Recensione La luce dell’amore di Mary Balogh

Recensione La luce dell’amore di Mary Balogh

Vincent Hunt, lord Darleigh, ha ormai accettato la sua condizione di non vedente. La sua famiglia invece preme perché trovi una moglie che si possa prendere cura di lui. Miss Sophia Fry è in condizioni di difficoltà, è sola al mondo e i suoi tutori la maltrattano. Vincent le offrirà un matrimonio di convenienza così che le loro vite siano sistemate e possano vivere senza le pressioni dei parenti. Ma presto anche i sentimenti avranno spazio in questo accordo.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

La tematica della cecità in epoca regency, o vittoria, mi ha sempre affascinato. Questo amore è scattato grazie a Roberta Ciuffi e il suo “Un segno nelle tenebre”. Dopo la sua lettura ho sempre cercato protagonisti (sia maschili che femminili) che avessero questa caratteristica: ci troviamo in epoche in cui la disabilità a volte veniva vista come vergogna o doveva essere nascosta oppure trattata con pietà. Ed è forse anche per questo che la serie “Survivors’ Club” da una visione di questo aspetto piuttosto completa. L’Inghilterra era uscita vincente dalla guerra napoleonica, ma questo non significava che non avesse avuto perdite o reduci che portavano non solo nell’anima i segni delle battaglie. Se ne trovano tanti di romanzi ambientati in quegli anni, ma è difficile che gli uomini, protagonisti di queste storie, siano andati in guerra o che ne portino in maniera invalidante i segni sulla loro pelle.

Vincent è forse l’esempio più classico di un reduce giovane e che si è visto strappare dalla guerra qualcosa che lo può rendere indipendente: la vista. Sebbene ormai sia comunque in grado di gestire la cecità, la famiglia vuole che trovi moglie, così che non resti solo. Anche quando è sposato la moglie, dovrà persino dimostrare che non è un’opportunista che si approfitta di lui. Anzi dovrà cercherà un modo per farlo sentire il più libero, adattando la casa in cui vivono e i terreni circostanti, perché possa goderli in piena indipendenza.

Ogni nuovo libro di questa autrice conferma il piacere di conoscere una vita spezzata dalla guerra e il modo in cui sopravvive al mondo che non riesce più a vedere in lui un uomo completo. Allo stesso tempo la passione e l’amore fanno sognare i lettori. Non vedo l’ora di leggere il prossimo volume.

Recensione Scandalo in primavera di Lisa Kleypas

Recensione Scandalo in primavera di Lisa Kleypas

Il padre di Daisy Bowman è stato chiaro. Se non trova marito entro qualche mese, la darà in sposa al suo socio in affari, che considera come un figlio: Matthew Swift. Il problema è che Daisy conosce benissimo Matthew e non ha intenzione di dover essere la moglie di un uomo così insulso e sciapo. Anche se sono anni che non lo vede di persona.

Attenzione questo libro è stato offerto da Leggereditore.

Della quadrilogia, ve lo dico subito, questo é il volume che mi ha convinto di meno. Partiamo dal fatto che nel precedente abbiamo visto Daisy concedere un bacio a un personaggio che non rivedremo in questo libro (peccato!). Questo dettaglio mi aveva fatto pensare a una storia molto più movimentata di quella che ho trovato tra queste pagine.

Oltre a essere sottotono rispetto agli altri volumi, anche l’evoluzione della storia è un po’ troppo forzata. Vi giuro che in alcuni punti l’unica soundtrack possibile è quella di Beautiful (cioè ok, ma anche meno però…). Il finale poi diventa un grande mappazzone di colpi di scena, belli, ma forse un po’ troppi.

Non è un libro che mi sento di bocciare, però dopo tre splendidi volumi, avevo un’aspettativa molto più alta e soprattutto pensavo che l’autrice seguisse uno schema ben definito per agganciare una storia ad un’altra. Invece qui lo rompe, e un poco ci sono rimasta male.

