Recensione Tim Burton e il catalogo delle Meraviglie di Maria Cristina Folino
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Recensione Tim Burton e il catalogo delle Meraviglie di Maria Cristina Folino

Il mondo della critica lo reputa una blanda trasposizione per famiglie, ma il lavoro svolto da Tim Burton ha diversi elementi che lo rendono molto più complesso di quanto si riesca a cogliere da una prima visione.

Attenzione questo libro è stato offerto da Maria Cristina Folino.

Vi confesso che non ho mai reputato il lungometraggio di Tim Burton un buon adattamento di Alice nel Paese delle Meraviglie. La mia non fu l’unica impressione negativa, infatti anche la critica lo bollo come un film piuttosto leggero in cui lo spirito dark del regista soccombeva alla potenza del marchio Disney (che poi è la stessa casa di produzione che gli permise di realizzare Nightmare Before Christmas, quindi tecnicamente non era proprio la loro prima collaborazione).

Se però ci si sofferma a leggere il saggio scritto da Maria Cristina Folino si riesce a intravedere la complessità strutturale che compone questo film. E vi confesso che ho dovuto riguardare il lungometraggio proprio perché molti dettagli erano sfuggiti alla mia memoria (che per quanto non lo amassi lo avevo visto diverse volte). Riproporre la storia di Alice è una grande prova d’autore per molti: dagli illustratori agli scrittori. Toccare la ragazza caduta nella tana del bianconiglio è sempre una sfida e il risultato non può piacere a tutti: i puristi la criticheranno per la mancanza di coerenza dall’originale, chi cerca qualcosa di nuovo la potrebbe trovare troppo classica.

Quindi che Alice ci propone Tim Burton? Quello che fa emergere l’autrice del saggio è una Alice complessa, non semplicemente quella cresciuta del cartone animato del 1951, semmai una Alice coerente con quella Carrolliana che si adatta ai nostri complessi tempi moderni. Una Alice schiacciata dalle aspettative degli altri e che deve trovare la sua “moltezza” e crescere. 

Ammetto che il 2023 è per me un anno fatto di saggi, ho messo in pausa la narrativa. Devo confessarvi che questo volume molto breve (io ne avrei letti altri due volumi su queste tematiche) è caldamente consigliato ai Carrolliani e Aliciofili (sì esistono anche in Italia) per approfondir e vedere con chiarezza i dettagli di un film che, forse, abbiamo preso troppo sottogamba.

Recensione Rosso Bianco e Sangue blu di Casey McQuiston

Recensione Rosso Bianco e Sangue blu di Casey McQuiston

Che cosa potrebbe succedere se, il figlio della prima presidente donna degli Stati Uniti, si innamorasse del principe dell’Inghilterra? Questo è il “WHAT…IF” su cui si regge la storia di questo volume, best seller internazionale, che continua a conquistare nuovi lettori italiani.

Prima di recensirlo, un paio di piccole premesse. La prima: non avevo in mente di scrivere la mia opinione sul blog, avevo bisogno di leggere qualcosa di spensierato e questo libro era perfetto. Dopo averlo terminato però, sento proprio il bisogno di dire qualcosa. Aggiungo che non è il primo libro LGBT+ che leggo, ma come vedrete, credo sia l’unico che non mi ha dato l’idea di essere finto. Non è l’ennesima storia che cavalca la moda dell’inclusività (una brutta abitudine che troppo spesso si trova in libreria). Infine per seconda ci tengo ad aggiungere che, la mia opinione, è stata molto condizionata dai ringraziamenti dove ho davvero capito la vera natura di questo romanzo.

