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  • Aria e altri coccodrilli

    Aria e altri coccodrilli

    La tematica del suicidio è largamente utilizzata nella narrativa. Grandi autori hanno parlato di questo gesto che a molti sembra incomprensibile e intollerabile, eppure il più grande libro che ho mai letto su questo argomento è un volume piccolo piccolo, quasi 150 pagine, che raccontano i fantasmi e gli orrori che tormentano le persone.

    “Aria e altri coccodrilli” di Silvi Pillin è un volume che ho più volte paragonato a una ballerina: delicato e puro, nasconde tutto il dolore per quella vita sulle punte a sorreggere un peso così gravoso. Passaggi schietti e veloci per una danza che schiaffeggia il lettore, invitandolo a riflettere, aiutandolo a capire. Perché sebbene il libro racconti la storia di Eva e Aria, il vero protagonista rimane il suicidio.

    Ancora oggi ringrazio il caso che ha portato un’immagine della copertina del libro tra quelle centinaia che mi capitano quando sono su instagram, ancora oggi dopo tanto tempo, posso affermare che è uno dei migliori libri mai letti. Leggendolo ho afferrato un volto meno ovvio del suicidio, libri come questi che sembrano semplice narrativa, invece nascondono una letteratura forte, potente che spiattella i segreti tristi di tante vite in apparenza felici.

    Vi invito a cercare la curiosità dentro di voi per capire come mai la gente non riesca ad affrontare la vita. Un libro piccolo veloce da leggere ma che resta nell’anima. Potrebbe sembrare un semplice racconto di formazione, un libricino da leggere e poi lasciare in libreria, io vi invito a non sottovalutarlo: la sua unicità, semplice e diretta sarà un mattone scagliato nei vostri pensieri, infrangerà quel luogo di cristallo i pregiudizi e le incomprensioni e potrebbe aiutare a capire davvero il dolore di vivere di alcuni, che dal mondo volevano solo un sorriso.

  • Armonia Finale

    Armonia Finale

    Negli anni settanta, in uno stato europeo immaginario, sono stati scoperti gli elfi. Sì, quegli omini da libro fantasy con orecchie a punta, trecce e capelli perfetti in ogni momento. Ebbene come avrebbe reagito il mondo umano? Ci sono due possibili risposte: l’accettazione e la discriminazione. Hendrik R. Rose ha scelto quella più interessante. Nell’arco di alcune decadi il popolo elfico non solo viene rinchiuso in un ghetto, ma arriva persino a dimenticare la sua magnificenza: è questa la trama che si snocciola in “Armonia finale”.

    C’è subito da dire che non è un libro per signorine. Non è una storia distopica per palati fini, qui la realtà (per quanto immaginaria) colpisce duro, perché ieri erano gli ebrei, ma l’uomo non smetterà mai di mettere un ‘etichetta a tutto quello che trova diverso.

    L’autrice ha fatto una scelta forte, non ha optato per delle razze che il lettore poteva già trovare diverse, ha scelto quella figura che solitamente è eroica, perfetta. So che ci sono molti che odiano appunto gli elfi, ma vederli così vi garantisco che vi farà riflettere. La narrazione è calibrata per accompagnare passo passo il lettore nel romanzo. I primi capitoli sono veloci e danno chiare pennellate alla storia che si delinea di pagina in pagina facendoci conoscere i protagonisti e anche quel loro sporco mondo e il distretto 50. Lo stile è davvero poetico, ci sono piccole similitudini o frasi che sembrano quasi oniriche e trasmettono la complessità della morale di questo libro.

    Ho parlato poco della storia in se perché preferisco non anticiparvi nulla se posso, questo libro merita di essere scoperto, e se volete, accompagnandolo con le canzoni che l’autrice indica per ogni capitolo.

    Un urban fantasy distopico che merita di essere nella vostra libreria. Una storia che parla al cuore dei lettori con un intreccio imprevedibile. Consigliato per chi cerca qualcosa di diverso, di sincero in questo mondo di distopici che sente davvero la mancanza di qualcosa di autentico.

  • Cento occhi

    Cento occhi

    Da che esistono le videocamere, esiste anche la paura di essere osservati, controllati, registrati. Nella nostra quotidianità abbiamo un obbiettivo sempre puntato su di noi, senza che ce ne si renda conto. Di certo in molti, dopo aver visto l’episodio di Black Mirror “Zitto e Balla”,  hanno preso l’abitudine di mascherare alcuni obbiettivi sensibili. È qundi interessante vedere come, alcuni autori, affrontano questa tematica del controllo costante. Oggi voglio parlarvi di un libro molto particolare.

    A.R.G.O. era una persona. Ha donato il suo corpo perché potesse diventare una sentinella sempre collegata a telecamere e microfoni per: individuare gli ostili, evitare che si compiano crimini, avvisare le forze dell’ordine perché intervengano in tempo, perché i colpevoli siano fermati. Come può vivere una persona non persona, occupato ventiquattrore a scrutare? Chi è davvero A.R.G.O.?

    La storia è molto breve ma tutt’altro che semplice e scontata. In poco più di un centinaio pagine il lettore è costretto a fare i conti con la paura sociale: dalla discriminazione degli stranieri, fino al bisogno di farsi giustizia da soli. Si riesce a saggiare quella zona d’ombra che la televisione enfatizza con programmi a tema, perché l’audience sembra essere legata a doppio filo con la cronaca nera. Più sangue, più spettatori. Un’analisi feroce di un presente che fingiamo di non vedere, l’urlo di uno scrittore che ha bisogno che il mondo percepisca i rischi e cerchi di cambiare.