In conclusione è il volume più trash dei quattro (sul serio, tutti quei colpi di scena o i “tira e molla” hanno abbassato l’asticella del romanzo, da lettura romantica a trash storico). Nel suo piccolo ha il suo perché e chiude le allegre avventure di quattro zitelle che ora hanno trovato marito.

Recensione di Aki il Bakeneco e il risveglio della sacerdotessa di Stefania Siano e Paola Siano

Recensione di Aki il Bakeneco e il risveglio della sacerdotessa di Stefania Siano e Paola Siano

Dopo l’odio che Yoko gli ha sputato in faccia quando ha scoperto la sua vera natura, Aki non sa cosa fare. Si domanda se non sia ora di lasciare il mondo degli umani e abbandonare la forma che veste da tanti anni. Eppure sente che deve aiutare in qualche modo Yoko, che sta venendo ai patti con la scoperta di essere l’ultima discendente del monaco Miroku.

Attenzione questa copia è stata fornita da Stefania Siano.

Aspettavo questo libro dall’ottobre scorso. Per fortuna con il susseguirsi delle stagioni è tornato l’autunno, e con lui ha portato il terzo volume di questa serie di racconti a cui ormai manca solo un ultimo capitolo (a meno che Stefania non ci sorprenda con spettacolari magie). Devo confessarvi che questa serie va letta tutta d’un fiato e infatti, ora sono di nuovo in attesa del quarto volume, mi toccherò fare pressioni sulla data dell’uscita del prossimo libro. Ormai tutti i nodi sembrano essere venuti al pettine, manca solo un punto. Ed è chiaro lì ad aspettarci nel prossimo libro.

Le atmosfere, dopo poche pagine, passano a quelle romantiche che richiamano quelle dei primi volumi di Inu-Yasha.Si torna “indietro nel tempo” e ci scontra con l’ingenuità di un bakeneko, mixata alla rigidità dell’epoca (non voglio aggiungere altro perché farei spoiler). Anche in questa nuova avventura i protagonisti, ma soprattutto Koichi il kistune, prendono una forma ben definita. E’ chiaro che presto dovremo lasciarli a un finale a cui forse non siamo pronti, visto tutto l’affetto che abbiamo sviluppato per loro.

Lo stile di Stefania è evoluto e si nota quanto sia cresciuto rispetto al primo libro. Allo stesso modo i disegni di Paola che illustrano con maestria questo terzo volume che, uniti alla storia, portano a una nuova dimensione la lettura.

Un racconto che, come i precedenti, ci porta davanti all’autrice supplicanti, come Oliver Twist ripetendo la parola: “Ancora un po’ per favore”. Spero che il quarto volume arrivi presto, nel frattempo per noi appassionati non resta altro che consolarci rileggendo tutta la serie, in attesa che venga svelato finalmente il finale.

Recensione di Strappare lungo i bordi (Serie Animata)

Recensione di Strappare lungo i bordi (Serie Animata)

Parliamoci chiaro, non ha intenzione di farla diventare un’abitudine come già vi avevo detto nella recensione di “Utopia”. Sta di fatto che, o scrivo questa recensione, o riguardo per la terza volta “Strappare lungo i bordi”…

Partiamo dal fatto che non sono mai stata una grande fan di Zerocalcare, anzi la prima volta che ho sentito il suo nome ne stava parlando male un mio professore (di scrittura. non di scuola, non sono così giovane); per molti anni ho schivato questo peso massimo del fumetto italiano, un po’ per rispetto a un mentore letterato, e un po’ perché alla fine le sue storie mi sembravano fuori dai miei gusti. Tutto questo fino al 2020. La pandemia ha fatto emergere i suoi video che raccontavano alla perfezione la vita della quarantena, le ansie di chi viveva in quel limbo che aveva messo in pausa i nostri “cocci”. Per me diventarono anche la soundtrack dell’intero anno (tanto che “Ipocondria” e “The Funeral” sono nella mia playlist da allora).