Questo volume si rivela una lettura molto ironica e passionale, un libro che credo sarebbe bene consigliare nelle scuole, proprio come Heartstopper. Lo trovo davvero perfetto per raccontare il mondo LGBT+, questa volta in chiave più spensierata. Narrativamente non è un romanzo così perfetto: diciamo che non è una storia particolarmente innovativa (analizzando la trama nuda e cruda); eppure devo ammettere che è un libro così forte che ho capito solo alla parola fine quanto sia rivoluzionario. Di pagina in pagina continuavo a commentare quanto tutto fosse impossibile, fantascientifico. Una donna divorziata presidente della nazione in cui l’immagine di perfezione è tutto. “Dai non esiste”, o anche, “L’America non accetterà mai la bisessualità di un componente della famiglia presidenziale, insomma è il paese che ha votato Trump!”. Ecco la sua bellezza sta tutta in questa costante sorpresa, mista a miscredenza: si tratta di un mondo irreale. L’autrice stessa lo ribadisce: una realtà ironica e parallela. Confrontando le date della sua scrittura diventa sempre più chiaro che questo libro è, ed è stato, la risposta a un’America (ma anche a un mondo) che ancora non capisce. Sta diventando drammaticamente un quotidiano rendersi conto che non siamo capaci di accettare l’inclusività: là fuori ci sono persone che discutono del colore della pelle della Sirenetta, là fuori si vendono decine di giornali su pettegolezzi legati ai Royals, là fuori conta di più fare rumore in campagna elettorale che di dare sostanza al proprio programma.

LIbri come “Rosso, bianco e sangue blu” non credo dovrebbero essere recensiti per la componente romantica, quella spicy, o per il “trash”. Semmai dovremmo avere la forza di ammettere quanto ci disturba trovare irreale un mondo come questo, in cui fare coming out per un reale o per un personaggio pubblico, potrebbe significare la fine di una carriera. Un mondo dove conta (troppo) l’opinione pubblica, anche quella bigotta, ignorante, sessista e omofoba. Per fortuna ci sono libri come questo che ci ricordano che questa non dovrebbe essere la realtà giusta.

Salone 2022: In ritardo ma con la certezza di avere tanti libri ed essere povera
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Salone 2022: In ritardo ma con la certezza di avere tanti libri ed essere povera

Premessa: sono in super ritardo, lo so, vi giuro che avevo iniziato a scriverlo subito dopo il salone. Ma sono finita in un pantano di 3000 cose da fare e l’articolo è rimasto incompleto per settimane; anche se ormai stiamo tutti pensando a cosa portarci sotto l’ombrellone, io vi porto indietro nel tempo.

Che questo 2022 si stia rivelando un anno davvero borderline, mi pare che ormai non ci siano più dubbi. Tra i problemi di salute, che mi hanno fatto tirare il freno a mano in molte mie attività, e la promozione a una nuova posizione di responsabilità che ha stravolto (in meglio, ma sono finita nel sottosopra) la mia vita, questa edizione del Salone è stato qualcosa di diverso e unico. La prima grande rivoluzione è stata quella di andarci con alcuni colleghi, senza nascondere che sono una blogger (però non sanno che scrivo; un passo alla volta): la cosa più divertente è stato il viaggio durante il quale abbiamo parlato a pieno titolo di cosa faccio, leggo e di come funziona il mondo della promozione editoriale. Una volta arrivata ho cominciato con appuntamenti e giri acquisti (con conseguente povertà annessa). Ma prima di snocciolarvi i titoli e le scoperte editoriali, parliamo di ciò che mi ha fatto urlare: Finalmente. Quando ho ricevuto la newsletter ho accolto davvero con  gioia la distribuzione gratuita di acqua potabile! Si poteva infatti accedere alla fiera con la propria borraccia e riempirla all’occorrenza. Niente spese assurde per mini bottigliette d’acqua e soprattutto zero plastica sprecata. Spero la ripropongono anche alla prossima fiera e soprattutto, coloro che hanno comunque acquistato bottigliette, che vengano attrezzati anche loro per non fare sprechi. Lo so, sono diventata green, ma devo ammetterlo: mi piace l’idea di fare la mia parte per mantenere più pulito il pianeta.

