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Recensione Tim Burton e il catalogo delle Meraviglie di Maria Cristina Folino
Il mondo della critica lo reputa una blanda trasposizione per famiglie, ma il lavoro svolto da Tim Burton ha diversi elementi che lo rendono molto più complesso di quanto si riesca a cogliere da una prima visione.
Attenzione questo libro è stato offerto da Maria Cristina Folino.
Vi confesso che non ho mai reputato il lungometraggio di Tim Burton un buon adattamento di Alice nel Paese delle Meraviglie. La mia non fu l’unica impressione negativa, infatti anche la critica lo bollo come un film piuttosto leggero in cui lo spirito dark del regista soccombeva alla potenza del marchio Disney (che poi è la stessa casa di produzione che gli permise di realizzare Nightmare Before Christmas, quindi tecnicamente non era proprio la loro prima collaborazione).
Se però ci si sofferma a leggere il saggio scritto da Maria Cristina Folino si riesce a intravedere la complessità strutturale che compone questo film. E vi confesso che ho dovuto riguardare il lungometraggio proprio perché molti dettagli erano sfuggiti alla mia memoria (che per quanto non lo amassi lo avevo visto diverse volte). Riproporre la storia di Alice è una grande prova d’autore per molti: dagli illustratori agli scrittori. Toccare la ragazza caduta nella tana del bianconiglio è sempre una sfida e il risultato non può piacere a tutti: i puristi la criticheranno per la mancanza di coerenza dall’originale, chi cerca qualcosa di nuovo la potrebbe trovare troppo classica.
Quindi che Alice ci propone Tim Burton? Quello che fa emergere l’autrice del saggio è una Alice complessa, non semplicemente quella cresciuta del cartone animato del 1951, semmai una Alice coerente con quella Carrolliana che si adatta ai nostri complessi tempi moderni. Una Alice schiacciata dalle aspettative degli altri e che deve trovare la sua “moltezza” e crescere.
Ammetto che il 2023 è per me un anno fatto di saggi, ho messo in pausa la narrativa. Devo confessarvi che questo volume molto breve (io ne avrei letti altri due volumi su queste tematiche) è caldamente consigliato ai Carrolliani e Aliciofili (sì esistono anche in Italia) per approfondir e vedere con chiarezza i dettagli di un film che, forse, abbiamo preso troppo sottogamba.
Recensione Cambieremo prima dell’alba di Clara Sanchez
Sonia è una di noi. Non ha una vita da sogno, ha molti debiti, non ha un futuro d’oro che la attende. Ha solo una possibilità: vivere la vita di Karen in sua assenza, e farlo quando ci saranno le grasse mance della famiglia reale saudita. La sua vicinanza con la seconda moglie del re, Amina, la porterà in una spirale di avvenimenti in cui, una singola scelta, potrebbe distruggere la sua vita per sempre.
Attenzione, questo libro è stato offerto da Garzanti.
In casa ho molti libri di Clara Sanchez. Molti arrivano da regali, uno in particolare è arrivato dalla mia migliore amica. Sono lì, in libreria, aspettano però.di essere letti. Non saprei spiegare perché ho deciso di cominciare a scoprire questa autrice proprio da questo volume. Non so nemmeno se è stata una scelta giusta; l’unica cosa certa è che in tre giorni lo avevo finito. Il dolce amaro che mi ha lasciato è come una ferita fresca. Qui, mentre vi scrivo queste parole, cerco quelle giuste E’ stata una lettura inaspettata, che ha portato il sole dell’estate in questo grigio autunno.
Dai primissimi capitoli è palese che si trova davanti a un libro complesso. Più scorrevano le pagine, più in me cresceva l’ansia: dove mi voleva portare l’autrice? Vorrei darvi la risposta, ma in se il libro ne ha in.seno molteplici. Ognuno potrebbe infatti trovare la chiave di lettura che più lo rappresenta. Non è un solo libro, è un’esperienza che porta a riflettere: sulla cultura araba del niqab, sulla libertà, su quale vita sia davvero migliore della nostra e sul concetto “soldi”.
I soldi che, a inizio libro sembrano lo scopo di tutto, diventano poi così tanti e così inutili da perdere il loro valore intrinseco. Vedere come vengono spesi, quasi gettati al volgo, perché tutti siano contenti della super ricchezza del singolo, è quasi un pugno allo stomaco. Non so se avrei mantenuto la compostezza di Sonia, eppure accumulare denaro credo faccia davvero perdere senso al suo valore.
