Recensione L’impero del vampiro di Jay Kristoff

Recensione L’impero del vampiro di Jay Kristoff

Sul mondo sono calate le tenebre e il sole è solamente un ricordo. Da allora i vampiri hanno preso il potere fino a creare un impero.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Sarà una recensione lunga e ricca di riflessioni, quindi prendetevi il tempo di leggerla.

Più andavo avanti nella trama, più nella mia mente sentivo che diversi punti emanavano un vago sentore di già visto, già letto: il primo elemento è quello di trovarsi in Intervista col Vampiro all’inverso, dove il vampiro chiede a uno degli ultimi Santi d’argento di raccontare la sua vita, mentre ne prende nota e disegna i dettagli salienti della sua vita.

L’ambientazione è un medioevo che strizza l’occhio alla modernità di pistole, montacarichi, tecniche di tatuaggio e forgiatura fantastiche. Il dettaglio che rende il tutto ancora più inqueto è la mancanza del sole, coperto ormai da decenni da una notte senza stelle eterna. Ora, non voglio attaccare la sostenibilità di questo mondo che si adatta, in maniera troppo ordinata, alle nuove giornate oscure il cui unico problema è la comparsa di insolite creature fredde e succhia sangue. Scorrendo le pagine molti elementi mi hanno riportata a Trinity Blood; mi sono ritrovata a storcere vistosamente il naso. Non so se sono solo io a trovare questa similitudine in diversi passaggi, non so nemmeno se sia una ispirazione involontaria, però da un certo momento in poi, il protagonisti ha iniziato a vestire i panni di Abel Nightroad con capello moro. Come se non bastasse la scelta dell’abbigliamento mi ha riportato a the Witcher. Insomma nulla mi sembrava nuovo e avvincente, ma un semplice miscuglio di vari elementi cult.

Insomma è una brutta copia di qualcosa di già visto? Diciamo che per la maggiore è così, non in cattiveria, è vero che ormai del vampiro si è scritto di tutto e di più, però dall’uomo che viene celebrato come un grande maestro del genere fantasy contemporaneo, mi aspettavo molto di più.

Il fatto che il volume sia illustrato è una cosa di pregio e che vorrei accadesse più spesso nei libri, non perché le storie abbiano bisogno di immagini per raccontare la propria visione del mondo, ma più semplicemente perché lo arricchisce. E per quanto non dia pieni voti a questo libro, vi confesso che approvo la scelta (forse per alcuni pomposa) di averlo pubblicato illustrato. In parole povere lo comprerei solo per la grafica.

Ultimo appunto che devo fare è sullo stile dell’autore. Anche qui andiamo per gradi: la poetica di alcune frasi ha un filo di pressapochismo, sono arzigogolate, degne di finire scritte sui diari (si fa ancora, vero?) perché sono profonde e pregne del senso della vita, ma che se lette con un minimo di cognizione di causa hanno lo stesso effetto di quelle scritte nei baci perugina mentre sei single.

Altro elemento stilistico è la violenza. L’autore sa scrivere e sa manipolare il lettore attraverso le scene più forti, ma se si prende il testo senza essere coinvolti (come mi è successo quasi da subito) si vede benissimo che sono più scelte narrative “trasgry”, non perché la violenza serva a far empatizzare il lettore (ciò lo fanno, ma il problema è l’eccesso), ma per dire “vah, vah che violenza potente! Empatizza lettore, ma soprattutto rimani sconvolto, cioè cose così non le vedi altrove”. La realtà è che tutte queste scelte mi sembrano messe lì solo per fare scena, non per portare avanti la trama o dare un chiaro significato al lettore, sono fini a se stesse e se ci fosse stata meno violenza avrebbero trasmesso lo stesso significato.

Insomma tutto questo scalpore, questo hype, sfumano dietro a una storia che sa di piatto riscaldato, con una spruzzata di illustrazioni accattivanti servito con meri espedienti narrativi che funzionano solo su giovani lettori, che del genere vampiresco hanno letto poco o nulla.

