario, magari lo è per la parte professionale. Non perdo la speranza che questo un giorno mi paghi il pane, ma non posso vivere le pene per questo (c’è una velata citazione a Elio e le storie tese in questa frase). Mi sembra di vedere sempre le solite storie in libreria, perchè italiane o non italiane, quello vuole il mercato: un tempo entrare in libreria era una scoperta, c’erano forse meno generi, ma molto spesso tornavo a casa con qualcosa di nuovo ed entusiasmante. Le librerie di catena hanno perso del tutto il concetto di varietà: escludiamo il genere rosa, avete contato quanti libri con protagonisti i gatti (nel titolo o nella trama) sono usciti nell’ultimo anno? Ci sono gatti in libreria, gatti che abitano cafè, e recentemente ne ho trovati pure piovere dal cielo…
Molti libri non arrivano nelle librerie; tutto questo non è sempre e solo colpa dei testi, di una copertina sbagliata o dell’editore o di una distribuzione malata, o semplicemente la massa non vuole leggerli, non è colpa dei lettori se abbiamo abituato l’editoria a questo flusso continuo di mode e libri fotocopia.
Capiamoci, mi piace quello che scrivo, perché cerco sempre di creare un libro che non si troverebbe normalmente nelle librerie dei lettori. E penso che là fuori ci siano altri che amerebbero come me trovare nuove storie, ma non voglio nemmeno vivere male se l’editoria punta alla parte imprenditoriale.
Ci sono davvero tantissimi costi che un lettore non vede (editing, promozione, ecc…). E il ricavo, soprattutto quello per lo scrittore, è quasi sempre misero.
Decidere di non scrivere solo perché una o più storie non ci posso pagare l’affitto, le bollette e le vacanze, è spesso dettato dalla deviata visione della professione definita come “scrittore”: in questo paese le scrittrici e gli scrittori che vivono di sola scrittura sono mosche bianchissime, quasi trasparenti. Sono tantissimi gli scrittori che vivono mescolando alla professione di scrittore, quella di editor, impaginatore, coach, giornalista, influencer. traduttore ecc… e questo dimostra inequivocabilmente che sono pochi quelli che ci vivono (con “vivono” intendo che non solo ci pagano il costo della vita, ma possono concedersi il lusso di fare solo quello di lavoro).
Rimane uno stereotipo malato, soprattutto se sei in self e vuoi lavorare bene: perché il costo di un buon editing è sui 700 euro (libro da 350 pagine). Una copertina costa dai 100 ai 200 euro. Poi ci possono essere anche i costi di impaginazione; e ci sono anche la promozione, le copie omaggio mandate a bookblogger o ai neo booktoker (che spesso chiedono anche loro un compenso). Insomma alla fine ti trovi a spendere più di 1000 euro e, se guadagni in pagine sfogliate o e-book, ecco che recuperare questa cifra è un’impresa titanica per chi non scrive generi commerciali.
Non dimentichiamoci che, se si lavora con un editore, tanta grazia se si prende il 10% del prezzo di copertina. Ricordandoci sempre che, le tirature sopra le 1000 (e le relative vendite totali), sono appannaggio di pochissimi. Un autore dovrebbe come minimo vendere 1000 copie al mese di un volume che costi 20 euro e, pagando le tasse, non so se gli resterebbe abbastanza per vivere. Andate ad analizzare quanto vendono mediamente gli autori italiani (di generi poco commerciali) pubblicati da editori. Poi ne riparliamo.
Ci dobbiamo discostare dal modello estero in cui scrittori di medio successo lo fanno come professione. Non dimentichiamo che scrivono in inglese, una lingua che leggiamo anche noi italiani. Ebbene, quanti nel mondo leggono e conoscono l’italiano? L’Italia è un paese in cui l’editoria è malata (non lo dico solo io eh) da tempo. E non sta facendo nulla per guarire. Restano pochissimi editori indipendenti che davvero lavorano a testi e promozione, gli altri sopravvivono incrociando le dita di aver messo sotto contratto il romanzo che potrebbe fargli fare la svolta. Altri pescano nelle classifiche self/wattpad, o tra gli influencer, per favorire le vendite facili.
Quindi non ho fallito. Non hanno fallito i miei libri. Semplicemente ha fallito l’ideale di scrittore in questo paese in cui, lavorare con l’arte, è qualcosa ad appannaggio di pochi. Un qualcosa che delle somme autorità devono definire tale, sennò è solo narrativa di genere. Insomma non sarà mai una professione per professionisti, semmai un traguardo concesso a pochi.
Vorrei tanto che riconoscessimo tutti l’elefante nella stanza. Il problema non è lo spicy, i lettori che vogliono solo scene hot e storie simili, non sono gli autori che hanno successo su wattpad. Forse il problema è che, troppi editori, hanno perso la voglia di scommettere su qualcosa di nuovo, di unico, di sconosciuto. Non smetto di sperare, chissà che un giorno qualcuno non guardi verso ciò che ho scritto. Nel frattempo continuiamo a leggere quello che ci piace, a creare nuove storie che vorremmo vedere in libreria. Chissà che un giorno non ci arrivino davvero. E per una volta gioco a fare l’imprenditrice autopubblicando un libro su cui ho lavorato per tanti anni. Un volume che spero arrivi a nuovi e vecchi lettori in questa veste tutta speciale.

Recensione Kilmeny del Frutteto di Lucy Maud Montgomery
Eric Marshall è pronto per prendere il suo posto nel mondo ma, per aiutare un amico, si trasferisce momentaneamente a Lindsay sostituendolo nell’insegnamento della scuola locale. È per caso, durante una passeggiata, che Eric incontra Kilmeny. Lei sta suonando il violino, ma quando Eric la avvicina, fugge spaventata.
Ignora infatti che la ragazza che ha visto, è la figlia di un tremendo peccato, segnata da esso anche nel corpo.
I libri di Lucy M. Montgomery sono sempre una rivelazione. Leggerla in questo libro è scoprire una nuova sfaccettatura di questa donna che, troppo spesso, viene relegata solo ai libri dedicati ad “Anna dai capelli rossi”. Certo il libro non è invecchiato bene. Si sente la struttura di inizio novecento e anche alcune tematiche segno dell’epoca. Il mutismo della protagonista omonima per esempio, viene ritenuto un elemento così invalidante, sia dai personaggi che dalla stessa Kilmeny, tanto da non meritare una vita come gli altri. Nel suo insieme però è una lettura godibile.
È un libro tradotto con molta cura, anche se vi confesso che al posto di molte note che segnalavano la forma originale del testo, avrei preferito un’introduzione che parlasse del registro scelto dall’autrice, permettendo di godere l’opera tradotta a tutto tondo. Di pregio è la scelta di inserire anche le stampe della pubblicazione originale, che avrei visto bene anche associandole alle scene nel testo, non relegate solo a fondo volume.
Lo si legge davvero in poche ore. E’ un piacere farlo, anche perché la Montgomery amava il Canada, e anche qui tira fuori la poesia dell’Isola del principe e la fonde con la storia romantica. Questo è un volume adatto a chi cerca la delicatezza dei romanzi di fine ottocento o inizio novecento. Una lettura perfetta per la primavera da poter assaporare all’aria aperta.