È un libro che parla di libertà, di donne libere solo quando sono in un recinto, di lutto. Non mi soffermerò sulle donne arabe, perché credo che la morte sia un aspetto che, per quanto rimanga in secondo piano, mi ha scosso. La sua ombra segna subito le prime pagine (Sonia ha perso il padre quando era piccola). Si tiene in disparte per molto tempo, per poi colpire quando e come più fa male: ripetutamente.
Dietro a tutto questo ci sono personaggi e ambientazioni. Sono due aspetti importantissimi, eppure sono sempre rimasti in secondo piano mentre leggevo. Scorrendo di nuovo le pagine, cercando le parole per far arrivare a voi i pensieri, che sono nati da questo libro, mi devo soffermare almeno un poco sulla maestria di questa autrice. Le sue descrizioni sono semplici e dirette. Le ci vuole davvero poco a tratteggiare una scena. Per i personaggi, invece, si prende tutto il tempo che le serve per farli muovere nella storia. Non mostra nessun colpo di scena che ha in mano di calare a ogni nuovo capitolo. Si gioca a una lunga e sofferta partita a scacchi con Clara Sanchez. Ogni contromossa del lettore, che già pensa di sapere come tutto evolverà, viene stoppata dall’ennesimo “scacco”. Non c’è modo di scoprire come andrà a finire, e nemmeno davanti allo scacco matto si percepirà il sottile percorso che l’ha causato. Di solito i libri riempiono i vuoti. Questo no, questo scava! Sono certa che porterà a galla molti pensieri ed emozioni dentro di voi.
Recensione Cheshire Crossing di Andy Weir e Sarah Andersen
Prendete Alice, sì, quella del paese delle meraviglie. Doroty, sì, la tipa con le scarpette rosse che ama saltellare sulle strade con i mattoni gialli. Infine Wendy, la “Mamma” di Peter pan e i bimbi sperduti. Fatto? Ora shakerate tutto con un pizzico di eccentricità e il risultato è Cheshire Crossing.
Attenzione, questo libro è stato offerto da Mondadori.
Partiamo dal presupposto che proprio un anno fa (dal giorno in cui sto scrivendo questo articolo), a Candem Town, un fumettaro mi stava proponendo una graphicnovel crossover tra queste tre protagoniste; era una versione molto più adulta di Cheshire Crossing e vi confesso che un poco mi pento di non averla comprata. In ogni caso mi fa molto sorridere trovarmi a scrivere questo articolo ora, dopo un anno, e parlare delle stesse tre ragazzine, in un’opera che ha del geniale.
Andiamo con ordine. Qualcuno di voi ha mai visto “Nel fantastico mondo di Oz” (conosciuto anche con il titolo “Ritorno a Oz”)? Trattasi del secondo film dedicato alla serie che Disney produsse negli anni ’90 e che partiva dallo stesso input di questo volume: se Doroty fosse esistita, dopo il suo viaggio nel mondo di Oz, come sarebbe stata trattata? Ovviamente da pazza, messa in manicomio! Ecco che Wendy, Alice, e appunto Doroty, si ritrovano insieme in una clinica che dovrebbe curarle dalla pazzia.
La premessa è fantastica, ma quello che c’è da sapere è che la clinica in cui sono finite, la Cheshire Crossing, non le crede pazze. Piuttosto vuole studiare i loro poteri.
Gli elementi intriganti sono legati alle tre protagoniste che hanno un carattere molto delineato (ho amato Alice perchè forte e menefreghista e già tifavo per lei a pagina 2) e alla fusione dei tre mondi (che entreranno in contatto tra loro, ma non vi dico come). Il tutto insieme avrà dei risvolti esilaranti. Si incastra tutto magistralmente, cosa che non pensavo potesse succedere (sono una purista di Alice e difficilmente la trovo adatta a vivere fuori dal suo mondo), eppure vedere le tre protagoniste scontrarsi con Uncino e la Strega dell’Est è apparso un evento molto naturale. Allo stesso modo Wendy e Doroty sono state una rivelazione: non le ho mai amate particolarmente, ma messe a contatto con gli altri mondi fantastici hanno saputo tenere la scena.
I disegni sono semplici, eppure hanno il loro perché. Ho storto il naso solo sull’epilogo, se lo leggerete ditemi se non avete avuto la stessa mia impressione. I colori accesi dei mondi fantastici, si contrappongono ai colori caldi e monocorde del mondo reale. Non so se avrei optato per un disegnatore diverso, devo ammettere che il tratto ben si adatta alla frizzantezza di alcuni momenti.
Una graphic novel fresca, rivolta a giovani lettori e di cui voglio vedere molto altro (e l’epilogo mi lascia ben sperare). Lo consiglio a chi piacciono le storie originali che hanno ispirato questo volume.