Recensione Heartstopper (volume 4) di Alice Oseman

Recensione Heartstopper (volume 4) di Alice Oseman

Charlie vuole confessare il suo amore a Nick, Nick invece è tremendamente preoccupato per la salute mentale di Charlie. Come possono due ragazzi affrontare il lato più difficile della vita? Basterà l’amore che provano l’uno per l’altro a sistemare le cose?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Quanto fanno male questi volumi! Anche il quarto non è da meno, non si può fare altro che rendersi conto di quanto ogni singolo passo di Nick,Charlie e tutta la combriccola di amici racconti le nostre storie, vissute magari con sfumature diverse, ma che abbiamo provato sulla nostra pelle. Vedere che c’è una speranza per affrontare la propria adolescenza in maniera da non doverne pagare le conseguenze nel quotidiano da adulti  è una splendida morale. Come anche l’importante messaggio legato al supporto psicologico e al fatto che, curare disturbi alimentari e del comportamento, è sì possibile ma è anche un processo lungo fatto di  tanti momenti bui che porteranno a un nuovo giorno felice.

Forse il dettaglio più importante che ha dato quasi un sentore di italianità è stato vedere quando, ammesso il bisogno di aiuto medico, la possibilità di avere una visita fosse rimandata di parecchi mesi, perché non neghiamolo, ci sono servizi che non sono accessibili subito, e spesso questa mancanza di aiuto peggiora solo le cose.

Spero che nelle nostre scuole questa serie venga fatta leggere, che sia fatta conoscere ai genitori. Queste storie sono in grado di salvare vite e di migliorare quelle che rischiano di deragliare da un momento all’altro.

Inutile dire che aspetto il prossimo volume con ansia e spero che la serie continui per molto, molto tempo.

Recensione Il vero amore esiste di Julia Quinn

Recensione Il vero amore esiste di Julia Quinn

Gregory Bridgerton è l’ultimo scapolo di famiglia, non ha fretta, è sicuro che l’amore esista e da qualche parte ci sia la donna giusta per lui. Peccato che, galeotta fu quella nuca, Lady Hermione è già innamorata e, per quanto Lady Lucinda gli stia dando una mano per conquistarla, sembra chiaro che il loro amore non avrà un futuro.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

L’ultimo fratello della famiglia Bridgerton chiude con il botto questa serie di otto volumi. Il penultimo libro non mi aveva conquistato, invece qui Julia Quinn dimostra di avere di nuovo le capacità per intrigare il lettore e riuscire a tenerlo incollato alle sue pagine. Partiamo con il dire che questo libro, oltre a chiudere la serie, propone una storia molto diversa dalle precedenti: abbiamo un amore con corrisposto, un protagonista che non capisce davvero i suoi sentimenti e soprattutto abbiamo intrighi e ricatti. La tensione rimane altissima fino alle ultime pagine che sono una corsa contro il tempo. Inoltre abbiamo l’intrigante scelta dell’autrice di mettere in gioco due diverse possibili candidate al ruolo di possibile amata per il povero Gregory.

Insomma questo libro chiude con degli autentici fuochi d’artificio la serie e lascia orfane noi lettrici che ora dovremo trovare un’altra serie come questa per accompagnare la nostra estate. Analizzando, a fine dell’intera serie, i volumi, devo confessarvi che il mio preferito resta il volume su Francesca (Amare un libertino) per le tematiche legate alla maternità e al lutto, in seconda istanza abbiamo Anthony (Il visconte che mi amava) e quello più fuori dagli schemi di Eloise (A Sir Philip, con amore).

Julia Quinn si è rivelata una autentica maestra del genere Historical Romance e sono certa che la si potrà apprezzare anche nelle altre serie di romanzi da lei scritta. La speranza è che l’ondata Bridgerton porti in libreria questo genere che di solito è relegato all’edicola in edizioni molto economiche, ideali per essere letture da ombrellone, ma che a mio parere possono dignitosamente occupare lo spazio delle libreria di noi lettrici romantiche in un formato più ricercato.