Lewis Carroll Society d’Italia
Era il 24 Novembre 2022 quando, la mia cara amica Yvonne (che non solo mi aveva dato il suo contatto ma anche caldeggiato la mia idea), leggeva la bozza della mail che avrei mandato a Mark Bursein per presentarmi e chiedergli se ci fossero i presupposti per creare in Italia una #LewisCarrollSociety. Scoprii che potevo farlo. E da allora ho lavorato perché, quello che era un sogno, divenisse realtà. Tenendolo nascosto a molti, ne ho parlato solo con pochissimi intimi perché temevo che nulla di ciò si concretizzasse.
La mia collezione
Cos’è una Lewis Carroll Society e perché ho aperto quella italiana (che potete seguire attraverso i social per ora su Facebook, Twitter e Instagram e il nostro fiammante sito internet)?
Molto prima del Covid, tra le mille cose che ho iniziato quando mi sono trasferita a vivere a Milano, c’è una collezione su Alice, i cui libri hanno segnato la mia adolescenza. Sono sempre stata affascinata dalla storia che si nasconde dietro al suo autore e alle milioni di interpretazioni che il mondo ha voluto dargli. Dal 2010 circa mi sono fatta portare dai viaggi degli amici un volume della località che visitavano e, in parallelo, ho sempre investito un piccolo budget per comprare libri e gadget. Quando i pezzi accumulati sono diventati tantissimi, ho iniziato a pensare che potevano essere un buon materiale e volevo condividerli con il mondo. Per questo ho creato Chimera in wonderland, da lì all’incontrare altri collezionisti è stato un attimo. Arrivare poi a conoscere le Societies si è rivelato automatico.
Cos’è una Lewis Carroll Society?
Cos’è una Lewis Carroll Society e perché ho aperto quella italiana (che potete seguire attraverso i social per ora su Facebook, Twitter e Instagram e il nostro fiammante sito internet)?Conosco tanti appassionati in Italia e, il fatto che nel 2022 ci siano state ben 3 edizioni diverse illustrate nel nostro bel paese, conferma che, là fuori, siamo in tanti a investire e a voler vedere i mille volti che gli artisti nostrani (ma anche quelli esteri) le hanno o le potrebbero dare. Allo stesso modo qui in Italia la cultura viene promossa per canali insoliti. Troppo spesso mi ritrovo a scoprire mostre ed eventi troppo tardi. Ci vuole qualcuno che unisca e racconti Alice in Italia, e allo stesso modo faccia vedere che cosa sta succedendo nel mondo. Questo è quello che voglio fare creando questa associazione culturale: unire appassionati, promuovere eventi (spero di poterne anche crearne alcuni), oltre a mettere a disposizione la mia collezione (se me lo chiedete ad ora, catalogati sono 500 libri, ma la conta è solo all’inizio ) a studiosi ed appassionati. Si tratta di un progetto importante, che ha appena iniziato ad esistere, il cui anno zero parte oggi. Ben arrivata Lewis Carroll Society d’Italy.
Compagni di viaggio …
Grazie ancora a Viviana Tenga (la mia matematica del cuore), Marco Parini (il mio avvocato del cuore!) e anche alla Lewis Carroll do Brasil e la sua presidente Adriana Peliano per lo splendido supporto e la sinergia. Grazie ovviamente alla Lewis Carroll of North America e allo stesso Mark che ha dato il calcio d’inizio a tutto questo. Infine grazie anche a chi, in tutti questi anni mi ha supportato donandomi i libri (a Natale e ai compleanno) come mia sorella , Luca Buzzi, il mio compagno e molti altri amici di cui di certo sto dimenticando il nome. Grazie a Red Kedi che, come me, colleziona forte e duro, ed è stata la prima vera collezionista Italiana che abbia conosciuto. Grazie a tutti, anche solo per aver finito di leggere tutto questo.
Vi invito a seguire sia i Chimera in Wonderland anche su Tik-Tok, che quelli della neonata society. Presto vi racconterò di più. Per ora tutto questo è solo un preludio di un qualcosa che pian piano avrete modo di scoprire.

Recensione di La maledizione di Arianna di Sara A. Benatti
Arianna è la figlia di Minosse. Non ha il potere di un uomo, può solo piegarsi alle scelte di un padre che disprezza e che tiranneggia in tutto il mediterraneo. Per questo, quando incontra Teseo, sente un briciolo di speranza. Vede la possibilità di salvarsi e dare un nuovo futuro a sua madre e le sue sorelle da quella città in cui, il Labirinto di Cnosso, è il cimitero per decine di tributi che arrivano a Creta per saziare la sete di potere del suo re.
Ci sono libri che servono. Sono quelle letture che inizi quasi per caso e che, come una medicina, curano l’anima. Questo è stato per me “La Maledizione di Arianna”, prima di entrare nei tecnicismi, in quella parte della recensione più fredda, che vi racconta pregi e difetti. Qui mi prendo qualche riga per raccontare che, forse, era il romanzo di cui avevo bisogno.
Arianna è un personaggio diverso da quello del mito. Questo è un retelling che si prende tutte le libertà che una donna dovrebbe avere in questo mondo così allo sbaraglio. Arianna è una protagonista che ha dialogato con me. Ho visto negli errori della sua vita, continuamente in bilico grazie alle scelte altrui, alcuni passaggi della mia vita; come lei ho scelto di trovare il tempo per spezzare le catene di persone e luoghi che hanno avuto abbastanza potere nella mia vita. Quindi grazie Arianna, grazie Sara.
Tornando invece al libro partiamo con il dire che non è un retelling fedele al mito: la storia ha diverse deviazioni da quella che ben conosciamo. Vi confesso che non sono scelte buttate lì per rendere la trama più corposa, semmai sono la ricerca di una versione differente: uno sguardo più legato ad Arianna che è sempre apparsa come una “sottona” che da gli strumenti ai Teseo, e poi viene abbandonata a Nasso come se non servisse più. Qui invece non troverete questa trama trita e ritrita.
Ad Arianna, si contrappone anche una storia parallela, quella di Dares, tributo ateniese che è stato scelto per entrare con altri nel labirinto e saziare la fame di sangue di Minosse. Anche qui il lettore entra in contatto con un altro aspetto del mito: i tributi mandati a Creta. Tutti si soffermano sul mito di Dedalo, su Teseo che uccide il Minotauro, ma nessuno ha dato voce a coloro che erano stati sacrificati in quel labirinto. Sta qui forse il genio di Sara, quello di non fermarsi nel dare una nuova visione di Arianna sul mito, semmai la voglia di raccontare le vite di coloro che erano sacrificati, la complessità di vite che nessuno ha mai voluto elevare a quelle di eroi. Erano solo numeri, degni di non essere ricordati se non per enfatizzare la cattiveria di Minosse. Inoltre si capisce il profondo studio su Creta che non è semplicemente l’ambientazione, si sente la sua presenza, con la sua cultura misteriosa, negli oggetti e nei vestiti che vengono descritti. Si va quindi alla fonte del mito e si racconta qualcosa di più complesso.
Al di là delle emozioni che questo volume ha suscitato, c’è da dire che Sara ha uno stile molto evocativo: bastano poche righe per sentire il sole sulla propria pelle, i profumi inebriare le narici e il buio del labirinto oscurare gli occhi del lettore. Senza dimenticare che la costruzione dei personaggi è fatta con sapienza, senza lasciare nulla al caso e, soprattutto, nell’evolversi non ci sono forzature. Teseo, Dares e Arianna non tradiscono il lettore con colpi di testa, semplicemente sono loro stessi.
L’ambientazione, che è molto curata, riesce a fondere il mito con i nuovi elementi narrativi inseriti dall’autrice. Il mix produce una piacevole combinazione che mi farebbe sognare di leggere anche un sequel dedicato a Dares, anche se non credo sia in programma (o necessario). Ma devo confessarvi che mi sono affezionata al personaggio e a quel mondo complicato che ha animato il Mediterraneo.
Consiglio questa lettura a chi cerca una protagonista spezzata e vuole vederla risorgere dalle sue ceneri. Consigliato a chi ama i retelling e cerca qualcosa scritto bene made in Italy (perché la roba buona, la sappiamo scrivere bene pure noi).