Recensione Sword & Sorcery – L’epopea di Fafhrd e del Gray Mouser di Fritz Leiber
Colui che definì lo Sword and Sorcery, fu anche l’autore di questa raccolta di racconti dedicata a due personaggi che hanno contribuito a fare la storia di questo genere. Fafhrd e il GrayMouser altro non sono che i personaggi di una serie di racconti epici, dove avventura, astuzia e belle donne sono le colonne portanti della narrazione.
Attenzione, questo libro è stato offerto da Mondadori.
Per voi ho letto Spade tra i Ghiacci, la penultima raccolta di racconti pubblicata ed è forse una delle meno apprezzate dal pubblico. Rispetto ai primi libri dove avventura e ironia la fanno da padrone, in questo volume non si riesce ad apprezzare pienamente le storie, quasi come se il filo conduttore dell’autore si perdesse all’interno dei racconti. Ci sono intatti delle narrazioni molto carine ma davvero brevi, e altre che occupano forse troppe pagine, risultando anche meno incisive. Nei primi infatti è il capriccio divino a dare forma alle difficoltà che troveranno sulle loro strade, mentre gli ultimi due, benché ci sia la presenza di Odino e Loki, sembrano fuori tema rispetto alle altre.
Un elemento che ha certamente fatto il suo tempo, è la sessualizzazione forse eccessiva dei personaggi femminili. Abbiamo una giovanissima fanciulla che fa arrapare i personaggi che, per quanto apprezzi l’ironia di una “esca” che li metterà nei guai, devo ammettere che leggere oggi questa scena risulta meno ironica e più scontata di quanto, forse, fosse percepita all’epoca.
Il finale della raccolta è piuttosto risolutivo e sembra quasi mandare “in pensione” i due personaggi, che trovano felicemente anche le donne da sposare. Questo è forse uno dei passaggi che fece storcere maggiormente il naso ai lettori dell’epoca (ma anche a quelli contemporanei), come se l’avventura fosse eterna e non si potesse accettare, per i loro beniamini, la decisione che forse fosse l’ora di sistemare le proprie cose e iniziare a godersi la vita.
Se si vuole leggere fantasy Fritz Leiber è certamente uno dei più grandi autori del novecento. Certo questi racconti possono sembrare datati o dare un sentore di già letto, ma sono stati tra i precursori di questo genere. I personaggi da lui creati hanno saputo fondere la figura dell’antieroe con l’ironia e la fantasia.
Blog tour: Le citazioni de L’ultima ricamatrice di Elena Pigozzi
Questo libro si è rivelato particolarmente poetico, per questo ho scelto per voi alcuni dei passaggi che mi hanno più emozionato e credo lo rappresentino al meglio.
È stata una lettura che ha avuto tante sottolineature, dalle prime pagine fino alle ultime: ci sono stati momenti lirici e paragrafi che ho riletto con piacere perché esprimevano con semplicità la potenza che questa autrice sa nascondere nelle parole.
“Mi piace la puntualità, che è rispetto del tempo dell’altro. Che è dire avevo voglia di stare con te, spero di non darti disturbo, è così breve il tempo che abbiamo per noi, che, se lo sciupiamo, è sprecare ciò che c’è di più prezioso.”
“Perché c’è un linguaggio muto, che si ascolta con gli occhi e con la pelle. Un linguaggio che grida ma che non trova frasi per farsi suono.”
“Siamo forti insieme, mi ripeteva. Ci ricuciamo le ferite, ci togliamo le offese, ci regaliamo la libertà di essere noi.”
Il bello di questo libro sta anche nel coraggio di vivere nonostante tutto. La storia di Eufrasia, e delle donne che l’anno preceduta, raggiunge in alcuni punti momenti strazianti e, a volte, il lettore necessita del balsamo per risollevarsi e continuare a resistere perché la vita va vissuta:
“«Ciascuno di noi fa l’esperienza della caduta» le confermo, perché la sua voce mi ha raccontato ciò che la sua lingua non dice. «Si cade a terra perché ci ricordiamo che è da lì che proveniamo. Ed è lì a cui siamo destinati.»”
“«Poco si ottiene senza fatica, Filomela. Nulla è facile, è legge di vita. Forse perché il gusto dell’essere creature sta in questo: nella conquista, nel sapore dello sforzo, nel colore del viaggio che ci ha portato a ottenere ciò che abbiamo chiesto, pregato, invocato.»”
“Ci vogliono carezze dove altri affondano la lama. Ci vogliono lacrime a lavare ogni grumo salato. Ci vogliono parole piane e lievi a togliere il rumore del cuore che sbatte nelle tempie.”