Recensione Serie Re in Eterno (seconda parte) di T.H. White

Recensione Serie Re in Eterno (seconda parte) di T.H. White

Ci siamo lasciati alle spalle le prime vere avventure di Re Artù e si riparte leggendo la storia di Lancillotto, arrivando alla fine di questa serie con la caduta del regno di Camelot.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Si ritorna tra le pagine di White che, con il suo uso dell’anacronismo, rende molto dinamica la narrazione di un testo che a mio parere è invecchiato malissimo. Come già dicevo nell’analisi dei primi due volumi, si sentono gli anni che gravano sulle sue spalle . Lo si percepisce sempre di più che ci si allontana dalla trama de “La spada nella roccia”. I temi si fanno sempre più maturi, sfociando nella complessità del dialogo tra Merlino e Artù dell’ultimo libro.

La visione di White del ciclo arturiano non è votata a dargli semplicemente un nuovo e simpatico modo di essere narrata, bensì trasforma i toni in tragedia. Quasi volesse accompagnare i lettori verso nuove riflessioni, si fa sempre più serio e votato alla filosofia. Non mi aspettavo un declino tragico della storia perché, sebbene conosca abbastanza il ciclo arturiano, i primi due libri non lasciavano intuire che l’autore volesse dare così tanto spazio alle diverse metafore sociali che introduce in ogni volume.

Si sente moltissimo la sua età ma anche il contesto storico in cui è stato scritto, tra la fine degli anni ’30 e metà degli anni ’40, un periodo che per gli Inglesi, come per l’autore, fu tutt’altro che una passeggiata. In particolare l’ultimo libro (che anche nelle versioni inglesi non è sempre pubblicato con i primi quattro) riesco a sentire la forte critica contro il genere umano che in quegli anni stava distruggendo il mondo per degli ideali di superiorità.

Arrivare alla fine di questi cinque libri non credo sia un’impresa per tutti: non è una di quelle letture da ombrellone, nemmeno una di quelle didattiche, ma credo non possa essere semplicemente letto come “versione moderna del mito di Re Artù”; la nuova dimensione data da White chiede davvero tutta l’attenzione del lettore per capire e apprezzare la complessità di una storia che cerca di educare. White, incarnando un moderno Merlino, ci ha dato un volume che vuole insegnarci qualcosa, ma questa lezione non sarà una versione canterina o divertente. Lo fa chiedendoci uno sforzo, e al giorno d’oggi non so in quanti siano disposti a fare questo passo.

Recensione Serie Re in Eterno (prima parte) di T.H. White

Recensione Serie Re in Eterno (prima parte) di T.H. White

Cosa succede quando un ragazzo senza natali incontra un mago stravagante che ha la testa proiettata nel futuro? E se questo ragazzo altro non fosse che il predestinato a diventare Re Artù?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ok lo confesso ho voluto leggere questo libro a causa degli X-Men. Non so quanti sappiano che oltre ad apparire nel secondo film, questo sia un testo molto citato nei fumetti. Nonostante io mal sopporti il ciclo arturiano (storia lunghissima, non è colpa mia e nemmeno di Artù, è che abbiamo una relazione complicata) ho voluto mettermi alla prova.

Parto con il dire che per metà del primo libro si è rivelata una lettura piuttosto interessante e scorrevole, poi credo mi sia impantanata nelle avventure che Wart affronta e durante le quali impara le prime morali del suo precettore magico.

Si sente come questo testo abbia ispirato la Disney, ma devo confessare che il Merlino del libro mi ha ricordato di più il Radagast cinematografico. Questo è stato stranissimo (perché quello del libro me lo ero figurato molto diversamente); ho sentito la mancanza degli anacronismi che a volte c’erano, in altri momenti scomparivano. Per esempio quando scappa in vacanza (e lo fa anche nel libro) la scena non è così ben espressa come quella disneyana. La cosa curiosa è che il personaggio di Kay non è un ragazzone stupido, ma anzi è un suo coetaneo che si dimostra un personaggio piuttosto interessante.

Molte colleghe leggendolo hanno sostenuto che lo stile fosse un poco vecchiotto. Del resto si tratta di una saga scritta alla fine degli anni ’30, e la copia staffetta che ci hanno inviato non rende giustizia (essendo piena di sviste e maiuscole mancanti), ma nel suo insieme è ben scritto e le pagine a volte scorrono bene. Il problema è che i tempi narrativi sono un poco estremizzati, non bastano uno o due espedienti per tramettere a Wart gli insegnamenti. Merlino invece fa vivere diverse avventure proprio per permettere al protagonista di comprendere la complessità della giustizia.