SalTo 2024, tanta gente, troppa gente!
Questo Salone del libro di Torino è stato forse uno dei più affollati che abbia mai visitato. Grande la presenza del…

Libri diversi per lettori strani
Ci sono libri che, per quanto possano sembrare come gli altri, sono diversi. A volte è la storia che ne ha dato i natali a essere originale e particolare, altre sono proprio i personaggi e le loro vicende a rendere uniche quelle pagine. Ce ne sono poi altri che hanno forme e impaginazioni fuori dal comune, grazie a un grande lavoro grafico alle spalle a dare maggiore forza alla narrazione.
A volte si tratta di pubblicazione vecchissime, altre nuove, altri vivono grazie alla fama incontrata, altri invece rimasti in ombra, ma in ogni caso, sono libri che hanno bisogno di lettori particolari: questi libri potrebbero essere stati ignorati da voi, ma cercano lettori che nella loro libreria non hanno bisogno di riempire spazi, cercano unicità e anticonformismo; sono lettori onnivori e che non si fanno spaventare da generi. Io sono Alice Chimera e vivo sommersa dai libri e sempre alla ricerca di letture interessanti che scovo nei mercatini dell’usato o nelle postazioni di bookcrossing, bazzico la rete per vedere cosa c’è di interessante tra le ultime uscite e le impressioni dei bookblogger; ogni lunedì sarò qui per parlarvi dei libri strani, quelli che proprio non possono mancare sui vostri scaffali già troppo pieni.

Pubblicare in self… quindi ho fallito?
Dopo Infelici e Scontenti, sta per arrivare l’edizione self di Delicato è L’equilibrio in una nuova veste grafica. Visto che sono libera da decisioni editoriali, da posizionamenti di mercato, e soprattutto ci voglio investire dei soldi (perché credo molto in questo libro), non solo avrà una copertina creata da A.C. Graphics (grafico che vince non si cambia): ho pensato di realizzare un prodotto curato in ogni dettaglio e, per questo, sarà pure illustrato internamente da Sara, illustratrice nota sui social come _SaturnoContro (di cui potete vedere un’immagine già nella copertina di questo post). Ah e non dimentichiamo l’editing di un certo livello della bravissima Gioia de Bonis.
Proprio ora che piccole e grandi Case Editrici usano la IA, mi sento di investire in artisti reali; avrei potuto prendere anche io questa strada. Ho due libri editi che nessuno pubblicherà più. Quindi, perché investire altro denaro che non è detto possa tornare? Beh potevo lasciarli all’oblio, potevo scrivere un prompt e cavarmela aggratis, invece ho scelto dargli una nuova occasione nel self credendo non solo in me stessa, ma anche in altri professionisti.
Scrivere per me ha sempre avuto più una connotazione artistica che qualcosa dettato da un “spendo X e devo avere indietro 2X”. In alcune occasioni mi è stato detto “bello ma non è abbastanza commerciale”. Le prime volte ero rimasta molto turbata da questo concetto “brava ma non venderebbe”, anche perché mi è sempre sembrato un controsenso. Come se, qualcosa di qualità, non garantisse l’apprezzamento del pubblico per una storia. Una specie di handicap.
Ho un libro pronto nel cassetto. Ha fatto qualche giro, per ora non ha trovato un editore. Ma non credo cercherò di pubblicarlo in self. Si tratta di un romanzo per il quale vorrei qualcosa in più, e sto cercando di trovargli una casa. Perché sono sicura che, prima o poi, uscirà dall’ombra di questo essere bello ma non commerciale.
Non posso negare che ci siano settori del mercato editoriale che spostano veramente cifre importanti grazie alla piccantezza di alcune pagine, o per il nome dell’autor* che spesso è indicato in caratteri cubitali, tanto da nascondere il titolo del libro.
Mi sembra strano ribadirlo, eppure non scrivo per vendere. Scrivo le storie che mancano nella mia libreria. Perché, prima di tutto, sono una lettrice. Scrivo perché mi emoziona, mi ha fatto tirare fuori tutto il peggio che il mondo aveva messo nella mia anima. Vorrei tanto che, chi ancora sostiene la becera equazione “romanzo spicy =vendita” (il discorso vale anche per qualsivoglia genere che tira in un determinato momento storico), dovrebbe ripensare a queste parole dell’Attimo Fuggente (liberamente riadattate): “Non leggiamo e scriviamo poesie/[e storie perché è carino/vende (ndAlice): noi leggiamo e scriviamo poesie/storie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione.”
Molti di voi mi potrebbero dire che, se un romanzo non è vendibile o apprezzato da un editore, potrebbe comunque arrivare ai lettori in self. Eppure se si pensa a questa opzione, ecco che in molti sentono e vedono altro. Probabilmente in molti si saranno sentiti dire “Va in self”, quasi fosse una canzonatura: “se non lo pubblichi con noi, allora l’unica strada è buttarlo nel self”. Come se, l’autopubblicazione, fosse una lettera scarlatta. Come se uno scrittore non avesse altre strade. Un romanzo e un autore perduti che meritano solo di prostituirsi per i vicoli più oscuri del web. Un luogo che per molti è una discarica da cui emergono solo i migliori a vendersi. E dove spesso gli editori pescano a piene mani, nella speranza di rimpolpare le casse. Non neghiamolo, dai, ora lo fanno con Wattpad…
Chissà quanti con l’autopubblicarsi vedono automaticamente il proprio fallimento. Per molti è al pari di una macchia sul Curriculum editoriale. Vorremmo tutti che, prima o poi, un editore mettesse sotto contratto una o più opere da noi create. Siamo troppo ambiziosi o ingenui nel pensare che il mondo editoriale non sia solo un’industria; forse crediamo all’ideale di un mondo di libri che dovrebbe fare cultura, raccontare i nostri tempi e quelli passati attraverso le storie che scriviamo, di qualsivoglia genere sia. Vi sento già dire che gli editori non sono onlus e devono fare impresa, ma da qui a costringere tutte le mucche a fare latte al peperoncino, perché è il preferito dai consumatori, è ben diverso. Anche perché un mercato che poi si riempie dello stesso prodotto con diverse etichette, prima o poi smette di interessare. Non dimentichiamo che non è iniziata oggi con il Romance (genere che amo leggere se scritto bene), che non ha nessuna colpa. Forse dimenticate i tempi in cui all’uscita de “Il signore degli Anelli” le librerie abbondavano di Fantasy nostrani (vi dice niente Licia Troisi?). E si potrebbero fare decine di esempi. Notiamo questo genere perché ormai sono anni che tira la carretta, ma presto o tardi qualcos’altro potrebbe prendere il suo posto.
Potreste pensare che esistono piccole realtà indipendenti votate a qualità e che non seguono le leggi delle classifiche. Questo è vero, ma sono sempre meno.
La realtà è che si stampa tantissimo, si legge poco e troppi editori promuovono solo quello che certamente potrebbe vendere. Inevitabilmente qualcuno resta in ombra o disperso in questo mare di carta.
Ho scelto di pubblicare anche “Delicato è L’equilibrio” in una nuova edizione autopubblicata in quanto non credo sia possibile trovargli un nuovo editore come già era accaduto a “Infelici e Scontenti”. Soprattutto non ho più l’ambizione di essere una scrittrice così come i social dipingono questa professione. Ho un bellissimo lavoro, mi ci pago quasi tutto. Scrivere non è per me un punto di arrivo monetario, magari lo è per la parte professionale. Non perdo la speranza che questo un giorno mi paghi il pane, ma non posso vivere le pene per questo (c’è una velata citazione a Elio e le storie tese in questa frase). Mi sembra di vedere sempre le solite storie in libreria, perchè italiane o non italiane, quello vuole il mercato: un tempo entrare in libreria era una scoperta, c’erano forse meno generi, ma molto spesso tornavo a casa con qualcosa di nuovo ed entusiasmante. Le librerie di catena hanno perso del tutto il concetto di varietà: escludiamo il genere rosa, avete contato quanti libri con protagonisti i gatti (nel titolo o nella trama) sono usciti nell’ultimo anno? Ci sono gatti in libreria, gatti che abitano cafè, e recentemente ne ho trovati pure piovere dal cielo…
Molti libri non arrivano nelle librerie; tutto questo non è sempre e solo colpa dei testi, di una copertina sbagliata o dell’editore o di una distribuzione malata, o semplicemente la massa non vuole leggerli, non è colpa dei lettori se abbiamo abituato l’editoria a questo flusso continuo di mode e libri fotocopia.
Capiamoci, mi piace quello che scrivo, perché cerco sempre di creare un libro che non si troverebbe normalmente nelle librerie dei lettori. E penso che là fuori ci siano altri che amerebbero come me trovare nuove storie, ma non voglio nemmeno vivere male se l’editoria punta alla parte imprenditoriale.
Ci sono davvero tantissimi costi che un lettore non vede (editing, promozione, ecc…). E il ricavo, soprattutto quello per lo scrittore, è quasi sempre misero.
Decidere di non scrivere solo perché una o più storie non ci posso pagare l’affitto, le bollette e le vacanze, è spesso dettato dalla deviata visione della professione definita come “scrittore”: in questo paese le scrittrici e gli scrittori che vivono di sola scrittura sono mosche bianchissime, quasi trasparenti. Sono tantissimi gli scrittori che vivono mescolando alla professione di scrittore, quella di editor, impaginatore, coach, giornalista, influencer. traduttore ecc… e questo dimostra inequivocabilmente che sono pochi quelli che ci vivono (con “vivono” intendo che non solo ci pagano il costo della vita, ma possono concedersi il lusso di fare solo quello di lavoro).
Rimane uno stereotipo malato, soprattutto se sei in self e vuoi lavorare bene: perché il costo di un buon editing è sui 700 euro (libro da 350 pagine). Una copertina costa dai 100 ai 200 euro. Poi ci possono essere anche i costi di impaginazione; e ci sono anche la promozione, le copie omaggio mandate a bookblogger o ai neo booktoker (che spesso chiedono anche loro un compenso). Insomma alla fine ti trovi a spendere più di 1000 euro e, se guadagni in pagine sfogliate o e-book, ecco che recuperare questa cifra è un’impresa titanica per chi non scrive generi commerciali.
Non dimentichiamoci che, se si lavora con un editore, tanta grazia se si prende il 10% del prezzo di copertina. Ricordandoci sempre che, le tirature sopra le 1000 (e le relative vendite totali), sono appannaggio di pochissimi. Un autore dovrebbe come minimo vendere 1000 copie al mese di un volume che costi 20 euro e, pagando le tasse, non so se gli resterebbe abbastanza per vivere. Andate ad analizzare quanto vendono mediamente gli autori italiani (di generi poco commerciali) pubblicati da editori. Poi ne riparliamo.
Ci dobbiamo discostare dal modello estero in cui scrittori di medio successo lo fanno come professione. Non dimentichiamo che scrivono in inglese, una lingua che leggiamo anche noi italiani. Ebbene, quanti nel mondo leggono e conoscono l’italiano? L’Italia è un paese in cui l’editoria è malata (non lo dico solo io eh) da tempo. E non sta facendo nulla per guarire. Restano pochissimi editori indipendenti che davvero lavorano a testi e promozione, gli altri sopravvivono incrociando le dita di aver messo sotto contratto il romanzo che potrebbe fargli fare la svolta. Altri pescano nelle classifiche self/wattpad, o tra gli influencer, per favorire le vendite facili.
Quindi non ho fallito. Non hanno fallito i miei libri. Semplicemente ha fallito l’ideale di scrittore in questo paese in cui, lavorare con l’arte, è qualcosa ad appannaggio di pochi. Un qualcosa che delle somme autorità devono definire tale, sennò è solo narrativa di genere. Insomma non sarà mai una professione per professionisti, semmai un traguardo concesso a pochi.
Vorrei tanto che riconoscessimo tutti l’elefante nella stanza. Il problema non è lo spicy, i lettori che vogliono solo scene hot e storie simili, non sono gli autori che hanno successo su wattpad. Forse il problema è che, troppi editori, hanno perso la voglia di scommettere su qualcosa di nuovo, di unico, di sconosciuto. Non smetto di sperare, chissà che un giorno qualcuno non guardi verso ciò che ho scritto. Nel frattempo continuiamo a leggere quello che ci piace, a creare nuove storie che vorremmo vedere in libreria. Chissà che un giorno non ci arrivino davvero. E per una volta gioco a fare l’imprenditrice autopubblicando un libro su cui ho lavorato per tanti anni. Un volume che spero arrivi a nuovi e vecchi lettori in questa veste tutta speciale.