Ora basta con le ciance, andiamo dritti al sodo: il primo acquisto (ormai è diventato un rito sia per il Salone che per Più libri più Liberi) è quello fatto in casa Watson Edizioni e, come sempre, non ha deluso. L’uscita che aspettavo è il nuovo pezzo per la mia collezione di libri a tematica Alice, anche se in realtà avevo la vecchia edizione uscita in self di Ritorno a Wonderland di Alessia Coppola. Dopo averlo recuperato la mia copia ho controllato la loro collana Ritratti … ho dovuto assolutamente recuperare l’ultimo arrivato dedicato a Emily Dickinson intitolato La dama bianca. Per farvi capire quanto amo questi libri, nemmeno ho controllato la sinossi. Amo la figura di questa poetessa, non potevo proprio resistergli, soprattutto sapendo la splendida idea avuta per questi libri: raccontare sotto una nuova chiave di lettura i personaggi storici.

Confesso che avevo una lista risicata, eppure come sempre non l’ho rispettata comprando molti altri libri che non erano previsti, ma la colpa è di Alter Ego Edizioni. Non è che abbia sforato completamente, però avevo tre titoli in lista, e ne ho comprati due di quelli, e altri due perché sì. Frequentando da troppo tempo Red Kedi, sono anni che mi fa una testa quadra su Anna Cambi, quindi dritta per dritta ho preso subito Rosso Fuoco. Sono rimasta un poco delusa dal fatto che non avessero XXL quindi ho dovuto consolarmi (per forza!) con un altro libro. La scelta è ricaduta su Diversamente Vivi di Fabio Tiso; con un titolo così dovevo comprarlo. Inoltre è una raccolta di racconti e sta diventando quasi una tradizione che a ogni Salone, mi rimanga tra le mani almeno una raccolta di racconti.

Consolata la mancanza del secondo libro di Anna, mi sono allora buttata sulla loro collana Gli Eletti che erano in sconto con 4 volumi a 10 euro. E nulla, potevamo non approfittarne: due io e due Red Kedi. Sono riuscita a trovare l’altro libro rimasto nella mia lista, Il rifugio di Grazia Deledda, a cui ho abbinato Miss Lonelyhearts di Nathanael West.

Come sapete amo investire nei piccoli autori, quindi ho comprato Insetti – Dei e demoni di Fulvio Giachino edito WBA Books. Si tratta di un volume che avevo già intravisto online e ho deciso di portarlo a casa approfittando anche della presenza dell’autore, che è stato così gentile da autografarmelo.

Prima di chiudere con l’immancabile capitolo “Libri di Alice in Wonderland” (perchè mica posso tornare da una fiera del libro senza una sana dose di mondo delle meraviglie) un passo indietro. Mi sono innamorata di un gioco. E’ la prima volta che a un evento come il Salone decido di spendere in qualcosa che non siano libri. Si tratta di Story Cubes, un set di dadi per creare storie al momento, anche astruse. Ho pensato fosse un gioco perfetto per stare con gli amici scrittori, soprattutto in quelle serate alcoliche. Ho investito su quelli dedicati al fantasy ma ho idee molto malate e sto pensando di mischiarli con altro.

Infine una menzione, voi tutti sapete che amo moltissimo scoprire nuove case editrici. In questa edizione del Salto è stata la Coppola Editore: i libri ricordano moltissimo il catalogo ABEditore, con uno stile grafico unico. Fanno un gran investimento in questo ambito ed è una cosa che adoro (e infatti ho chiesto subito se non avevano una Alice, ma per ora non è prevista). In quel momento non avevo budget, ma devo confessarvi che sto già mettendo nella mia wishlist diversi titoli.