Quindi con il 2021 do una possibilità a Zero e ai primi sconti Bao, mi fiondo su un titolo che mi ispira. Però quella scintilla non scocca, non c’è la stessa poesia che ho trovato nei suoi video e. alla fine, mi rendo conto che forse non c’è stato il colpo di fulmine, ma “Strappare lungo i bordi” lo voglio vedere e subito. Infatti in questi sei episodi, con durata tra i quindici e i venti minuti, ritrovo tutta la poesia che Zero riesce a dare a una narrazione di noi figli degli anni ’80 e primi ’90 che, a trent’anni, si domandano che fine faranno. Sospesi in un mondo che non sembra voler cambiare e ci lascia in un limbo di insoddisfazioni. Tutti ad attendere il nostro momento per entrare il campo e, se non si riesce ad essere l’asso della squadra, si tenta almeno di portare a casa la partita insieme a tutti gli altri. Invece come molti, forse troppi, sono qui a scrivere su un blog, a cercare ritagliarmi una figura che sia il più perfetta possibile. Ma alla fine non va. Zero inquadra bene il nostro paese, bisogna accettare che sia stato il primo ad avere un pubblico così ampio perché ci riconosciamo in questa eterna ansia di vivere, di essere la persona giusta che il mondo vuole per noi. Così la serie tv ci permette di rivederci in Zero, Secco, Sara o anche Alice, ma per quanto la leggerezza delle battute, delle estremizzazioni satiriche delle visioni del mondo che ci circonda, non è solo la morale finale che conta. No, Zerocalcare è riuscito a cristallizzare il disagio di una generazione che non è solo quella romana, un lato B di un disco che solitamente non siamo capaci di ascoltare, perché fa male, troppo per accettare che siamo tutti sulla stessa barca che non affonda, ma ci tiene in questo continuo stato di attesa, da cui fissiamo la riva quasi fosse un porto sicuro. E forse è solo un miraggio.

Questa serie non ha nemmeno tre giorni di vita e già la sto consigliando pure ai sassi, ne sto scrivendo qui sul blog. Non voglio dire che sia il capolavoro del secolo, credo però che serva, a noi tutti, ad afferrare un cavolo di remo e a iniziare a capire che riva o non riva, restare fermi non serve a nulla. Il vittimismo ormai, per noi figli di un boom economico, ci è esploso in faccia. 

Recensione Peccati d’inverno di Lisa Kleypas

Recensione Peccati d’inverno di Lisa Kleypas

Evie non ha speranze. La sua famiglia vuole che sposi suo cugino e  probabilmente, appena avrà ereditato i possedimenti del padre morente, la farà fuori. La sua unica speranza è che St. Vincent la voglia sposare. Lui cerca una moglie che abbia una buona dote, lei è disposta a cedergli la sua eredità se la lascerà vivere libera.

Attenzione questo libro è stato offerto da Leggereditore.

Lo confesso, amo le D. in D. “Donzelle in Difficoltà” (se non riconoscete la citazione, disonore su di voi e anche sulla vostra mucca, lo so è un altro film, ma questo genere di citazioni sono le basi!) quindi è chiaro che questo, senza ombra di dubbio, sarebbe stato il mio romanzo preferito. Già perché l’epilogo di “Accadde in autunno” parlava chiaro: Evie aveva bisogno di un marito per scappare dalle violenze dei suoi zii. E io non vedevo l’ora di saperne di più, per questo ho letteralmente divorato questo libro in poche ore. Il problema è che il personaggio di St. Vincent non è uscito pulito da quel libro: lo abbiamo visto rapire e minacciare di stupro Lilian. In questo volume si lava l’onta salvando Evie, però forse l’autrice aveva calcato troppo la mano su di lui nel precedente libro.

Di certo il bad boy dimostra tutto il suo cuore di panna nascosto, anche se non bisogna dimenticare quanto accaduto tra lui e Lilian (certo avrà modo di redimersi, ma insomma io non lo avrei mai perdonato anche se erano solo minacce) E’ ben costruita la sua evoluzione come personaggio, forse Evie ha un cambiamento più delicato.

