Recensione Fumo negli occhi e altre avventure dal crematorio di Caitlin Doughty

Recensione Fumo negli occhi e altre avventure dal crematorio di Caitlin Doughty

Il rapporto che l’essere umano ha nei confronti della morte è solitamente dettato dalla paura: non sappiamo cosa ci attende dopo, come sarà e quando avverrà. Per questo affrontare la morte come una professione può far storcere il naso a chi vive ogni giorno relegandola a un evento che non lo toccherà mai, o comunque “not today”, come direbbe Arya Stark. Caitlin ha però un rapporto difficile con la morte ed è proprio passando le sue giornate con i cadaveri che imparerà a convivere con essa.

Attenzione questo libro è stato offerto da Carbonio Editore.

Vi svelo un piccolo segreto. Nel mio piccolo anche io lavoro con i morti. La mia professione a tempo pieno è quello di gestire le spedizioni di aziende italiane verso varie parti del mondo, ma tra questo che ne sono anche alcune davvero particolari: il rimpatrio di salme. Per quanto non possiate capirlo è la parte più bella e unica del mio lavoro. Il mio rapporto con la morte non è semplicemente lavorativo, lo confesso, è una questione morbosa che ha un’origine complicata e molto diversa da quella che porterà l’autrice di questo libro a lavorare in un crematorio. Eppure in lei mi riconosco.

La morte è un tabù. Eppure Caitlin, protagonista e autrice di quello che trovo sia una via di mezzo tra un saggio e un romanzo, racconta bene come, entrarci in contatto per lavoro, dia grandi possibilità per conoscere la natura umana, fornendo alcuni approfondimenti davvero ben studiati per raccontare l’evoluzione della morte nelle culture. Quando si lavora con la morte si conoscono più persone di quanto si potrebbe pensare. L’ultima strada di corpi ormai vuoti che sanno raccontare e far vivere nuovi momenti, non solo alla protagonista ma anche al lettore. Forse è per questo che chi non ne è mai entrato in contatto, se non attraverso il lutto, non può capire quanto si possa imparare da una salma.

Nasciamo con un’unica via diretta verso la morte. Che sia lontana o meno, quella è la direzione che tutti intraprendiamo. Eppure parlarne, prepararsi o anche solo celebrarla, è ancora molto difficile anche oggi che siamo nel 2021 e stiamo cercando di lasciarci alle spalle una pandemia che in qualche modo ha toccato le nostre vite e ci ha privato anche di alcune persone. Non so come spiegare quanto sia importante accettare l’inevitabile, e allo stesso modo imparare a sopravvivere alla paura dettata dal fatto che in qualsiasi momento si potrebbe morire. Di certo tra queste pagine potrete vedere con attenzione tutti quegli aspetti fumosi che si nascondono dietro il nostro preferire l’ignoranza, perché le risposte comunque non ci allontanano dalla realtà che moriremo comunque. Eppure arrivare preparati al nostro ultimo saluto al mondo potrebbe aiutare noi stessi, ma anche la nostra famiglia.

Un “must have” per tutti coloro che passeggiano nei cimiteri e ci vedono arte e mille storie intrappolate nella pietra dei monumenti, a chi la morte non spaventa e anche per chi ne è terrorizzato. Ideale per i curiosi, per coloro che hanno bisogno di leggere qualcosa di davvero unico e particolare.

2020 – L’anno di letture della Chimera (seconda parte)

2020 – L’anno di letture della Chimera (seconda parte)

Riprendiamo da dove mi ero interrotta. È ora di parlare del meglio della Distopia. È un genere che dopo Hunger Games è scaduto nello young adult, dimenticando le vette raggiunte dai capolavori che gli avevano dato un peso importante. Attenzione amo gli YA, ma troppo spesso diventa quasi una caricatura di se stesso. Sono felice di averlo riscoperto attraverso romanzi che hanno lasciato altrove questa bruttura, e il meglio è segnato da “La tuffatrice”, “Catena Alimentare” e “L’ascesa di Senlin”. Questo trittico ha caratteristiche diverse: i primi due futuristici, il terzo più fantasy, ma sono pronti a togliere il velo di felicità dietro cui, una società perfetta, nasconde il marciume della sua essenza. “L’ascesa di Senlin” non è propriamente distopico, ma la torre e la favola che viene raccontata su di essa sono un ottimo spaccato del mondo moderno, dove siamo capaci di vedere e vivere l’irrealtà senza capire che, in fondo, dietro a così tanta perfezione non c’è altro che una facciata.