Abbiamo tergiversato ma ecco qui le “quote Wonderland” del Salone: primi tra tutti il contributo di Lilletta, la donna che come me ha un grande problema, appena escono cose belle DOBBIAMO averle. Lei ha pensato a me quando è stata in Giappone (ben prima dello scoppio del Covid) e mi ha portato un’agenda e una Gashapon che sono state subito inserite nella mia collezione. Il secondo “contributo” arriva da Logos Edizioni, che ospitava Stefano Bessoni, di cui già avevo comprato Alice Sottoterra ma, mancandomi la nuova edizione White Rabbit Edition, non ho resistito e ho dovuto farmela autografare.

Tirando le somme non ho comprato moltissimo, è stata una fiera diversa, ma devo ammettere che avevo comunque bisogno di andarci: sì forse era passato poco tempo dalla precedente edizione, da un lato anche io sentivo che era troppo presto, eppure devo confessarvi che è stata una fiera che ho vissuto bene. Uscendo un poco dal mio guscio, e anche iniziando a condividere chi sono al di fuori del web. Insomma di nuovo povera e piena di libri, ma alla fine ci sta…

Recensione Tokyo a mezzanotte di Mia Another

Recensione Tokyo a mezzanotte di Mia Another

Hailey, appena arrivata in Giappone, vede il suo nuovo inizio già distrutto dalla dura realtà: tutto quello che suo fratello le aveva raccontato erano bugie. Quello che è peggio poi, è che non solo ha mentito a lei e alla famiglia, ma si è indebitato con uno strozzino. Per questo sarà costretta a fare la hostess in un locale di sera, e di giorno lavorare come stagista. I problemi veri però iniziano quando il suo capo, Naoki Saito, la scopre.

Vi confesso che sì, questo libro lo attendevo con molta ansia e, visto che la mia libreria locale ancora non aveva copie, ho approfittato degli sconti estivi di Newton Compton per comprare l’e-book a meno di un euro. La sua lettura è stata così scorrevole che, in meno di otto ore filate, avevo terminato la sua lettera. Che dire quindi di questo nuovo libro di Mia Another?

“Come petali di ciliegio” aveva qualche ingenuità (che si possono ben sposare con la finzione narrativa) sul Giappone, ma in questo volume mi spiace averne trovate molte (e non solo sul paese del Sol levante). Un peccato perché si vede quanto l’autrice ami Tokyo e la cultura pop a essa legata. A mio parere ha però gestito superficialmente alcuni dettagli, come per esempio far usare bacchette usa e getta in un ristorante di classe (è quello più banale che mi viene in mente), essendo ineccepibile in altri legati ai trasporti e alla descrizione dei luoghi. Ho sentito meno il Giappone, ma è inutile dire che si nota quante ricerche abbia fatto su luoghi e trasporti.

La copertina è (come troppo spesso succede) molto bella ma non centra nulla con la storia. Ed è un peccato perché, ok trasmette Giappone, ma non è quello che troverete tra le sue pagine. Ci sarebbe voluta una bella foto dei quartieri meno turistici di Tokyo di notte, ma Newton è nota per non investire coscienza nella scelta di copertine che si leghino ai testi.

La storia romantica è scritta perfettamente, tiene incollati i lettori alle pagine. Non c’è dubbio che Mia sappia come scrivere una storia fatta di passione e contrasti. Hailey è un personaggio con un carattere ben definito che fa da perfetto contrasto a Naoki, che è imprigionato nel suo essere il giapponese modello. Insieme sono la miscela ideale per divorare ogni pagina. Se cercate passione o una storia che, quando posato il libro non vedete l’ora di riprenderla in mano, questa è adatta a voi.

Tirando le somme non me la sento di dare l’eccellenza a questo libro, ma è innegabile che sia ben scritto e che sia godibile dall’inizio alla fine. Quindi come già detto, consigliato a chi cerca una storia romantica perfetta, ben scritta e con due personaggi che non vi abbandonano nemmeno a pagine chiuse. Il sapore orientale però io l’ho percepito meno rispetto al precedente libro.

