Il turno di notte con Lucarelli
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Il turno di notte con Lucarelli

Ho partecipato a Turno di notte, quasi costretta da Stefano Tevini. Era tanto tempo che non scrivevo nulla. Eppure l’anno scorso, quando ho deciso di fare più di 200 km per raggiungere Dozza in provincia di Imola, ho voluto interrompere un periodo nero fatto di silenzi riservati a tutti: dalla pagina scritta ai social, ho preferito evitare contatti e dialoghi. Lo so che può sembrare un capriccio, ma davvero certi traumi non vanno via. Ho un libro edito (Il giorno dopo il lieto fine) eppure, vi giuro, che non mi sono ripresa dalla botta e dalle pressioni psicologiche subite nel 2018/2019.

Quindi ho partecipato a questa sfida, mi sono recata in un luogo fuori dal mondo dove scrivere verrebbe facile pure ai sassi, e qualcosa è successo. Ero completamente fuori allenamento, poco convinta e l’unica cosa che mi spingeva a scrivere era la parola “Meraviglia”. Credo molto alle coincidenze (che non esistono, quindi qualcosa vorrà dire se certe cose succedono) e, in un periodo in cui pensavo alle Meraviglie di Lewis Carroll a tempo pieno, trovarmi un incipit da sviluppare che le raccontasse, sembrava mi parlasse.

Come molte cose però le coincidenze sono semplici collegamenti mentali. Quindi quando Stefano mi ha chiamato dicendomi “Oh Zia, sei in finale a turno di notte”, la mia risposta è stata: “Non è che hanno sbagliato Alice?”

E così, altri chilometri, altra strada per trovarsi in una sala comunale e presentare la tua persona e la tua esperienza, a qualche metro da Carlo Lucarelli: il padre del moderno poliziesco / thriller italiano. Ce ne vedevo tante di coincidenze in quella premiazione, ma nulla, sono “solo” arrivata in finale. Nessun podio. C’è stata tanta amarezza, ma poi presentata a Lucarelli, lui mi tende la mano e si complimenta “Non è da tutti arrivare in finale al primo Turno di Notte”. Non lo prendo come un premio di consolazione. No, perché realizzo quanto questo evento organizzato da Officine Wort non sia un gioco e ci fossero un sacco di veterani che partecipano dalla prima edizione: lo stesso Stefano, che era con me, non è arrivato in finale. E il suo racconto era veramente ben scritto.

Insomma sono qui con una mezza sconfitta a realizzare che posso ancora scrivere. Non è finita. C’è un viaggio in salita che sto percorrendo da fine 2021. Ho tante storie che voglio poter raccontare. La pagina bianca è ancora un problema. Certi demoni non si combattono in un solo turno di notte, ma diciamo che la battaglia è iniziata. Sono pronta alla prossima edizione. E poi, chissà che questi mostri non si dissolvano pian piano davanti ai miei occhi.

C’era una volta una scrittrice bresciana…

C’era una volta una scrittrice bresciana…

Quando Stefano Tevini mi chiese di lavorare a un racconto per una antologia che parlava di Brescia, fui contentissima. Amo la città in cui sono cresciuta, così come la sua bellissima leonessa. Capoluogo di una provincia che ha tutto (se avete dubbi su queste mie ultime parole date un occhio al video di Vincenzo Regis!).

Galvanizzata al massimo, non vedevo l’ora di iniziare. Dovevo scrivere qualcosa di importante. Quando parli di casa non puoi certo sminuirla, lei ti ha dato tanto, è ora di ricambiare. A pochi giorni dalla scadenza ancora mi rigiravo la pagina bianca tra le mani sapendo che, qualsiasi mia storia, non avrebbe reso giustizia a Brescia. A quel piccolo grande mondo che è tutto per me. Reputavo che non fossi neanche degna di pensarla una storia su Brescia.

In quel periodo stavo parlando molto con Margherita Fray dei miei scritti e in particolare dei racconti (che per ora sono in un cassetto a cui vorrei trovare casa); a grandi linee le sue parole furono che ci vedeva la mia firma, ognuno di loro aveva il mio nome nello stile e nella trama. E’ stato allora che, dopo tanto buio, ho capito: dovevo smetterla di pensare a scrivere quello che sarebbe piaciuto agli altri o agli editori. La storia doveva essere nelle mie corde, sarebbe stato l’unico modo per ringraziare Brescia.

Il processo creativo (a cui di solito dedico interi mesi, se non anni) fu riservato a un paio di notti tra wikipedia e i siti dedicati ai santi martiri, e non, pre-anno mille, il tutto condito da musica rock sparata a manetta nelle cuffiette. E via verso la parola fine per un racconto scritto in poco più che due giorni, editato in uno, e inviato a Stefano in super ritardo.

Ora, questa antologia ne ha passate un po’ prima di arrivare finalmente alle stampe. Eppure, benché sapessi che al 99% il mio racconto avrebbe aperto la raccolta, quando finalmente ho avuto tra le mani il libro è stato incredibile. Ci sono, sto raccontando Brescia, nel mio modo e sono lì, tra le prime pagine.

E torna di nuovo, quel pruriginoso piacere di scrivere. Non sono ancora pronta, ma di certo ora sono convinta che voglio tornare a scrivere.

I racconti sono stati il mio esordio, forse per quello riesco in ogni caso a tirare fuori qualcosa che merita le pagine che imbratta. Nella speranza che riesca a portare a termine anche i libro che devo consegnare (no comment), vi invito a cercare e leggere “I racconti della Leonessa” edito da Calibano editore e curata da quel pazzo di Stefano Tevini che continua a credere in me.