Nel secondo libro invece la situazione evolve e anche i toni sono meno giocosi e spensierati. Rispetto al primo si sente una crescita non solo nel personaggio ma anche nel target di lettori: si passa da una lettura per giovani a qualcosa di più profondo (cosa che accadrà anche nei successivi libri) e ci si rende conto che ogni elemento superficiale nel precedente, inizia a dare una forma concreta ai fatti del seguente.

Un ottimo inizio per una serie che ha segnato il fantasy contemporaneo, pescando a piene mani dall’epica.

Recensione Tutto in un Bacio di Julia Quinn

Recensione Tutto in un Bacio di Julia Quinn

Hyacinth è l’ultima sorella di casa Bridgerton a non essere ancora sposata. Forse il suo problema è il carattere molto spigoloso e schietto che allontana tutti i possibili pretendenti. Certo di proposte ne ha avute, ma nessuna a lei degna. Sarà forse lo scapestrato Gareth St. Clair a essere l’unico a tenerle testa?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Rispetto ai precedenti volumi della serie, insieme a quello dedicato a Benedict (La proposta di un gentiluomo), questa storia è quella che mi convince meno, . C’è molta più passione rispetto ai precedenti libri, cosa che apprezzerei se in alcuni punti Julia Quinn non avesse calcato la mano su quelle, lasciando un poco da parte gli altri aspetti della trama. Un esempio (un po’ spoiler quindi non leggete questo commento e passate al prossimo paragrafo) è la richiesta della mano di Hyacinth da parte di Gareth, rivolta però direttamente a Anthony che la accetta festeggiando subito senza davvero conoscere il futuro genero. Ha già rifiutato altre proposte di matrimonio, ma questa volta non si mette minimamente in discussione se lo faccia o meno per la dote (visto che Gareth ha problemi economici). Mi è sembrato un minimo forzata, piuttosto avrei approfittato della festa dei Bridgerton per introdurlo in famiglia e vedere che venisse accettato dal capofamiglia, piuttosto che dare per scontato che la sua proposta fosse sincera.

Sono troppo pignola? Forse, ma rispetto agli altri ho visto che il focus della storia si sposta troppo sui gioielli e lascia in panchina il resto del mondo intorno ai protagonisti. Sia chiaro bellissima la stoia alle spalle di Gareth, ma per una volta non ho visto la completezza del mondo regency alle spalle dei Bridgerton essere parte della trama.

Siamo ormai agli sgoccioli per questa serie. Manca infatti un ultimo volume e ormai siamo vicinissimi al e vissero tutti felici, contenti e sposati. Un poco mi spiace perché mi ero affezionata a questa numerosa famiglia, infatti mi chiedo che ne sarà di me dopo, quali altri libri potranno accompagnarmi come questi?

La speranza è che Mondadori non abbia timore di cavalcare questa onda positiva di historical romance e porti in formato libreria molti altri classici che ha già nel catalogo edicola.

Recensione di La repubblica del drago di R. F. Kuang

Recensione di La repubblica del drago di R. F. Kuang

Rin ha vinto la terza guerra dai papaveri, ma ora è allo sbando, drogata per tenere in qualche modo controllati i sensi di colpa e i suoi poteri. Nulla però le può dare davvero pace. Come se non bastasse è una pedina nelle mani di un nuovo potente, che vuole di nuovo la guerra.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Partiamo con il dire che questo libro lo boccio completamente. I tempi narrativi sono sbagliati. Rin diventa un pupazzetto e subisce la trama invece che esserne protagonista. Come se non bastasse il tutto rimane piatto.

Il principale problema è che forse segue troppo la storia cinese e lascia pochissimo spazio alla corrente fantasy, la parte più interessante del primo libro. Rispetto al primo volume in cui le situazioni erano minate dai buchi di trama, qui invece l’azione è smorzata da forze maggiori. Ci dovrebbe essere tensione, contrasti, magari anche una crescita dei personaggi. Invece Rin non impara nulla e gli altri personaggi sono relegati mero contorno, inseriti nella narrazione giusto per dare alle vicende un po’ di colore, ma senza troppa convinzione.