Recensione La gemma di Ceylon di Amalia Frontali

Recensione La gemma di Ceylon di Amalia Frontali

Dido Monica Monkford sembra ormai condannata a rimanere zitella, se non fosse che la famiglia decide di predisporre un accordo di matrimonio a distanza, a Ceylon, nelle colonie orientali: qualcuno sembra volerla come sposa. Peccato che al suo arrivo, dopo tre settimane di navigazione, il suo promesso sia ormai morto. A lei rimangono solo sei mesi per trovarsi marito, o dovrà tornarsene in Inghilterra.

Tranne per un paio di volumi, ormai ho letto quasi tutto di Amalia Frontali. Avevo la copia digitale di questo, ma ho anche recuperato la splendida edizione cartacea che fa pendant con “La chioma di Berenice” perché, è inutile dirlo, amo moltissimo questa autrice, tanto da avere uno scaffale interamente dedicato a lei. Ora basta però con i convenevoli, parliamo di questa opera che è tra le sue prime produzioni.

Lo stile è ancora un poco acerbo ma ha la finezza della ricerca storica e la creazione di una trama che non vada in contrasto con l’epoca. La sapiente penna, che poi arriverà a lavorare su titoli meglio strutturati, c’è però già tutta. Dai piccoli dettagli e le note storiche, si sente che non è solo una romanzo in abiti d’epoca e con tazze raffinate. Insomma scordatevi gli anacronismi alla Bridgerton. Qui perfino i passi di danza descritti potrebbero essere verificati e confermare la sua correttezza temporale. Questo differenzia i libri di Amalia dai romanzi fantasy-storici: perfino i soprammobili sono accurati!

Bando alle ciance, veniamo al contenuto letterario. Come anticipavo è uno dei suoi libri più “giovani” e “precoci”, non lo si può negare. Nella parte centrale ho faticato un poco a trovare la spinta giusta per continuare la sua lettura. Il problema a mio dire è che, l’autrice semina molto bene alcuni elementi di trama, ma toglie al lettore i momenti di tensione che irrompono tutti insieme sul finale. Un peccato perché Ceylon (la moderna Sri Lanka) è sì una location molto romantica e selvaggia, ma a volte diventa troppo invadente, distogliendo l’attenzione del lettore dai dettagli che Amalia colloca sapientemente qua e là, pezzi che poi comporranno un complesso mosaico che apparirà nella sua interezza solo a fine libro.

Ideale per chi cerca un Regency vero e autentico al 100%, con una punta di esoticità insolita per il genere ma che, fidatevi, vi incanterà.

Recensione L’estate che ho dentro di Viviana Maccarini

Recensione L’estate che ho dentro di Viviana Maccarini

Nina è rimasta irrimediabilmente sfregiata in volto a causa di un incidente in motorino. La scuola è finita e, per evitare che qualcuno scopra quello che è successo, scappa a vivere da suo padre Gabriel.

Partiamo con il dire che questo volume non è brutto, però lo trovo molto discutibile. Sia chiaro, l’autrice sa scrivere, ma la storia per me presenta parecchi punti lasciati un po’ troppo al caso. Il primo è proprio l’incidente in motorino, dove la protagonista dovrebbe perdere il volto a causa dell’asfalto su cui è scivolata. Ora, anche nella migliore delle ipotesi trovo che sia una ferita poco credibile. Mi domando se non portasse il casco (per esempio) ma in ogni caso, non essendo dato spazio a come sia davvero successo il fatto, che tutto il suo volto sia segnato e non ci siano danni alle labbra e agli occhi mi sembra uno scenario assolutamente improbabile. Un peccato però perché mi ha lasciato piuttosto spiazzata, soprattutto dal fatto che in un primo momento pensavo che fosse solo una parte del volto di Nina a essere sfigurato, ma è chiaro invece che lo sia tutto. Poi, mani e braccia, non abbiano segni… forse si poteva costruire meglio questo primo elemento (che è la base di tutto il libro).