Nell’insieme (anche avendo già letto il quarto libro) vi posso confermare che questo è stato il volume che più ho apprezzato della quadrilogia. Mi è piaciuta la passione che ha coinvolto i due protagonisti, mi è piaciuta la loro fuga, semmai avrei voluto vederli ancora in difficoltà con la famiglia di Evie e, magari, mi sarei goduta molti altri capitoli per vederli magari un giorno figliare.

Recensione La proposta di Mary Balogh

Recensione La proposta di Mary Balogh

Lady Gwendoline Muir è una vedova molto bella, ma il suo corpo è rimasto tanto ferito quanto è segnato il suo animo. Per questo zoppica leggermente. La menomazione però non la ferma, anzi, durante una lunga escursione finisce nella proprietà del vicino e incontrerà l’ex soldato Hugo Emes, lord Trcntham, con cui potrebbe nascere una splendida storia d’amore. Ma lei è davvero pronta ad amarlo?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Se io ho voluto iniziare davvero la lettura di questa serie lo devo al personaggio di Lady Gwendoline Muir, accennato nel volume prequel. Lo sapete benissimo che amo le protagoniste in cerca di eroe, e questa aveva tutto: la caduta da cavallo che le ha procurato quella caviglia su cui fa fatica a camminare, le ha portato via il marito e il figlio che portava in grembo. Una donna spezzata che incontra un uomo anche lui segnato, in questo caso dalla guerra, a cui vorrebbe concedersi ma non è sicura che per lei possa davvero esistere un nuovo inizio.

Andare nel profondo di entrambi i traumi che hanno segnato i due protagonisti è la chiave per appassionarsi alla storia, ma anche per cogliere la morale che ogni volume racconterà: si sopravvive a tutto, tranne la morte, quindi se si è vivi bisogna continuare a esserlo.

Lo stile di questa autrice permette al lettore di scorrere le pagine in un soffio (se non ricordo male lo lessi in meno di un giorno) e, la scelta di portare due personaggi a un nuovo inizio, ci da una chiara impronta su come questa serie sia votata a una rinascita di personaggi che hanno perso tutto, o credono di non avere un possibile futuro.

Importante è anche la scelta di imporre a Gwendoline il dovere di reagire, perché non si può solo aspettare che arrivi il proprio cavaliere dall’armatura splendente a salvarci.

Una storia di passione, sofferenze, che travolge e invita il lettore a entrare nel libro di pagina in pagina. Super consigliato per chi cerca un Historical Roamance fatto sì di passione, ma anche di tanti fazzoletti con cui asciugare le nostre lacrime

Recensione Accadde in autunno di Lisa Kleypas

Recensione Accadde in autunno di Lisa Kleypas

Lillian Bowman è una bella ereditiera americana con tutti i difetti tipici delle ragazze libere d’oltre oceano, un aspetto che fa inorridire Lord Westcliff che però inizia a trovare questo fiore selvatico davvero interessante…

Attenzione questo libro è stato offerto da Leggereditore.

Nuovo libro e nuova zitella che arriverà a stregare il Lord che lei stessa odia. Si è rivelata una di quelle letture tutto d’un fiato, che si divora con piacere. L’unico difetto è che l’autrice ha spinto un po’ troppo sul finale. rovinando un poco la figura di St Vincent (che nel terzo volume si redime, ma questa macchia proprio non l’ho ben digerita). Ma andiamo con ordine.

Il personaggio di Lilian è ben tratteggiato e, nella sua “volgarità” americana, crea il giusto contrasto con l’ambiente sofisticato del ton inglese. Il tema centrale è infatti quello di far uscire dal guscio di perfezione e controllo in cui vive Marcus. I matrimoni tra ereditiere americane e lord inglesi saranno sempre più comuni man mano che ci si avvicina al ‘900. Erano molto spesso mossi dalla convenienza, che viene ben accennata con l’entrata in scena di St Vincent: egli incarna il nobile che è in bancarotta, libertino, alla ricerca di una moglie che possa sanare le sue finanze. Abbiamo quindi lo spaccato della nobiltà dell’epoca, divisa tra coloro che hanno il sangue blu, ma i conti in rosso, e i primi lord che si muovono a investire e speculare nei nuovi settori che la rivoluzione industriale sta creando.