Recensione Kilmeny del Frutteto di Lucy Maud Montgomery
Eric Marshall è pronto per prendere il suo posto nel mondo ma, per aiutare un amico, si trasferisce momentaneamente a Lindsay sostituendolo nell’insegnamento della scuola locale. È per caso, durante una passeggiata, che Eric incontra Kilmeny. Lei sta suonando il violino, ma quando Eric la avvicina, fugge spaventata.
Ignora infatti che la ragazza che ha visto, è la figlia di un tremendo peccato, segnata da esso anche nel corpo.
I libri di Lucy M. Montgomery sono sempre una rivelazione. Leggerla in questo libro è scoprire una nuova sfaccettatura di questa donna che, troppo spesso, viene relegata solo ai libri dedicati ad “Anna dai capelli rossi”. Certo il libro non è invecchiato bene. Si sente la struttura di inizio novecento e anche alcune tematiche segno dell’epoca. Il mutismo della protagonista omonima per esempio, viene ritenuto un elemento così invalidante, sia dai personaggi che dalla stessa Kilmeny, tanto da non meritare una vita come gli altri. Nel suo insieme però è una lettura godibile.
È un libro tradotto con molta cura, anche se vi confesso che al posto di molte note che segnalavano la forma originale del testo, avrei preferito un’introduzione che parlasse del registro scelto dall’autrice, permettendo di godere l’opera tradotta a tutto tondo. Di pregio è la scelta di inserire anche le stampe della pubblicazione originale, che avrei visto bene anche associandole alle scene nel testo, non relegate solo a fondo volume.
Lo si legge davvero in poche ore. E’ un piacere farlo, anche perché la Montgomery amava il Canada, e anche qui tira fuori la poesia dell’Isola del principe e la fonde con la storia romantica. Questo è un volume adatto a chi cerca la delicatezza dei romanzi di fine ottocento o inizio novecento. Una lettura perfetta per la primavera da poter assaporare all’aria aperta.