Fantasy e Urban Fantasy… come sempre il primo amore non si scorda mai, ma questa volta ho fatto davvero fatica a creare un podio. Ad esclusione di uno che mi ha davvero sorpreso, gli altri due sono stati quasi unicamente intrattenimento con molti (forse troppi) difetti. Partiamo dalla coppia che si è “lasciata leggere” con piacere nonostante l’imperfezione, anzi, tra buchi di trama e cadute di stile si sono rivelati un bel groviera; mi riferisco a “Crescent City” e “La guerra dei papaveri”. Il primo davvero troppo prolisso, ma che mi ha tenuto compagnia con piacere. Il secondo, con grandi errori nella trama, che però si legge con piacere grazie alla scelta dell’ambientazione orientale, un elemento che si rivela importante e non di solo contorno.”Wicked Tapes”, il podio è di nuovo di Margherita Fray. Si rivela il romanzo (anche se breve) più bello del genere: è completo, frizzante, sconvolgente, romantico e ha una struttura alternativa. Consigliato perché è anche una prova d’autore sensazionale: dimostra la versatilità di chi scrive, la flessibilità a non rimanere ancorati all’etichetta di un genere, e il pregio di adattare se stesso alle storie che vuole raccontare.

Ora senza indugi andiamo al meglio del meglio. Di solito nomino tre migliori titoli, più una menzione speciale ma la realtà è che quest’anno ho letto dei libri che meritano di essere citati. Non posso ridurla a numeri così bassi, abbiamo tre menzioni speciali e ben cinque volumi sul podio.

Da citare a margine, perché hanno fatto in qualche modo la differenza di quest’anno, sono “Poirot – Tutti i racconti” che mi ha aperto gli occhi sulla figura di questo investigatore il cui accento francofono e i baffetti mi avevano sempre attirato, ma con cui pensavo non sarebbe potuto scoccare nulla e invece è stato amore. Il secondo che cito è “Cuori Arcani”, una storia davvero particolare che trasudava di profumo d’arancia e mi ha mostrato come l’amore per i luoghi può portare a creare storie poetiche. Non è un libro che ho promosso a pieni voti, anzi, ma voglio rileggerlo perché credo di averlo iniziato in un momento sbagliato. Sono sicura che quando lo rileggerò si mostrerà in tutto il suo splendore. Infine, ma non per questo da sottovalutare, “Paul Verlaine – il fiore del male”, una storia che mi ha mostrato come un editore possa tirare fuori dalla bravura dei suoi autori una collana editoriale che ha un potenziare incredibile.

Chi c’è sul podio però? Beh… facciamo che ve ne parlo in un articolo a parte.

2020 – L’anno di letture della Chimera (prima parte)

2020 – L’anno di letture della Chimera (prima parte)

Tirando le somme sono arrivata a leggere ben 63 volumi. Non è un cattivo risultato, ma vi confesso che potevo fare di più. C’è da dire che ci sono stati periodi di magra, come a inizio anno, dove mi ero presa i miei tempi per leggere, ma anche la situazione che stavo vivendo non mi permetteva di godere della lettura appieno. Anche tra fine ottobre e novembre, per colpa del Covid, ho preso la distanza da molti libri perché ero nauseata dalle storie, per un attimo ho iniziato a odiare tutti i libri che avevo in casa. Questa pandemia mi aveva fatto perdere il baricentro della mia vita, arrivando in un momento che volevo dedicare a me stessa, portandomi via la libertà di scrivere, perché per un mese, a parte l’isolamento, ho vissuto senza stimoli e forze.

Cominciamo dagli editori. Il meglio di questo 2020 secondo me arriva da due molto diversi e di cui ho letto poco, eppure quel tanto che basta a farmi capire che vanno consigliati a tutti. Il primo è Carbonio Editore con cui ho collaborato, ma di cui sto puntando altri due o tre titoli da comprare per leggerli nel 2021. Non è un catalogo frivolo il loro, i testi che ho letto mi hanno dato una chiara visione sulla profonda ricerca e cura dei loro testi, facendomi scoprire anche autrici che meriterebbero molto più spazio nelle librerie italiane, come Jill Dawson. Se cercate qualcosa di serio con cui aprire il 2021, guardate i loro libri, se comincerete con Carbonio sono sicura che l’anno partirà con la marcia giusta.

