Recensione Serie Re in Eterno (seconda parte) di T.H. White

Recensione Serie Re in Eterno (seconda parte) di T.H. White

Ci siamo lasciati alle spalle le prime vere avventure di Re Artù e si riparte leggendo la storia di Lancillotto, arrivando alla fine di questa serie con la caduta del regno di Camelot.

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Si ritorna tra le pagine di White che, con il suo uso dell’anacronismo, rende molto dinamica la narrazione di un testo che a mio parere è invecchiato malissimo. Come già dicevo nell’analisi dei primi due volumi, si sentono gli anni che gravano sulle sue spalle . Lo si percepisce sempre di più che ci si allontana dalla trama de “La spada nella roccia”. I temi si fanno sempre più maturi, sfociando nella complessità del dialogo tra Merlino e Artù dell’ultimo libro.

La visione di White del ciclo arturiano non è votata a dargli semplicemente un nuovo e simpatico modo di essere narrata, bensì trasforma i toni in tragedia. Quasi volesse accompagnare i lettori verso nuove riflessioni, si fa sempre più serio e votato alla filosofia. Non mi aspettavo un declino tragico della storia perché, sebbene conosca abbastanza il ciclo arturiano, i primi due libri non lasciavano intuire che l’autore volesse dare così tanto spazio alle diverse metafore sociali che introduce in ogni volume.

Si sente moltissimo la sua età ma anche il contesto storico in cui è stato scritto, tra la fine degli anni ’30 e metà degli anni ’40, un periodo che per gli Inglesi, come per l’autore, fu tutt’altro che una passeggiata. In particolare l’ultimo libro (che anche nelle versioni inglesi non è sempre pubblicato con i primi quattro) riesco a sentire la forte critica contro il genere umano che in quegli anni stava distruggendo il mondo per degli ideali di superiorità.

Arrivare alla fine di questi cinque libri non credo sia un’impresa per tutti: non è una di quelle letture da ombrellone, nemmeno una di quelle didattiche, ma credo non possa essere semplicemente letto come “versione moderna del mito di Re Artù”; la nuova dimensione data da White chiede davvero tutta l’attenzione del lettore per capire e apprezzare la complessità di una storia che cerca di educare. White, incarnando un moderno Merlino, ci ha dato un volume che vuole insegnarci qualcosa, ma questa lezione non sarà una versione canterina o divertente. Lo fa chiedendoci uno sforzo, e al giorno d’oggi non so in quanti siano disposti a fare questo passo.

Recensione Serie Re in Eterno (prima parte) di T.H. White

Recensione Serie Re in Eterno (prima parte) di T.H. White

Cosa succede quando un ragazzo senza natali incontra un mago stravagante che ha la testa proiettata nel futuro? E se questo ragazzo altro non fosse che il predestinato a diventare Re Artù?

Attenzione questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ok lo confesso ho voluto leggere questo libro a causa degli X-Men. Non so quanti sappiano che oltre ad apparire nel secondo film, questo sia un testo molto citato nei fumetti. Nonostante io mal sopporti il ciclo arturiano (storia lunghissima, non è colpa mia e nemmeno di Artù, è che abbiamo una relazione complicata) ho voluto mettermi alla prova.

Parto con il dire che per metà del primo libro si è rivelata una lettura piuttosto interessante e scorrevole, poi credo mi sia impantanata nelle avventure che Wart affronta e durante le quali impara le prime morali del suo precettore magico.

Si sente come questo testo abbia ispirato la Disney, ma devo confessare che il Merlino del libro mi ha ricordato di più il Radagast cinematografico. Questo è stato stranissimo (perché quello del libro me lo ero figurato molto diversamente); ho sentito la mancanza degli anacronismi che a volte c’erano, in altri momenti scomparivano. Per esempio quando scappa in vacanza (e lo fa anche nel libro) la scena non è così ben espressa come quella disneyana. La cosa curiosa è che il personaggio di Kay non è un ragazzone stupido, ma anzi è un suo coetaneo che si dimostra un personaggio piuttosto interessante.

Molte colleghe leggendolo hanno sostenuto che lo stile fosse un poco vecchiotto. Del resto si tratta di una saga scritta alla fine degli anni ’30, e la copia staffetta che ci hanno inviato non rende giustizia (essendo piena di sviste e maiuscole mancanti), ma nel suo insieme è ben scritto e le pagine a volte scorrono bene. Il problema è che i tempi narrativi sono un poco estremizzati, non bastano uno o due espedienti per tramettere a Wart gli insegnamenti. Merlino invece fa vivere diverse avventure proprio per permettere al protagonista di comprendere la complessità della giustizia.

Nel secondo libro invece la situazione evolve e anche i toni sono meno giocosi e spensierati. Rispetto al primo si sente una crescita non solo nel personaggio ma anche nel target di lettori: si passa da una lettura per giovani a qualcosa di più profondo (cosa che accadrà anche nei successivi libri) e ci si rende conto che ogni elemento superficiale nel precedente, inizia a dare una forma concreta ai fatti del seguente.

Un ottimo inizio per una serie che ha segnato il fantasy contemporaneo, pescando a piene mani dall’epica.