Lewis Carroll Society d’Italia
Era il 24 Novembre 2022 quando, la mia cara amica Yvonne (che non solo mi aveva dato il suo contatto ma anche caldeggiato la mia idea), leggeva la bozza della mail che avrei mandato a Mark Bursein per presentarmi e chiedergli se ci fossero i presupposti per creare in Italia una #LewisCarrollSociety. Scoprii che potevo farlo. E da allora ho lavorato perché, quello che era un sogno, divenisse realtà. Tenendolo nascosto a molti, ne ho parlato solo con pochissimi intimi perché temevo che nulla di ciò si concretizzasse.
La mia collezione
Cos’è una Lewis Carroll Society e perché ho aperto quella italiana (che potete seguire attraverso i social per ora su Facebook, Twitter e Instagram e il nostro fiammante sito internet)?
Molto prima del Covid, tra le mille cose che ho iniziato quando mi sono trasferita a vivere a Milano, c’è una collezione su Alice, i cui libri hanno segnato la mia adolescenza. Sono sempre stata affascinata dalla storia che si nasconde dietro al suo autore e alle milioni di interpretazioni che il mondo ha voluto dargli. Dal 2010 circa mi sono fatta portare dai viaggi degli amici un volume della località che visitavano e, in parallelo, ho sempre investito un piccolo budget per comprare libri e gadget. Quando i pezzi accumulati sono diventati tantissimi, ho iniziato a pensare che potevano essere un buon materiale e volevo condividerli con il mondo. Per questo ho creato Chimera in wonderland, da lì all’incontrare altri collezionisti è stato un attimo. Arrivare poi a conoscere le Societies si è rivelato automatico.
Cos’è una Lewis Carroll Society?
Cos’è una Lewis Carroll Society e perché ho aperto quella italiana (che potete seguire attraverso i social per ora su Facebook, Twitter e Instagram e il nostro fiammante sito internet)?Conosco tanti appassionati in Italia e, il fatto che nel 2022 ci siano state ben 3 edizioni diverse illustrate nel nostro bel paese, conferma che, là fuori, siamo in tanti a investire e a voler vedere i mille volti che gli artisti nostrani (ma anche quelli esteri) le hanno o le potrebbero dare. Allo stesso modo qui in Italia la cultura viene promossa per canali insoliti. Troppo spesso mi ritrovo a scoprire mostre ed eventi troppo tardi. Ci vuole qualcuno che unisca e racconti Alice in Italia, e allo stesso modo faccia vedere che cosa sta succedendo nel mondo. Questo è quello che voglio fare creando questa associazione culturale: unire appassionati, promuovere eventi (spero di poterne anche crearne alcuni), oltre a mettere a disposizione la mia collezione (se me lo chiedete ad ora, catalogati sono 500 libri, ma la conta è solo all’inizio ) a studiosi ed appassionati. Si tratta di un progetto importante, che ha appena iniziato ad esistere, il cui anno zero parte oggi. Ben arrivata Lewis Carroll Society d’Italy.
Compagni di viaggio …
Grazie ancora a Viviana Tenga (la mia matematica del cuore), Marco Parini (il mio avvocato del cuore!) e anche alla Lewis Carroll do Brasil e la sua presidente Adriana Peliano per lo splendido supporto e la sinergia. Grazie ovviamente alla Lewis Carroll of North America e allo stesso Mark che ha dato il calcio d’inizio a tutto questo. Infine grazie anche a chi, in tutti questi anni mi ha supportato donandomi i libri (a Natale e ai compleanno) come mia sorella , Luca Buzzi, il mio compagno e molti altri amici di cui di certo sto dimenticando il nome. Grazie a Red Kedi che, come me, colleziona forte e duro, ed è stata la prima vera collezionista Italiana che abbia conosciuto. Grazie a tutti, anche solo per aver finito di leggere tutto questo.
Vi invito a seguire sia i Chimera in Wonderland anche su Tik-Tok, che quelli della neonata society. Presto vi racconterò di più. Per ora tutto questo è solo un preludio di un qualcosa che pian piano avrete modo di scoprire.

Recensione di La maledizione di Arianna di Sara A. Benatti
Arianna è la figlia di Minosse. Non ha il potere di un uomo, può solo piegarsi alle scelte di un padre che disprezza e che tiranneggia in tutto il mediterraneo. Per questo, quando incontra Teseo, sente un briciolo di speranza. Vede la possibilità di salvarsi e dare un nuovo futuro a sua madre e le sue sorelle da quella città in cui, il Labirinto di Cnosso, è il cimitero per decine di tributi che arrivano a Creta per saziare la sete di potere del suo re.
Ci sono libri che servono. Sono quelle letture che inizi quasi per caso e che, come una medicina, curano l’anima. Questo è stato per me “La Maledizione di Arianna”, prima di entrare nei tecnicismi, in quella parte della recensione più fredda, che vi racconta pregi e difetti. Qui mi prendo qualche riga per raccontare che, forse, era il romanzo di cui avevo bisogno.
Arianna è un personaggio diverso da quello del mito. Questo è un retelling che si prende tutte le libertà che una donna dovrebbe avere in questo mondo così allo sbaraglio. Arianna è una protagonista che ha dialogato con me. Ho visto negli errori della sua vita, continuamente in bilico grazie alle scelte altrui, alcuni passaggi della mia vita; come lei ho scelto di trovare il tempo per spezzare le catene di persone e luoghi che hanno avuto abbastanza potere nella mia vita. Quindi grazie Arianna, grazie Sara.
Tornando invece al libro partiamo con il dire che non è un retelling fedele al mito: la storia ha diverse deviazioni da quella che ben conosciamo. Vi confesso che non sono scelte buttate lì per rendere la trama più corposa, semmai sono la ricerca di una versione differente: uno sguardo più legato ad Arianna che è sempre apparsa come una “sottona” che da gli strumenti ai Teseo, e poi viene abbandonata a Nasso come se non servisse più. Qui invece non troverete questa trama trita e ritrita.
Ad Arianna, si contrappone anche una storia parallela, quella di Dares, tributo ateniese che è stato scelto per entrare con altri nel labirinto e saziare la fame di sangue di Minosse. Anche qui il lettore entra in contatto con un altro aspetto del mito: i tributi mandati a Creta. Tutti si soffermano sul mito di Dedalo, su Teseo che uccide il Minotauro, ma nessuno ha dato voce a coloro che erano stati sacrificati in quel labirinto. Sta qui forse il genio di Sara, quello di non fermarsi nel dare una nuova visione di Arianna sul mito, semmai la voglia di raccontare le vite di coloro che erano sacrificati, la complessità di vite che nessuno ha mai voluto elevare a quelle di eroi. Erano solo numeri, degni di non essere ricordati se non per enfatizzare la cattiveria di Minosse. Inoltre si capisce il profondo studio su Creta che non è semplicemente l’ambientazione, si sente la sua presenza, con la sua cultura misteriosa, negli oggetti e nei vestiti che vengono descritti. Si va quindi alla fonte del mito e si racconta qualcosa di più complesso.
Al di là delle emozioni che questo volume ha suscitato, c’è da dire che Sara ha uno stile molto evocativo: bastano poche righe per sentire il sole sulla propria pelle, i profumi inebriare le narici e il buio del labirinto oscurare gli occhi del lettore. Senza dimenticare che la costruzione dei personaggi è fatta con sapienza, senza lasciare nulla al caso e, soprattutto, nell’evolversi non ci sono forzature. Teseo, Dares e Arianna non tradiscono il lettore con colpi di testa, semplicemente sono loro stessi.
L’ambientazione, che è molto curata, riesce a fondere il mito con i nuovi elementi narrativi inseriti dall’autrice. Il mix produce una piacevole combinazione che mi farebbe sognare di leggere anche un sequel dedicato a Dares, anche se non credo sia in programma (o necessario). Ma devo confessarvi che mi sono affezionata al personaggio e a quel mondo complicato che ha animato il Mediterraneo.
Consiglio questa lettura a chi cerca una protagonista spezzata e vuole vederla risorgere dalle sue ceneri. Consigliato a chi ama i retelling e cerca qualcosa scritto bene made in Italy (perché la roba buona, la sappiamo scrivere bene pure noi).

