Maria – Nata per la libertà
Nella canzone “Il sentiero dei nidi di ragno” di Lowlow, chiaro riferimento all’opera omonima di Italo Calvino, una strofa dice: “Però conosco un posto che altri non sanno, dopo il bosco nero, il sentiero dei nidi di ragno, quando i grilli canteranno, gli adulti balleranno insieme sopra le ossa dei partigiani seppelliti in mezzo al fango”. È una canzone che ascolto spesso mentre guido; quelle frasi hanno un sapore molto diverso ora che ho letto questo libro. Questo rende speciale la nuova pubblicazione di Amalia Frontali: la capacità di dare una forma a quella parte di storia che troppo spesso rimane giusto citata nelle pagine dei libri scolastici. Ridona voce a tutti quei monumenti che sono ricordati giusto con qualche corona di alloro a ogni anniversario, simboli che pochi di noi associano alla storia del nostro paese.
Si sente l’amore per la vita, la speranza, uomini e donne che hanno fatto qualcosa. Persone che si sono sporcate le mani di sangue per poter dare un futuro a questo paese, che, guardandomi in giro, quasi mi sembra non se lo meriti.
Parliamo del libro però, non voglio scaldare gli animi, anche se il turbamento rimane. Noi che camminiamo per quei sentieri sotto cui riposano le persone che hanno creduto nella liberazione del nostro paese. Maria non è un personaggio romanzato, è semplicemente lei, raccontata da una scrittrice che conosce la storia e riesce a portare la sua passione su carta, tanto da tenere incollati i lettori, mentre racconta loro la guerriglia, i rastrellamenti e le fughe nei boschi, teatro di sparatorie e assalti esplosivi.
Maria è scappata in montagna, non per vocazione, ma perché è stata costretta. È una donna che non ha mai combattuto, semplicemente voleva essere libera, voleva fare la cosa giusta, e quello che sapeva fare era curare la gente. Anche se non era un dottore, ma solo una semplice infermiera.
Non è un libro buonista e non vuole solo intrattenere. Maria attraverso la penna di Amalia ci insegna la storia, ma soprattutto a smetterla di festeggiare il 25 aprile come se fosse una semplice festa evidenziata in rosso sul calendario. Perché quel colore non è un semplice avviso, quel rosso è di tutto quel sangue che è stato versato per la nostra libertà.