2020 – L’anno di letture della Chimera (seconda parte)

2020 – L’anno di letture della Chimera (seconda parte)

Riprendiamo da dove mi ero interrotta. È ora di parlare del meglio della Distopia. È un genere che dopo Hunger Games è scaduto nello young adult, dimenticando le vette raggiunte dai capolavori che gli avevano dato un peso importante. Attenzione amo gli YA, ma troppo spesso diventa quasi una caricatura di se stesso. Sono felice di averlo riscoperto attraverso romanzi che hanno lasciato altrove questa bruttura, e il meglio è segnato da “La tuffatrice”, “Catena Alimentare” e “L’ascesa di Senlin”. Questo trittico ha caratteristiche diverse: i primi due futuristici, il terzo più fantasy, ma sono pronti a togliere il velo di felicità dietro cui, una società perfetta, nasconde il marciume della sua essenza. “L’ascesa di Senlin” non è propriamente distopico, ma la torre e la favola che viene raccontata su di essa sono un ottimo spaccato del mondo moderno, dove siamo capaci di vedere e vivere l’irrealtà senza capire che, in fondo, dietro a così tanta perfezione non c’è altro che una facciata.

Fantasy e Urban Fantasy… come sempre il primo amore non si scorda mai, ma questa volta ho fatto davvero fatica a creare un podio. Ad esclusione di uno che mi ha davvero sorpreso, gli altri due sono stati quasi unicamente intrattenimento con molti (forse troppi) difetti. Partiamo dalla coppia che si è “lasciata leggere” con piacere nonostante l’imperfezione, anzi, tra buchi di trama e cadute di stile si sono rivelati un bel groviera; mi riferisco a “Crescent City” e “La guerra dei papaveri”. Il primo davvero troppo prolisso, ma che mi ha tenuto compagnia con piacere. Il secondo, con grandi errori nella trama, che però si legge con piacere grazie alla scelta dell’ambientazione orientale, un elemento che si rivela importante e non di solo contorno.”Wicked Tapes”, il podio è di nuovo di Margherita Fray. Si rivela il romanzo (anche se breve) più bello del genere: è completo, frizzante, sconvolgente, romantico e ha una struttura alternativa. Consigliato perché è anche una prova d’autore sensazionale: dimostra la versatilità di chi scrive, la flessibilità a non rimanere ancorati all’etichetta di un genere, e il pregio di adattare se stesso alle storie che vuole raccontare.

Ora senza indugi andiamo al meglio del meglio. Di solito nomino tre migliori titoli, più una menzione speciale ma la realtà è che quest’anno ho letto dei libri che meritano di essere citati. Non posso ridurla a numeri così bassi, abbiamo tre menzioni speciali e ben cinque volumi sul podio.

Da citare a margine, perché hanno fatto in qualche modo la differenza di quest’anno, sono “Poirot – Tutti i racconti” che mi ha aperto gli occhi sulla figura di questo investigatore il cui accento francofono e i baffetti mi avevano sempre attirato, ma con cui pensavo non sarebbe potuto scoccare nulla e invece è stato amore. Il secondo che cito è “Cuori Arcani”, una storia davvero particolare che trasudava di profumo d’arancia e mi ha mostrato come l’amore per i luoghi può portare a creare storie poetiche. Non è un libro che ho promosso a pieni voti, anzi, ma voglio rileggerlo perché credo di averlo iniziato in un momento sbagliato. Sono sicura che quando lo rileggerò si mostrerà in tutto il suo splendore. Infine, ma non per questo da sottovalutare, “Paul Verlaine – il fiore del male”, una storia che mi ha mostrato come un editore possa tirare fuori dalla bravura dei suoi autori una collana editoriale che ha un potenziare incredibile.

Chi c’è sul podio però? Beh… facciamo che ve ne parlo in un articolo a parte.

Recensione Paul Verlaine – Il fiore del Male di Angelo Berti

Recensione Paul Verlaine – Il fiore del Male di Angelo Berti

Paul Verlaine è stato un poeta francese, uno tra i più noti del movimento dei “poeti maledetti”, ma se fosse stato davvero maledetto? Se in lui albergasse un qualcosa di malvagio che non riuscirà mai a sfogare nelle parole della poesia, ma solo nel sangue delle sue vittime? Cosa sarebbe Paul Verlaine in questa versione deviata della sua vita?

Attenzione, questo libro è stato offerto da Angelo Berti.

Prima di parlare del libro in sé, devo fare un plauso a questo editore che ha avuto un’idea fresca e curiosa: creare una collana che parli di alcune figure storiche di spicco, non nella loro realtà storica, ma sublimandoli a qualcosa di più intenso, aggiungendo componenti fantastiche o dell’orrore. Dentro di me mi sono domandata se un giorno vedrò in questa linea editoriale Frida Kahlo, Rasputin, Ludovico II di Baviera, o anche personaggi meno “mainstream” che sono certa assumerebbero una forma nuova e curiosa.

Si parla quindi di Paul Verlaine, poeta che in questo volume diventa demone furioso, mosso dalla confusione per la presenza morbosa dei tre fratelli mai nati, e da una madre che si aspetta di vederlo diventare quello che lui ancora non sa e non capisce.

L’unico errore che ho fatto nel leggere questo volume è informarmi su Verlaine prima della lettura. Ecco se abbracciate questi volumi (soprattutto se non conoscete bene i protagonisti) date retta a me, non leggete le loro biografie, scopritele (o ri-scopritele) in versione “Ritratti” perché nulla viene lasciato al caso, e la loro interpretazione in questa storia dove demoni, sangue e feti demoniaci altro non è che una possibile realtà parallela molto verosimile.

Confrontandomi con un’amica ho capito che io le opere di Angelo Berti me le gusto come si fa con un buon Cognac: pian piano. Per questo le poche pagine di questo volume sono durate settimane: ho lasciato che espandessero tutta la loro essenza man mano che le leggevo. Eppure per quanto ne leggessi poche al giorno non è mai stato pesante, anzi, centellinarle ha reso la lettura più avvincente, perché questo è un volume che si legge in pochissime ore, ed è un peccato visto il sapiente lavoro. Il lettore vive la maledizione che affligge Paul e lo fa attraverso l’intensità delle emozioni e la sublime fusione tra la realtà storica e quella deviata della narrazione.

Come ho già detto, se non conoscete i Ritratti proposti dall’editore, scoprite queste figure attraverso un alternativo lato B che nessuno vi avrebbe mai mostrato. A chi invece è ben noto il nome di Verlaine vi suggerisco di leggere e trovare i punti fantasiosi della storia perché quelli che avrei dato per irreali sono invece dati di fatto nella vita di questo poeta.

Inoltre la nota dell’autore a fine libro racconta davvero il dolore, per autori come Verlaine, e per noi scrittori contemporanei troppo facilmente considerati semplici prodotti di consumo che autori di arte.

Una lettura da non perdere e una collana editoriale da raccogliere perché sono certa non vi deluderà.