Il secondo editore è Tunué: non ho letto libri, mi sono soffermata sulle loro graphic novel e vi confesso che probabilmente tenterò anche la parte letteraria delle loro pubblicazioni. Mi sono dedicata unicamente ai lavori di Tony Sandoval, ma non me ne vogliate, amo troppo questo artista. Lo avrete capito dalle mie recensioni sulle sue opere. Il plauso è da condividere anche con l’editore che, non solo lo ha portato in Italia, ma ha anche saputo fornirgli il formato e i materiali più adatti per esaltare le sue opere.

Stranamente ho letto anche libri per ragazzi e giovani lettori. L’ho fatto principalmente perché era uscito “La signora Frisby e il segreto del Nimh”, che ha dato una nuova sfaccettatura a una delle storia più importanti legate alla mia infanzia e, sempre per rimanere in tema topolini, ho letto (e vi consiglio) “Factory”. La narrativa per piccoli mi è sempre apparsa come scialba e priva di spessore, eppure questi due libri mi hanno dimostrato che può essere anche profonda e concreta. Forse è il caso di dare una seconda possibilità a quel lato delle librerie che sembrano essere ben rifornite, ma che gli adulti non leggono.

Passiamo a parlare di generi. Guardando le mie letture spicca il romance. Grazie a questo genere ho ripreso a leggere durante il covid e lo devo a “Un’estate da ricordare”, un romance storico prequel di una serie che sto leggendo senza troppo impegno, recuperando ogni tanto i volumi che la compongono. Tra le eccellenze del genere però abbiamo anche “Condannati” di Jane Harvey Berrick, che finalmente è tradotta al meglio per i lettori italiani, e che emoziona con le sue storie uniche e che parlano di rivincita e rinascita. Altro titolo da citare “Come petali di Ciliegio”, un caso editoriale che da self è arrivato alla grande editoria dimostrando, ancora una volta, che se scrivi bene prima o poi un buon editore verrà a bussare alla tua porta. Infine il meglio di questo genere, “Pâtisserie Française – Macarons in cerca d’amore” di Margherita Fray. Si è rivelata la lettura migliore in questo genere: frizzante, ironico, spensierato, è stata la lettura che ho consigliato di più, tanto da farlo leggere anche alle mie colleghe in ufficio durante gli ultimi mesi di lockdown questa primavera. Se (sul serio?) non lo avete ancora letto, vi consiglio di recuperarlo; questa autrice ha la stoffa per scrivere e mi auguro di leggere molto altro nel 2021!

Altro genere di cui non avevo mai parlato sul blog sono le graphic novel e fumetti. Mi sembra giusto dare spazio anche al meglio di questa categoria. Il meglio è formato da un trittico molto vario eppure armonioso. Partiamo con “Heartstopper”. C’era bisogno di questa storia, servivano le sue vignette ironiche e eppure ricche di emozioni. “Watersnakes” è il secondo titolo, ci porta la delicatezza di un tratto unico con la spensieratezza di storie che sembrano rivolte a un giovane pubblico, ma con tematiche forti a volte splatter. Infine quello che per me è stato il meglio per questa categoria: “Cheshier Crossing”… ok forse sono un filino di parte perché c’è Alice, ma mi è piaciuta moltissimo e mi sento di consigliarla a chi ama i crossover, e se ve lo dice una che non ne leggerebbe, fidatevi significa che merita.

Mi sono dilungata abbastanza direi che teniamo per la seconda parte il Fantasy, la Distopia e soprattutto il meglio del meglio.