Un bellissimo romanzo che si rovina solo con il finale un poco forzato appunto su St. Vincent. Sarà infatti anche il protagonista de “Peccati d’inverno” (il terzo volume delle serie), poteva quindi essere sfruttato meglio. Il resto del romanzo però è davvero godibile e conferma il talento passionale di questa autrice.

Recensione Murder ballads di Micol Arianna Beltramini e Daniele Serra

Recensione Murder ballads di Micol Arianna Beltramini e Daniele Serra

Storie d’amore e di sangue, il bosco a legarle tutte. Storie di assassini, di vendette e soprattutto un romanticismo macabro che solo le Murder ballads possono incarnare.

Attenzione questo albo è stato offerto da Mondadori.

Favole e racconti di macabri omicidi che il tempo trasforma in canzoni o poesie, facendo perdere le tracce della tragica storia vera da cui han tratto ispirazione, ma portando avanti quella della cruda verità sul sangue versato. L’idea di riadattare queste storie “classiche” è certamente ben riuscita. Il tratto di Daniele Serra si adatta alle storie che va a raccontare. La narrazione invece a tratta è già premessa dalle note introduttive, a volte interessanti a volte troppo “spoiler” togliendo il pathos alla storia.

Un altro tratto che mi ha convinto poco è che alcune parti del fumetto si estraniano dai fatti della Ballad, mostrando altri casi famosi a essa legati: un’idea che a volte non serve, perché ruba tavole alla storia che poteva in qualche modo raccontarle in maniera diversa.

Di certo è un volume che consiglio agli amanti delle storie cupe, chi ama i “true crime”, ma anche chi non può resistere alle tavole dalle forti dominanti cromatiche, dove a volte è solo il colore a raccontare e non l’immagine. Dal punto di vista delle storie ammetto che mi aspettavo un po’ di più. Peccato, perché le basi per godere in pieno il volume (soprattutto graficamente) ci sono tutte. Il mio consiglio é di andare in libreria e aprire una pagina a caso di questo volume, se le immagini vi colpiscono allora è la lettura per voi.

Recensione Cemetery Boys di Aiden Thomas

Recensione Cemetery Boys di Aiden Thomas

Yadriel è un ragazzo trans che la famiglia non accetta completamente. Come se non bastasse ha evocato un fantasma e non riesce più a liberarsene.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ormai è sempre più chiaro che Oscar Vault sta investendo in storie di inclusività. Trovo sia la scelta giusta: abbiamo bisogno che i lettori trovino normali questi protagonisti. Mi piacerebbe che arrivassero a loro catalogo anche volumi scritti da autori italiani, perchè abbiamo di ottimi che hanno scritto bellissime storie, con protagonisti omosessuali o trans, di  genere urban fantasy

Trovo che la tematica di accettazione sia stata ben affrontata. La contrapposizione di Yadriel con il padre che non lo accetta, diciamo che ci si affeziona subito al protagonista anche quando sbaglia per dimostrare il proprio talento e la sua identità. Ci sono diverse occasioni che attraverso questa storia, come in una bellissima metafora, che spiegano come la mancanza di accettazione della propria natura (sia essa etero, trans o gay) possa ferire moltissimo le persone.

Allo stesso tempo però la trama si rivela un pochino scontata a un lettore navigato: non che sia banale, ma si coglono alcune avvisaglie che potevano far intuire come si sarebbe potuto concludere il libro. Il mondo però in cui è ambientata la storia inizialmente aveva un aspetto che mi ricordava moltissimo Coco, ma del resto si sente la forte componente messicana, compresa la Santa Muerte, anche se io me la figuro di più come la Calavera Catrina.

Una storia ideale per chi cerca qualcosa di diverso e particolare, ideale per giovani lettori. Io la sconsiglio a chi è un lettore navigato del genere, potrebbe non apprezzarlo.