Credo che molti dei problemi di questo libro siano appunto da attribuire alla scelta strategica dello scrittore di dare spazio alla rielaborazione della storia cinese, lasciando però in secondo piano quanto costruito nel primo volume. Proprio per questo non riesco a pensare che sia davvero il seguito meritato per quanto letto nella Guerra dei papaveri. Mi sono anche interrogata più volte se valesse la pena andare avanti e, sinceramente, non so se voglio davvero finire questa trilogia. Sapete che sono una che piuttosto si annoia e legge le saghe complete per poterle recensire, ma ultimamente credo che alcuni libri non meritino proprio il mio tempo. A volte è meglio fermarsi al salvabile. Quindi non credo leggerò il terzo libro di questa trilogia. Un peccato perché le basi per una buona serie c’erano tutte.

Recensione Nessun Dove di Neil Gaiman

Recensione Nessun Dove di Neil Gaiman

Richard vive a Londra da qualche anno, la sua quotidianità è scandita dal lavoro e dalla sua relazione con la fidanzata. L’incontro con una misteriosa ragazza lo catapulterà in una Londra nascosta che gli uomini non possono scorgere.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Questo fu il mio primissimo Gaiman, prima che litigammo con American Gods, un libro in cui lo amai moltissimo. Forse per questo non l’ho mai perdonato per quella storia che era bellissima, ma imparagonabile a questa. Inutile dire che rileggerla in questo formato illustrato è un piacere che non mi sono voluta togliere. Purtroppo non posso che riconfermare la sua lentezza nel portare avanti la storia. Capiamoci, il libro è bellissimo, ma scontrarsi con alcune scelte narrative di questo scrittore può essere uno scoglio abbastanza arduo da affrontare. Nessun dove è un libro diesel con uno di quei motori vecchi, ha bisogno di tempo per scaldarsi e ingranare alla grande. È un peccato perché potrebbe scoraggiare i lettori che invece tra le sue pagine potrebbero trovare qualcosa di davvero unico e speciale.

Passiamo a parlare dell’ambientazione: chi mi conosce sa che soffro da anni del mal di Londra e fu anche la prima motivazione che mi portò a leggerlo anni fa. Se amate anche voi la City, e volete visitarla, Nessun Dove vi porterà sul Tamigi e non solo, la Londra di sotto è un luogo intrigante con delle regole tutte sue, un Paese delle Meraviglie urbano.

I personaggi non sono a mio parere accattivanti, non capisco se sia dovuto alla scelta della terza persona o se proprio l’autore non abbia dato abbastanza. Richard rientra in un cliché che sin dall’inizio avevo capito dove volesse andar a parare. La vera chicca sono mister Croup e mister Vandemar, gli assassini che tutti vorremmo assoldare o, all’antitesi, da cui vorremmo essere uccisi.

A rendere perfetta questa edizione si aggiungono le illustrazioni che, non sono convenzionale decoro di alcune pagine, ma entrano nel testo dandogli ancora più forza, man mano che si legge la storia.

Immancabile per gli appassionati del vecchio maestro di questo genere, da scoprire se amate Londra, un must have per gli appassionati di Urban Fantasy.

Blog Tout Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Blog Tout Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde

Oscar Wilde ha fatto di tutto. Ha scritto romanzi, poesie e aforismi. Era un drammaturgo, ma anche un saggista e di recente, leggendo la biografia di una scrittrice vittoriana, ho scoperto che era pure giornalista. Diciamo che se un bambino sognasse da grande di essere un “Oscar Wilde”, dovrebbe davvero rimboccarsi le maniche.

Attenzione questo romanzo è stato offerto da Mondadori.