Recensione: Il talento del crimine di Jill Dawson

Recensione: Il talento del crimine di Jill Dawson

Il talento del crimine

Patricia Highsmith è stata una grande scrittrice di noir. Nella sua vita ha raccontato questo genere in ogni sua sfumatura attraverso romanzi e racconti, eppure è sempre rimasta chiusa nella sua privacy nascondendo al mondo la sua vita e le sue relazioni omosessuali. Una figura così complessa da dare ampi spunti per raccontarla, riempiendo i vuoti attraverso i suoi lavori: Jill Dawson, inserendo espedienti narrativi della scrittrice nella sua vita, crea una storia che potrebbe risultare molto veritiera, e se non si conoscono i romanzi di Patricia, difficilmente si pensa che siano frutto di fantasia.

Attenzione, questo libro è stato fornito da Carbonio Editore.

Questo romanzo è strutturato in pochi capitoli, lunghi e intensi. In più punti avrei voluto sottolineare il testo e vi confesso di aver trovato in queste pagine decine di citazioni che vorrei a esergo dei miei lavori, tanto sono belle e vere.

La narrazione si sofferma su tante tematiche, difficilmente le si può elencare tutte. Di certo i dialoghi con Ronnie, amico dell’autrice, raccontano il lavoro dello scrittore, dell’introspezione attraverso l’osservazione del mondo per poter poi riportare su carta le emozioni filtrandole attraverso le parole, o ancora come lavori una mente omicida, cosa provi nel passarla liscia, se si senta o meno perseguitato dalla sua colpa. Vi garantisco che spiegarli viene davvero difficile, perché questa autrice non si mette a snocciolare semplici frasi fatte, porta invece il lettore nella discussione, fa vivere emozioni e dubbi, e poi ci si trova a confermare o smentire le argomentazioni di Pat o Ronnie.

Questo libro è la dimostrazione che ci sono davvero delle opere che hanno qualcosa di diverso, di unico, di speciale. Questa in particolare non racconta una storia e basta: con il contagocce, ogni singola pagina dipinge affreschi complessi. La protagonista vive in soli piccoli dettagli insoliti, sottili come la bava di una lumaca, che disturbano come la cenere di una sigaretta su un piattino abbandonato su un comodino, come l’azione di bere del whisky nel bicchiere porta spazzolini. Finezze che raccontano confusione, ma anche la complessità, di una scrittrice vissuta tra l’incomprensione dei suoi affetti e della critica che generalizzava i suoi lavori controversi per l’epoca, in eterna fuga dalla fama e da chi voleva raccontare la sua vita.

Non conoscevo così bene questa autrice e sono rimasta davvero sorpresa della sua passione per le lumache, e la fissazione del portarle con se nella borsa a feste o interviste. Questo romanzo mi lascia un ricordo di lei sfumato alla visione complessa che ne ha tirato fuori Jill Dawson, come di una donna spezzata, invasa dalla continua ossessione di immaginare morti tragiche.

Questo romanzo è un ritratto irreale, eppure è difficile pensare che lo sia. Un vero noir in cui la suspense porta per mano il lettore in una storia che potrebbe essere solo una fantasia.