SalTo 2024, tanta gente, troppa gente!
Questo Salone del libro di Torino è stato forse uno dei più affollati che abbia mai visitato. Grande la presenza del…

Libri diversi per lettori strani
Ci sono libri che, per quanto possano sembrare come gli altri, sono diversi. A volte è la storia che ne ha dato i natali a essere originale e particolare, altre sono proprio i personaggi e le loro vicende a rendere uniche quelle pagine. Ce ne sono poi altri che hanno forme e impaginazioni fuori dal comune, grazie a un grande lavoro grafico alle spalle a dare maggiore forza alla narrazione.
A volte si tratta di pubblicazione vecchissime, altre nuove, altri vivono grazie alla fama incontrata, altri invece rimasti in ombra, ma in ogni caso, sono libri che hanno bisogno di lettori particolari: questi libri potrebbero essere stati ignorati da voi, ma cercano lettori che nella loro libreria non hanno bisogno di riempire spazi, cercano unicità e anticonformismo; sono lettori onnivori e che non si fanno spaventare da generi. Io sono Alice Chimera e vivo sommersa dai libri e sempre alla ricerca di letture interessanti che scovo nei mercatini dell’usato o nelle postazioni di bookcrossing, bazzico la rete per vedere cosa c’è di interessante tra le ultime uscite e le impressioni dei bookblogger; ogni lunedì sarò qui per parlarvi dei libri strani, quelli che proprio non possono mancare sui vostri scaffali già troppo pieni.

Pubblicare in self… quindi ho fallito?
Dopo Infelici e Scontenti, sta per arrivare l’edizione self di Delicato è L’equilibrio in una nuova veste grafica. Visto che sono libera da decisioni editoriali, da posizionamenti di mercato, e soprattutto ci voglio investire dei soldi (perché credo molto in questo libro), non solo avrà una copertina creata da A.C. Graphics (grafico che vince non si cambia): ho pensato di realizzare un prodotto curato in ogni dettaglio e, per questo, sarà pure illustrato internamente da Sara, illustratrice nota sui social come _SaturnoContro (di cui potete vedere un’immagine già nella copertina di questo post). Ah e non dimentichiamo l’editing di un certo livello della bravissima Gioia de Bonis.
Proprio ora che piccole e grandi Case Editrici usano la IA, mi sento di investire in artisti reali; avrei potuto prendere anche io questa strada. Ho due libri editi che nessuno pubblicherà più. Quindi, perché investire altro denaro che non è detto possa tornare? Beh potevo lasciarli all’oblio, potevo scrivere un prompt e cavarmela aggratis, invece ho scelto dargli una nuova occasione nel self credendo non solo in me stessa, ma anche in altri professionisti.
Scrivere per me ha sempre avuto più una connotazione artistica che qualcosa dettato da un “spendo X e devo avere indietro 2X”. In alcune occasioni mi è stato detto “bello ma non è abbastanza commerciale”. Le prime volte ero rimasta molto turbata da questo concetto “brava ma non venderebbe”, anche perché mi è sempre sembrato un controsenso. Come se, qualcosa di qualità, non garantisse l’apprezzamento del pubblico per una storia. Una specie di handicap.
Ho un libro pronto nel cassetto. Ha fatto qualche giro, per ora non ha trovato un editore. Ma non credo cercherò di pubblicarlo in self. Si tratta di un romanzo per il quale vorrei qualcosa in più, e sto cercando di trovargli una casa. Perché sono sicura che, prima o poi, uscirà dall’ombra di questo essere bello ma non commerciale.
Non posso negare che ci siano settori del mercato editoriale che spostano veramente cifre importanti grazie alla piccantezza di alcune pagine, o per il nome dell’autor* che spesso è indicato in caratteri cubitali, tanto da nascondere il titolo del libro.
Mi sembra strano ribadirlo, eppure non scrivo per vendere. Scrivo le storie che mancano nella mia libreria. Perché, prima di tutto, sono una lettrice. Scrivo perché mi emoziona, mi ha fatto tirare fuori tutto il peggio che il mondo aveva messo nella mia anima. Vorrei tanto che, chi ancora sostiene la becera equazione “romanzo spicy =vendita” (il discorso vale anche per qualsivoglia genere che tira in un determinato momento storico), dovrebbe ripensare a queste parole dell’Attimo Fuggente (liberamente riadattate): “Non leggiamo e scriviamo poesie/[e storie perché è carino/vende (ndAlice): noi leggiamo e scriviamo poesie/storie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione.”
Molti di voi mi potrebbero dire che, se un romanzo non è vendibile o apprezzato da un editore, potrebbe comunque arrivare ai lettori in self. Eppure se si pensa a questa opzione, ecco che in molti sentono e vedono altro. Probabilmente in molti si saranno sentiti dire “Va in self”, quasi fosse una canzonatura: “se non lo pubblichi con noi, allora l’unica strada è buttarlo nel self”. Come se, l’autopubblicazione, fosse una lettera scarlatta. Come se uno scrittore non avesse altre strade. Un romanzo e un autore perduti che meritano solo di prostituirsi per i vicoli più oscuri del web. Un luogo che per molti è una discarica da cui emergono solo i migliori a vendersi. E dove spesso gli editori pescano a piene mani, nella speranza di rimpolpare le casse. Non neghiamolo, dai, ora lo fanno con Wattpad…
Chissà quanti con l’autopubblicarsi vedono automaticamente il proprio fallimento. Per molti è al pari di una macchia sul Curriculum editoriale. Vorremmo tutti che, prima o poi, un editore mettesse sotto contratto una o più opere da noi create. Siamo troppo ambiziosi o ingenui nel pensare che il mondo editoriale non sia solo un’industria; forse crediamo all’ideale di un mondo di libri che dovrebbe fare cultura, raccontare i nostri tempi e quelli passati attraverso le storie che scriviamo, di qualsivoglia genere sia. Vi sento già dire che gli editori non sono onlus e devono fare impresa, ma da qui a costringere tutte le mucche a fare latte al peperoncino, perché è il preferito dai consumatori, è ben diverso. Anche perché un mercato che poi si riempie dello stesso prodotto con diverse etichette, prima o poi smette di interessare. Non dimentichiamo che non è iniziata oggi con il Romance (genere che amo leggere se scritto bene), che non ha nessuna colpa. Forse dimenticate i tempi in cui all’uscita de “Il signore degli Anelli” le librerie abbondavano di Fantasy nostrani (vi dice niente Licia Troisi?). E si potrebbero fare decine di esempi. Notiamo questo genere perché ormai sono anni che tira la carretta, ma presto o tardi qualcos’altro potrebbe prendere il suo posto.
Potreste pensare che esistono piccole realtà indipendenti votate a qualità e che non seguono le leggi delle classifiche. Questo è vero, ma sono sempre meno.
La realtà è che si stampa tantissimo, si legge poco e troppi editori promuovono solo quello che certamente potrebbe vendere. Inevitabilmente qualcuno resta in ombra o disperso in questo mare di carta.
Ho scelto di pubblicare anche “Delicato è L’equilibrio” in una nuova edizione autopubblicata in quanto non credo sia possibile trovargli un nuovo editore come già era accaduto a “Infelici e Scontenti”. Soprattutto non ho più l’ambizione di essere una scrittrice così come i social dipingono questa professione. Ho un bellissimo lavoro, mi ci pago quasi tutto. Scrivere non è per me un punto di arrivo monetario, magari lo è per la parte professionale. Non perdo la speranza che questo un giorno mi paghi il pane, ma non posso vivere le pene per questo (c’è una velata citazione a Elio e le storie tese in questa frase). Mi sembra di vedere sempre le solite storie in libreria, perchè italiane o non italiane, quello vuole il mercato: un tempo entrare in libreria era una scoperta, c’erano forse meno generi, ma molto spesso tornavo a casa con qualcosa di nuovo ed entusiasmante. Le librerie di catena hanno perso del tutto il concetto di varietà: escludiamo il genere rosa, avete contato quanti libri con protagonisti i gatti (nel titolo o nella trama) sono usciti nell’ultimo anno? Ci sono gatti in libreria, gatti che abitano cafè, e recentemente ne ho trovati pure piovere dal cielo…
Molti libri non arrivano nelle librerie; tutto questo non è sempre e solo colpa dei testi, di una copertina sbagliata o dell’editore o di una distribuzione malata, o semplicemente la massa non vuole leggerli, non è colpa dei lettori se abbiamo abituato l’editoria a questo flusso continuo di mode e libri fotocopia.
Capiamoci, mi piace quello che scrivo, perché cerco sempre di creare un libro che non si troverebbe normalmente nelle librerie dei lettori. E penso che là fuori ci siano altri che amerebbero come me trovare nuove storie, ma non voglio nemmeno vivere male se l’editoria punta alla parte imprenditoriale.
Ci sono davvero tantissimi costi che un lettore non vede (editing, promozione, ecc…). E il ricavo, soprattutto quello per lo scrittore, è quasi sempre misero.
Decidere di non scrivere solo perché una o più storie non ci posso pagare l’affitto, le bollette e le vacanze, è spesso dettato dalla deviata visione della professione definita come “scrittore”: in questo paese le scrittrici e gli scrittori che vivono di sola scrittura sono mosche bianchissime, quasi trasparenti. Sono tantissimi gli scrittori che vivono mescolando alla professione di scrittore, quella di editor, impaginatore, coach, giornalista, influencer. traduttore ecc… e questo dimostra inequivocabilmente che sono pochi quelli che ci vivono (con “vivono” intendo che non solo ci pagano il costo della vita, ma possono concedersi il lusso di fare solo quello di lavoro).
Rimane uno stereotipo malato, soprattutto se sei in self e vuoi lavorare bene: perché il costo di un buon editing è sui 700 euro (libro da 350 pagine). Una copertina costa dai 100 ai 200 euro. Poi ci possono essere anche i costi di impaginazione; e ci sono anche la promozione, le copie omaggio mandate a bookblogger o ai neo booktoker (che spesso chiedono anche loro un compenso). Insomma alla fine ti trovi a spendere più di 1000 euro e, se guadagni in pagine sfogliate o e-book, ecco che recuperare questa cifra è un’impresa titanica per chi non scrive generi commerciali.
Non dimentichiamoci che, se si lavora con un editore, tanta grazia se si prende il 10% del prezzo di copertina. Ricordandoci sempre che, le tirature sopra le 1000 (e le relative vendite totali), sono appannaggio di pochissimi. Un autore dovrebbe come minimo vendere 1000 copie al mese di un volume che costi 20 euro e, pagando le tasse, non so se gli resterebbe abbastanza per vivere. Andate ad analizzare quanto vendono mediamente gli autori italiani (di generi poco commerciali) pubblicati da editori. Poi ne riparliamo.
Ci dobbiamo discostare dal modello estero in cui scrittori di medio successo lo fanno come professione. Non dimentichiamo che scrivono in inglese, una lingua che leggiamo anche noi italiani. Ebbene, quanti nel mondo leggono e conoscono l’italiano? L’Italia è un paese in cui l’editoria è malata (non lo dico solo io eh) da tempo. E non sta facendo nulla per guarire. Restano pochissimi editori indipendenti che davvero lavorano a testi e promozione, gli altri sopravvivono incrociando le dita di aver messo sotto contratto il romanzo che potrebbe fargli fare la svolta. Altri pescano nelle classifiche self/wattpad, o tra gli influencer, per favorire le vendite facili.
Quindi non ho fallito. Non hanno fallito i miei libri. Semplicemente ha fallito l’ideale di scrittore in questo paese in cui, lavorare con l’arte, è qualcosa ad appannaggio di pochi. Un qualcosa che delle somme autorità devono definire tale, sennò è solo narrativa di genere. Insomma non sarà mai una professione per professionisti, semmai un traguardo concesso a pochi.
Vorrei tanto che riconoscessimo tutti l’elefante nella stanza. Il problema non è lo spicy, i lettori che vogliono solo scene hot e storie simili, non sono gli autori che hanno successo su wattpad. Forse il problema è che, troppi editori, hanno perso la voglia di scommettere su qualcosa di nuovo, di unico, di sconosciuto. Non smetto di sperare, chissà che un giorno qualcuno non guardi verso ciò che ho scritto. Nel frattempo continuiamo a leggere quello che ci piace, a creare nuove storie che vorremmo vedere in libreria. Chissà che un giorno non ci arrivino davvero. E per una volta gioco a fare l’imprenditrice autopubblicando un libro su cui ho lavorato per tanti anni. Un volume che spero arrivi a nuovi e vecchi lettori in questa veste tutta speciale.