Voglio però abbonare questa ingenuità narrativa, e mi soffermo a complimentarmi dell’idea dietro la parte più giovane del testo: mi riferisco all’integrazione dei social e della body positive dietro al percorso di accettazione di Nina. Lo so, ultimamente alcune grandi case editrici stanno mungendo su questa realtà facendola anche inserire come parte integrante nei romanzi, a volte è una paraculata assurda per trasmettere “giovanitudine” in un testo, ma in questo devo ammettere che si sposa bene con il percorso di Nina.

Ho apprezzato un po’ meno la scelta di buttarci dentro in maniera semplicistica il mondo degli influencer. Si poteva anche in questo caso strutturare meglio la storia di Jasmine Elle, l’influencer che tanto ammira Nina, la cui comparsa non è abbastanza sviluppata.

Infine anche la conclusione non è delle migliori. Il rapporto con gli amici (vecchi e nuovi) viene risolto in maniera didascalica, quasi sembrasse un “deve andare a finire così, punto”, quando invece si poteva giocare meglio con i personaggi. Lo stesso Leonardo, che ha un ruolo inizialmente di antagonista, poteva mostrarsi meglio come persona che ha sbagliato, ma che nel suo piccolo ha anche grandi problemi, Invece no, si risolve tutto con grande fretta.

Non mi piace stroncare i libri, ed è un peccato che questo volume avesse tutte le carte in regola: una buona idea di base, una fantastica penna (perché la si divora di pagina in pagina), il tutto abbandonato a un po’ di disattenzione semplicistica. Peccato davvero. Doveva essere una bella storia d’estate e crescita, ma non riesco proprio ad accettare che si sia rivelata come l’ennesimo libro con le buone premesse, ma che non è riuscito ad emergere.

Recensione Kilmeny del Frutteto di Lucy Maud Montgomery

Recensione Kilmeny del Frutteto di Lucy Maud Montgomery

Eric Marshall è pronto per prendere il suo posto nel mondo ma, per aiutare un amico, si trasferisce momentaneamente a Lindsay sostituendolo nell’insegnamento della scuola locale. È per caso, durante una passeggiata, che Eric incontra Kilmeny. Lei sta suonando il violino, ma quando  Eric la avvicina, fugge spaventata.

Ignora infatti che la ragazza che ha visto, è la figlia di un tremendo peccato, segnata da esso anche nel corpo.

I libri di Lucy M. Montgomery sono sempre una rivelazione. Leggerla in questo libro è scoprire una nuova sfaccettatura di questa donna che, troppo spesso, viene relegata solo ai libri dedicati ad “Anna dai capelli rossi”. Certo il libro non è invecchiato bene. Si sente la struttura di inizio novecento e anche alcune tematiche segno dell’epoca. Il mutismo della protagonista omonima per esempio, viene ritenuto un elemento così invalidante, sia dai personaggi che dalla stessa Kilmeny, tanto da non meritare una vita come gli altri. Nel suo insieme però è una lettura godibile.

È un libro tradotto con molta cura, anche se vi confesso che al posto di molte note che segnalavano la forma originale del testo, avrei preferito un’introduzione che parlasse del registro scelto dall’autrice, permettendo di godere l’opera tradotta a tutto tondo. Di pregio è la scelta di inserire anche le stampe della pubblicazione originale, che avrei visto bene anche associandole alle scene nel testo, non relegate solo a fondo volume.

Lo si legge davvero in poche ore. E’ un piacere farlo, anche perché la Montgomery amava il Canada, e anche qui tira fuori la poesia dell’Isola del principe e la fonde con la storia romantica. Questo è un volume adatto a chi cerca la delicatezza dei romanzi di fine ottocento o inizio novecento. Una lettura perfetta per la primavera da poter assaporare all’aria aperta.