In molti momenti vita e cucito sono spesso sinonimo l’una dell’altro. E’ una similitudine che risulta tutta naturale fin dalla prima parola. In fondo la vita è sempre stata paragonata alla tessitura o alla filatura (come per esempio le parche). Tra i più belli ho scelto questi:
“A volte le giornate scorrono uguali alle altre finché qualcosa si inceppa e l’ordine si rovescia. E ciò che c’è stato prima si spezza e, come filo che non tiene il punto, la cucitura salta e bisogna cominciare daccapo.”
“Ha sempre ricamato, Clelia, e mi ha raccontato la sua vita. Dallo scorcio della sua finestra conosceva più mondo lei di chi lo avesse attraversato a piedi. E lo infilava, il mondo, con ago e refe, e telaio che tende il tessuto.”
La speranza è un altro punto molto enfatizzato, le protagoniste non sono donne deboli che lasciano il potere nelle mani degli altri o della sventura:
“«Il mondo è un luogo di spine. Un posto che frana, persino dove sembra battere il sole. Ma a noi non resta che trovare lo spazio, perché ci è dato un angolo che ci appartiene e che sarà nostro. E se il male ci travolgerà, chi rimane ha il compito di andare avanti, perché niente di chi non c’è più sparisca, ma per continuare da lì, dal punto in cui l’altro è arrivato. «E a forza di passi, arrivare alla fine e riuscire a trovare il coraggio di continuare comunque, anche se il male potrebbe tornare. Proseguire, perché il male può solo interromperti, farti deviare il percorso, ma non potrà mai fermarti. Perciò vai oltre per chi non è più al tuo fianco. Come tuo padre. Come Clelia. Avanti, avanti, perché la vita è più forte. La vita è più grande di ogni dolore. La vita è bellezza che supera il male.»”
Questi sono piccoli assaggi di un libro in cui potreste pensare di trovare solo una storia, invece è molto di più. Ne parleremo nella recensione lunedì 21. Nel frattempo se vi ho incuriosito vi ricordo che potete seguire le tappe dell’evento che hanno preceduto la mia che chiude appunto questo viaggio all’interno de “L’ultima ricamatrice” di Elena Pigozzi.
Recensione Il mondo di Milo di Richard Marazano e Cristophe Ferreira
Milo è molto spesso solo e, trovando un pesce nel lago vicino casa, ignora che sarà per lui l’inizio di un’avventura molto particolare oltre la sua sponda.
Attenzione questi albi sono stati forniti da Renoir Comics.
Che il fumetto francese vanti una delle maggiori tradizione a livello europeo non lo possiamo negare, eppure devo confessarvi di non averne letti molti. È l’ennesima delle mie carenze ma, ammettiamolo, non è così facile sapere tutto di tutti. Se però mi viene data la possibilità di colmare questi gap, non mi tiro indietro, e anzi con piacere vi pongo rimedio.
La serie di cui vi parlo oggi (ho letto i primi tre volumi, che equivalgono a 6 dell’edizione originale) ha dei toni molto particolari: è facile ricondurla ai mondi immaginati da Miyazaki. In alcuni punti vi confesso di aver sentito l’ispirazione a opere come Ponyo, mi è sembrato quasi un omaggio al lungometraggio. An altri si può scorgere anche “The boy and the beast”. Non saprei dirvi se sono i colori o l’ambientazione, ma l’impressione è che potrebbe aver in qualche modo influenzato la realizzazione dell’opera. Il disegno non è manga, ma potrebbe passare tranquillamente per un made in Japan: una via di mezzo tra Mohiro Kitō e appunto Hayao Miyazaki. Le tavole hanno colorazioni molto tenue, che spesso quasi contrastano con le onomatopee, particolari scene d’azione o le grida dei protagonisti che non sono ben amalgamate al disegno. Questo forse è un tratto che ci riporta più in europa, abbandonando la chiara componente nipponica, che però sembra urlare nelle tavole degli sketch contenuti alla fine di ogni volume.
La storia è un susseguirsi di avventura e magia, dove l’altra sponda del fiume si rivela un mondo che si ama da subito rimanendovi piacevolmente immersi, scoprendo le gioie e le difficoltà che coinvolgeranno a Milo. L’unica pecca è che siamo al terzo volume e certamente ne saranno previsti altri tre. Odio le serie in corso, perché vorrei leggere tutta la storia d’un fiato e doversi fermare, in attesa dei prossimi volumi, è un dispiacere.
Il mondo di Milo é consigliato a chi cerca una serie che sta tra il fumetto e la graphic novel. Una storia ideale per ragazzi, ma che fa sognare anche gli adulti. Ideale per chi ha bisogno di qualcosa di diverso e, per quanto vicino nello stile, molto lontano come provenienza dal Giappone.