Ho scelto di parlavi di due poemi teatrali perché credo siano una espressione molto diversa dal solito “Ritratto di Dorian Gray. La prima volta che ho visto a teatro Salomè non immaginavo che fosse un’opera così “vecchia”, la trovavo molto attuale (certo era ambientata in un futuro stile post apocalittico) eppure, anche leggendola, ho ritrovato la forza e la sfrontatezza che rendono questa opera senza tempo. È strano dirlo soprattutto pensando che stiamo parlando di una rivisitazione di un episodio biblico. Eppure Oscar Wilde è in grado di rendere moderno e spietato qualcosa che abbiamo forse sentito leggere alla domenica a messa, probabilmente con il pensiero distratto in altro. Invece qui troviamo tutto per restare incollati alla storia, e vi garantisco che merita di essere vista sul palco (sperando che riaprano presto i teatri).

Il mio rapporto con “L’importanza di essere onesto” (anche se io lo chiamo con il titolo con cui lo lessi anni fa, cioè “L’importanza di chiamarsi Ernest”) è molto più profondo: galeotta fu la trasposizione di Oliver Parker che mi portò a scoprire Oscar Wilde ben prima di doverlo studiare. Arrivai a leggere l’opera teatrale perché ero follemente innamorata del Bumbureggiare di Algernon. Fidatevi, recuperate quel film. E’ invecchiato benissimo e vi renderete conto che la cinicità di Lady Bracknell diventerà il vostro spirito guida.

Ho scelto due opere così diverse perché la complessità di questo autore non può semplicemente essere riassunta con l’opera che tutti conoscono. A mio parere come drammaturgo Oscar era in grado di essere poliedrico e passare da personaggi leggeri, quasi macchiette della società, a quelli senza tempo che nessuno avrebbe mai pensato di raccontare in maniera così sfrontata perché, dai, Salomè fa la lasciva con il patrigno per riuscir ad avere un bacio. Chi avrebbe mai potuto scrivere una scena del genere?

Oscar Wilde è stato un grande e ci insegna anche l’importanza che oltre a un semplice scrittore si può nascondere molto altro. Non bisogna mai fermarsi a un solo libro, perché spesso è nelle piccole cose che normalmente non si trovano sui libri di testo che si riesce a cogliere davvero l’essenza di un genio.

Recensione A Sir Phillip con amore di Julia Quinn

Recensione A Sir Phillip con amore di Julia Quinn

È iniziata con delle condoglianze la fitta corrispondenza tra Eloise e Sir Phillip. Ma quello che ha stravolto completamente i piani della famiglia Bridgerton è stata la fuga, in piena notte, della sorella che ormai si temeva zitella, Eloise, diretta proprio a rispondere di persona a una proposta di matrimonio ricevuta per posta.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

 Questo libro esplora una Eloise molto diversa da quella che abbiamo intravisto nei precedenti volumi, e che ormai reputavamo destinata a restare nubile per il resto dei suoi giorni. E’ infatti completamente diverso da tutti gli altri volumi della famiglia che, grazie alla splendida serie tv, sta portando il romance storico sulla bocca di molti lettori e non solo. 

Ciò che mi ha coinvolto di più è la struttura fuori canone del romanzo. Non è il tipico innamoramento, inoltre c’è quel pizzico di scandalo che in un romance storico non fa mai male. Inusualmente partiamo conoscendo per prima cosa Sir Phillip, un uomo molto freddo a causa anche del primo matrimonio tutt’altro che felice. C’è poi la componente divertente: i figli di Phillip. Due gemelli pestiferi che faranno vedere i sorci verdi alla cara Eloise, che sarà pronta a rispondere alle loro marachelle grazie all’esperienza coltivata negli anni con i suoi fratelli.

Infine una graziosa nota di colore: ogni capitolo è introdotto da piccole note della stessa Eloise, scritte in diversi momenti della sua vita e che danno già una direzione al lettore un po’ come facevano gli articoli di Lady Whistledown (di cui si sente molto la mancanza).

Davvero una piacevole lettura che, vi confesso, mi fa sperare che la seria stia diventando sempre più bella di libro in libro e, per la prima volta, nessuno spoiler nel secondo epilogo. Direi che se continua così mi dovrò procurare anche i cartacei, perché è proprio una serie che merita di essere nella mia libreria e, se amate il genere, anche nella vostra.