Recensione Kilmeny del Frutteto di Lucy Maud Montgomery
Eric Marshall è pronto per prendere il suo posto nel mondo ma, per aiutare un amico, si trasferisce momentaneamente a Lindsay sostituendolo nell’insegnamento della scuola locale. È per caso, durante una passeggiata, che Eric incontra Kilmeny. Lei sta suonando il violino, ma quando Eric la avvicina, fugge spaventata.
Ignora infatti che la ragazza che ha visto, è la figlia di un tremendo peccato, segnata da esso anche nel corpo.
I libri di Lucy M. Montgomery sono sempre una rivelazione. Leggerla in questo libro è scoprire una nuova sfaccettatura di questa donna che, troppo spesso, viene relegata solo ai libri dedicati ad “Anna dai capelli rossi”. Certo il libro non è invecchiato bene. Si sente la struttura di inizio novecento e anche alcune tematiche segno dell’epoca. Il mutismo della protagonista omonima per esempio, viene ritenuto un elemento così invalidante, sia dai personaggi che dalla stessa Kilmeny, tanto da non meritare una vita come gli altri. Nel suo insieme però è una lettura godibile.
È un libro tradotto con molta cura, anche se vi confesso che al posto di molte note che segnalavano la forma originale del testo, avrei preferito un’introduzione che parlasse del registro scelto dall’autrice, permettendo di godere l’opera tradotta a tutto tondo. Di pregio è la scelta di inserire anche le stampe della pubblicazione originale, che avrei visto bene anche associandole alle scene nel testo, non relegate solo a fondo volume.
Lo si legge davvero in poche ore. E’ un piacere farlo, anche perché la Montgomery amava il Canada, e anche qui tira fuori la poesia dell’Isola del principe e la fonde con la storia romantica. Questo è un volume adatto a chi cerca la delicatezza dei romanzi di fine ottocento o inizio novecento. Una lettura perfetta per la primavera da poter assaporare all’aria aperta.