Recesione di Utopia (Serie tv)

Recesione di Utopia (Serie tv)

Già vi sento “La Chimera che recensisce una serie tv. Sul serio? Ecco che mi diventa commerciale e si mette a fare le maratone per raccontarci tutto quello che vede”. Stiamo calmi, questa è un’eccezione che conferma la regola. Qui si parla di libri, ma soprattutto di quello che in qualche modo mi lascia un segno e questa serie tv mi ha fatto riflettere. Credo quindi sia giusto, non solo consigliarla, ma farla scoprire a quanti di voi potrebbero apprezzarla come me. Non aspettatevi una serialità per questo genere di recensioni, perché vi confesso che è raro che una seria mi faccia gridare “Genio” in stile René Ferretti.

Partiamo con il dire che questa è una di quelle visioni da riempimento, in uno di quei momenti in cui, non sai cosa guardare, e ti parte la reminiscenza di quel collega che ti ha consigliato di vedere una serie tv di cui ricordi, ma di cui praticamente non hai mai sentito parlare dagli addetti del settore: Utopia. Un nome un programma. La trama non tradisce: in una casa abbandonata viene trovato un fumetto, Utopia appunto, seguito di un altro grande successo, Distopia. I ragazzi lo mettono all’asta a una convention del fumetto e finiscono molto male perché, oltre ai nerd, ci sono ragazzi che lo cercano perché tra le sue pagine sanno che troveranno la spiegazione di qualche nuovo virus, e magari delle cure. Ed effettivamente nel fumetto, Distopia prima e Utopia dopo, è nascosto qualcosa: piccoli indizi parlano dell’avvento delle grandi epidemie moderne. Utopia sembra essere l’inizio di qualcos’altro. Non vi svelo molto altro, ma vi basti sapere che fumetto e realtà si fonderanno, trasformando l’idea strampalata di un complotto come invece una realtà tremenda.

È una serie tv che viene proposta con un forte disclaimer che comunica, a chi la sta vendendo, che i fatti narrati non hanno alcun collegamento con il Covid. Per certi versi fa sorridere vedere come i risvolti legati alla nuova pandemia raccontata nella seria sia diametralmente opposta. La reazione alla scoperta dei vaccini, da noi accolta troppo spesso da timori e dubbi, nella serie viene osannato e reclamato da tutti. Anche per la diffusione del virus nel mondo reale si teorizza una produzione in laboratorio. Nella serie invece viene assodato che il modo in cui si sia diffuso è sconosciuto, ma la sua provenienza è peruviana.

Andiamo però avanti. Perché ne sto parlando? Allora per prima cosa lo faccio perché è un prodotto che trovo molto diverso da quello che sta andando solitamente in onda sulle varie piattaforme di streaming (Utopia è su Prime). Non ha una narrazione perfetta, a volte pecca di fretta, ma credo sia un prodotto interessante di cui ho sentito parlare per caso e di cui credo, se come me amate libri particolari, certamente potreste apprezzarla. Non segue il solito canovaccio e ha idee che non annoiano banalmente. C’è un pizzico di quella componente di imprevedibilità che da una speranza a questo mercato inflazionato da trame uniformate.

Mentre mi metto a lavorare a questo articolo, scopro per puro caso che Utopia altro non è che un remake della serie inglese omonima del 2013 (insomma innovativa ma su un canovaccio già sperimentato) che sono curiosa di recuperare per confrontarla con la nuova. La versione originale era ambientata a Londra, trasformandola in una possibile serie epica perché in Inghilterra, questo genere di storia, avrebbe parecchio da raccontare.

Insomma qualcosa di particolare, un pizzico di bianconiglio che non guasta mai, il mondo dei fumetti (che sono un media che amo tantissimo), e le tre domande che vi tormenteranno: dov’è Utopia? Dove si trova Jessica Hyde? Dov’è il bambino?