La tuffatrice di Julia von Lucadou

La tuffatrice di Julia von Lucadou

Riva è una tuffatrice, i suoi lanci dai grattaceli sono i più premiati e seguiti. Ha un compagno che la ama, una vita che sembra perfetta da ogni lato. Eppure, senza una ragione specifica decide di smettere con i tuffi, di fregarsene di tutto. Per questo a Hitomi Yoshida viene affidato il compito di riportarla sui suoi passi. Gli investitori e l’allenatore rivogliono Riva sul trampolino, pronta a gettarsi ancora e ancora, a sponsorizzare i prodotti.
Attenzione, questo libro è stato fornito da Carbonio Editore.
Ve lo confesso, sarà difficile parlarne e questo significa due cose: non è un libro che si può semplicemente raccontare, va letto per essere scoperto nella sua interezza, e inoltre riassumere certe situazioni mi sembra riduttivo dopo averle vissute pagina dopo pagina.
La lettura è stata quasi deviante, la sterilità di emozioni che traspare dalla sua lettura mi ricorda ormai quello che accade sui social. Tutti a dire la propria su un fatto, ma nessuno che combatte più delle vere battaglie per i propri pensieri. Basta un RIP in bacheca per sentirsi parte di un lutto, basta dire la propria opinione su quell’argomento e vi siete espressi prendendo una posizione su fatti che magari andrebbero approfonditi prima che giudicati. A questo si devono aggiungere i Casting Queens™ che hanno il sapore dei nostri talent show, dove si determina il destino dei partecipanti, dando la possibilità a tutti di arrivare a ottenere una fuga dalle periferie. Una costante ricerca del successo, dei numeri, del creare contenuti che vengano condivisi e commentati. Il bisogno di enfatizzare le proprie parole con frasi fatte inglesi che sembrano quasi l’evoluzione dei nostri hashtag. Vorrei tanto pensare che il mondo creato dall’autrice fosse lontano, invece il terrore è che lo vedo già in costruzione oggi.
Non è una distopia commerciale, la si può semmai ricollegare a grandi nomi del genere, con l’innovazione di una visione contemporanea. Il mondo del lavoro che schiaccia i lavoratori, il constante bisogno di dare migliori prestazioni, avere migliori crediti per potersi permettere una casa migliore una vita migliore.
L’aspetto psicologico di questa società che ha tablet costantemente in mano, che è sorvegliata in ogni suo ambito, è un altro elemento ansiogeno: Hitomi che non ha una sua propria convinzione, ma ha sempre cercato di dare il massimo e di dimostrarsi degna delle opportunità che otteneva, dovrebbe offrire supporto psicologico a Riva, o meglio, deve riportarla a essere di nuovo quella che gli altri vogliono che sia, e i suoi successi e insuccessi determinano quanto meriti avere dei crediti e quanto invece potrebbe perdere tutto. Perfino le proprie prestazioni fisiche, il rapporto tra sonno e veglia, sono tutti fattori che rendono una persona migliore o peggiore delle altre. C’è una costante ansia di essere nella media o di fare meglio degli altri.
Non credo che questo libro sia per tutti, ma credo che tutti dovrebbero leggerlo per capire quanto la caccia di like e follower potrebbe portarci a un mondo in cui contano solo i numeri e non quello che vogliamo essere.

Recensione: Un Inutile Delitto di Jill Dawson

Recensione: Un Inutile Delitto di Jill Dawson

Quando mi è stato chiesto di leggere questo romanzo non conoscevo i fatti reali che lo avevano ispirato. La storia contenuta in questo romanzo ha una forte componente reale, l’autrice stessa ha voluto dedicare questo volume a Sandra Rivett, la vittima di un omicidio che ancora oggi non trova giustizia.

Attenzione questo libro è stato offerto da Carbonio Editore.

Londra, 1974. Mandy è una ragazza che ha saggiato il gusto amaro della vita. È pronta a dare una vera svolta alla sua esistenza grazie alla sua amica Rosemary che l’ha raccomandata a una agenzia ed è pronta a iniziare il lavoro di bambinaia presso Lady Morven.

Potrebbe essere il tipico prologo per una storia da sogno, un nuovo inizio e invece racconta uno dei tanti, troppi, fatti di cronaca nera che troppo spesso vengono messi in secondo piano: un femminicidio tra i peggiori della storia inglese.

Mandy come abbiamo già detto ha una storia complicata, arriva persino ad affrontare un periodo di esaurimento facendosi ricoverare in un istituti di igiene mentale, dove appunto incontra Rosemary, voce secondaria di un libro che racconta la vita delle donne, in un periodo dove il femminismo è ancora agli albori.

Una Londra pop, che fonde l’aristocrazia ai colori acidi di un periodo storico che sarà la culla di grandi rivoluzioni. Questo romanzo racconta storie di donne, madri, ragazze, tra flashback e presente a mostrare come non si sia mai preparate alla violenza degli uomini, che non si manifesta solo attraverso l’aggressività ma anche con la meschinità di uomini che amano solo attraverso il sesso.

Un romanzo che da voce a una vittima e parla di una vita (anche se parzialmente inventata) interrotta per errore, per un banale scambio di persona che però non vedrà mai giustizia. L’autrice fa il suo meglio per far entrare in contatto il lettore con la sua storia e tramite Rosemary che, seppure così diversa da Mandy, parla alle donne attraverso tutto lo sgomento del non aver capito per tempo, tormentata anche dal senso di colpa di aver portato l’amica a Londra e sulla strada del suo assassino.

Una lettura che consiglio anche agli uomini per capire il complesso mondo femminile, e il dolore per quelle morti che troppo spesso vengono sminuite dai giornalisti.