Lewis Carroll Society d’Italia
Era il 24 Novembre 2022 quando, la mia cara amica Yvonne (che non solo mi aveva dato il suo contatto ma anche caldeggiato la mia idea), leggeva la bozza della mail che avrei mandato a Mark Bursein per presentarmi e chiedergli se ci fossero i presupposti per creare in Italia una #LewisCarrollSociety. Scoprii che potevo farlo. E da allora ho lavorato perché, quello che era un sogno, divenisse realtà. Tenendolo nascosto a molti, ne ho parlato solo con pochissimi intimi perché temevo che nulla di ciò si concretizzasse.
La mia collezione
Cos’è una Lewis Carroll Society e perché ho aperto quella italiana (che potete seguire attraverso i social per ora su Facebook, Twitter e Instagram e il nostro fiammante sito internet)?
Molto prima del Covid, tra le mille cose che ho iniziato quando mi sono trasferita a vivere a Milano, c’è una collezione su Alice, i cui libri hanno segnato la mia adolescenza. Sono sempre stata affascinata dalla storia che si nasconde dietro al suo autore e alle milioni di interpretazioni che il mondo ha voluto dargli. Dal 2010 circa mi sono fatta portare dai viaggi degli amici un volume della località che visitavano e, in parallelo, ho sempre investito un piccolo budget per comprare libri e gadget. Quando i pezzi accumulati sono diventati tantissimi, ho iniziato a pensare che potevano essere un buon materiale e volevo condividerli con il mondo. Per questo ho creato Chimera in wonderland, da lì all’incontrare altri collezionisti è stato un attimo. Arrivare poi a conoscere le Societies si è rivelato automatico.
Cos’è una Lewis Carroll Society?
Cos’è una Lewis Carroll Society e perché ho aperto quella italiana (che potete seguire attraverso i social per ora su Facebook, Twitter e Instagram e il nostro fiammante sito internet)?Conosco tanti appassionati in Italia e, il fatto che nel 2022 ci siano state ben 3 edizioni diverse illustrate nel nostro bel paese, conferma che, là fuori, siamo in tanti a investire e a voler vedere i mille volti che gli artisti nostrani (ma anche quelli esteri) le hanno o le potrebbero dare. Allo stesso modo qui in Italia la cultura viene promossa per canali insoliti. Troppo spesso mi ritrovo a scoprire mostre ed eventi troppo tardi. Ci vuole qualcuno che unisca e racconti Alice in Italia, e allo stesso modo faccia vedere che cosa sta succedendo nel mondo. Questo è quello che voglio fare creando questa associazione culturale: unire appassionati, promuovere eventi (spero di poterne anche crearne alcuni), oltre a mettere a disposizione la mia collezione (se me lo chiedete ad ora, catalogati sono 500 libri, ma la conta è solo all’inizio ) a studiosi ed appassionati. Si tratta di un progetto importante, che ha appena iniziato ad esistere, il cui anno zero parte oggi. Ben arrivata Lewis Carroll Society d’Italy.
Compagni di viaggio …
Grazie ancora a Viviana Tenga (la mia matematica del cuore), Marco Parini (il mio avvocato del cuore!) e anche alla Lewis Carroll do Brasil e la sua presidente Adriana Peliano per lo splendido supporto e la sinergia. Grazie ovviamente alla Lewis Carroll of North America e allo stesso Mark che ha dato il calcio d’inizio a tutto questo. Infine grazie anche a chi, in tutti questi anni mi ha supportato donandomi i libri (a Natale e ai compleanno) come mia sorella , Luca Buzzi, il mio compagno e molti altri amici di cui di certo sto dimenticando il nome. Grazie a Red Kedi che, come me, colleziona forte e duro, ed è stata la prima vera collezionista Italiana che abbia conosciuto. Grazie a tutti, anche solo per aver finito di leggere tutto questo.
Vi invito a seguire sia i Chimera in Wonderland anche su Tik-Tok, che quelli della neonata society. Presto vi racconterò di più. Per ora tutto questo è solo un preludio di un qualcosa che pian piano avrete modo di scoprire.

Recensione di La maledizione di Arianna di Sara A. Benatti
Arianna è la figlia di Minosse. Non ha il potere di un uomo, può solo piegarsi alle scelte di un padre che disprezza e che tiranneggia in tutto il mediterraneo. Per questo, quando incontra Teseo, sente un briciolo di speranza. Vede la possibilità di salvarsi e dare un nuovo futuro a sua madre e le sue sorelle da quella città in cui, il Labirinto di Cnosso, è il cimitero per decine di tributi che arrivano a Creta per saziare la sete di potere del suo re.
Ci sono libri che servono. Sono quelle letture che inizi quasi per caso e che, come una medicina, curano l’anima. Questo è stato per me “La Maledizione di Arianna”, prima di entrare nei tecnicismi, in quella parte della recensione più fredda, che vi racconta pregi e difetti. Qui mi prendo qualche riga per raccontare che, forse, era il romanzo di cui avevo bisogno.
Arianna è un personaggio diverso da quello del mito. Questo è un retelling che si prende tutte le libertà che una donna dovrebbe avere in questo mondo così allo sbaraglio. Arianna è una protagonista che ha dialogato con me. Ho visto negli errori della sua vita, continuamente in bilico grazie alle scelte altrui, alcuni passaggi della mia vita; come lei ho scelto di trovare il tempo per spezzare le catene di persone e luoghi che hanno avuto abbastanza potere nella mia vita. Quindi grazie Arianna, grazie Sara.
Tornando invece al libro partiamo con il dire che non è un retelling fedele al mito: la storia ha diverse deviazioni da quella che ben conosciamo. Vi confesso che non sono scelte buttate lì per rendere la trama più corposa, semmai sono la ricerca di una versione differente: uno sguardo più legato ad Arianna che è sempre apparsa come una “sottona” che da gli strumenti ai Teseo, e poi viene abbandonata a Nasso come se non servisse più. Qui invece non troverete questa trama trita e ritrita.
Ad Arianna, si contrappone anche una storia parallela, quella di Dares, tributo ateniese che è stato scelto per entrare con altri nel labirinto e saziare la fame di sangue di Minosse. Anche qui il lettore entra in contatto con un altro aspetto del mito: i tributi mandati a Creta. Tutti si soffermano sul mito di Dedalo, su Teseo che uccide il Minotauro, ma nessuno ha dato voce a coloro che erano stati sacrificati in quel labirinto. Sta qui forse il genio di Sara, quello di non fermarsi nel dare una nuova visione di Arianna sul mito, semmai la voglia di raccontare le vite di coloro che erano sacrificati, la complessità di vite che nessuno ha mai voluto elevare a quelle di eroi. Erano solo numeri, degni di non essere ricordati se non per enfatizzare la cattiveria di Minosse. Inoltre si capisce il profondo studio su Creta che non è semplicemente l’ambientazione, si sente la sua presenza, con la sua cultura misteriosa, negli oggetti e nei vestiti che vengono descritti. Si va quindi alla fonte del mito e si racconta qualcosa di più complesso.
Al di là delle emozioni che questo volume ha suscitato, c’è da dire che Sara ha uno stile molto evocativo: bastano poche righe per sentire il sole sulla propria pelle, i profumi inebriare le narici e il buio del labirinto oscurare gli occhi del lettore. Senza dimenticare che la costruzione dei personaggi è fatta con sapienza, senza lasciare nulla al caso e, soprattutto, nell’evolversi non ci sono forzature. Teseo, Dares e Arianna non tradiscono il lettore con colpi di testa, semplicemente sono loro stessi.
L’ambientazione, che è molto curata, riesce a fondere il mito con i nuovi elementi narrativi inseriti dall’autrice. Il mix produce una piacevole combinazione che mi farebbe sognare di leggere anche un sequel dedicato a Dares, anche se non credo sia in programma (o necessario). Ma devo confessarvi che mi sono affezionata al personaggio e a quel mondo complicato che ha animato il Mediterraneo.
Consiglio questa lettura a chi cerca una protagonista spezzata e vuole vederla risorgere dalle sue ceneri. Consigliato a chi ama i retelling e cerca qualcosa scritto bene made in Italy (perché la roba buona, la sappiamo scrivere bene pure noi).

SalTo 2024, tanta gente, troppa gente!
Questo Salone del libro di Torino è stato forse uno dei più affollati che abbia mai visitato. Grande la presenza del…