    Una lettura distopica che dipinge la nostra società che in fondo spera in un A.R.G.O. che sorveglia tutto e tutti, che preferisce non cercare un vero modo per migliorarsi. Intenso, profondo e insolito. Non è un libro per chi pensa agli Hunger Games o al sangue di Battle Royale. È una lettura che ci sputa in un occhio. Ma tranquilli, sappiamo di essercelo meritati.

  • Come petali di ciliegio

    Come petali di ciliegio

    Ci sono generi che fanno rabbrividire i lettori più consumati. Quello maggiormente bistrattato è il rosa nelle sue varie sfumature, da quella più frizzante (chick-lit) fino a quelli che frugano tra le passioni inconfessabili (erotici).. Se siete veri lettori onnivori non sarà un po’ di sesso a fermarvi. Quindi oggi voglio consigliarvi un libro che ha una sua storia alle sue spalle: diventato un grande best seller su amazon, dove l’autrice lo aveva autopubblicato, è arrivato a gennaio 2020 in tutte le librerie d’Italia grazie a Newton Compton. Il libro in questione è “Come petali di ciliegio” di Mia Another. Non è il primo libro che passa dal self alla grande editoria, ma ve lo consiglio perché è davvero unico.

    Il primo elemento che lo rende così speciale è il Giappone, location dove si svolgono le storie dei tre protagonisti, tutti stranieri: Isabel, una bella irlandese che studia per diventare una fumettista e le due controparti maschili Tyler, il perfetto ragazzo che vuole diventare un pediatra, e Ryuu, anche lui studente di medicina e votato alla neurologia, le cui origini mezzo nipponiche oltre a un comportamento tutt’altro che socievole lo fanno apparire come un personaggio che vorremmo evitare.

    Il secondo elemento è la passione, non quella che potreste trovare negli altri romanzetti rosa, qui si parla di kinbaku, la nobile arte del legare e sospendere le persone, pratica che può sfociare nel sesso e che noi occidentali ci ostiniamo a trovare volgare o a catalogare sotto il nome di bondage, invece come molte cose legate alla sfera dell’eros che arrivano dall’oriente sono molto di più di un semplice amplesso e hanno ritualità scandite da regole e complessi dettagli che appaiono banali accorgimenti e invece sono frutto della ricerca di perfezione.

    E se pensate che sesso e oriente siano l’ennesimo mix che proprio non vi convince c’è altro. L’autrice non è una sprovveduta, sa come si scrive, usa le tecniche base che portano il lettore a rimanere incollato alle pagine, lo show don’t tell per esempio, o anche i punti di vista in prima persona alternati; ottimi esempi di come si scrive, perché non è una scena di sesso a rendere un romanzo rosa, sono le emozioni, e quelle, non solo frutto di semplice meccanica o di qualche giochetto a letto, no, quelle vanno costruite pagina dopo pagina, insieme ai personaggi.

    Fidatevi, ho letto tantissimi romanzi rosa, ma sono pochi quelli che meritano d’essere spogliati dal colore che gli editori considerano una facile vendita. Questo volume mostra come si scrive una storia d’amore, come la si fonde con una cultura esotica, e come si emozionano davvero le lettrici.

  • Forse un giorno

    Forse un giorno

    Il nome dell’autrice Colleen Hoover è arrivato quasi per caso alle mie orecchie. Sempre per quel caso (che non esiste) sono arrivata a trovare questo libro a un prezzo scontatissimo e l’ho letto. È stato amore. Ancora oggi mi domando cosa aspetti Sperling Kupfer a pubblicare tutti i suoi libri, visto che ne ha acquistato i diritti da tempo.

    Sydney scopre che il suo fidanzato la tradisce con la sua coinquilina, nonché la sua migliore amica. È costretta a scappare di casa e cercare un modo per ricominciare da zero. Per sua fortuna la soccorre Ridge, il misterioso ragazzo del balcone di fronte, che ogni sera suona la chitarra.

    La premessa sembra delle più banali: una storia facile facile, già scritta nella mente di chiunque abbia letto un minimo di romance. Invece questo non è un libro normale, è un libro di Coleen Hoover. Per quanto possa esserci amore e romanticismo, ci saranno anche una marea di fazzoletti che finiranno fradici delle nostre lacrime, perché questa autrice riesce a distruggere i cuori dei suoi personaggi, e con i loro anche i nostri. Non faccio spoiler ma ci sono diverse cose che l’autrice tira fuori nei momenti giusti per farci soffrire, ricordandoci che la vita è fatta anche di momenti difficili e prove che la vita ci mette davanti.

    Coleen non racconta solo storie d’amore, no, mette l’amore anche in quei lati B della vita che lasciamo al margine di ogni nostra fantasia. In questo libro (come anche negli altri) i protagonisti sono in qualche modo “difettosi” per il mondo. Questo però non li rende delle vittime, semmai è il loro canto di gioia nonostante tutto a dare maggiore forza a ogni capitolo. Già perché se la vita picchia duro, loro non hanno paura a indossare i guantoni e affrontarla.

    Ideale per i vostri scaffali romantici, perfetto se cercate qualcosa che vi faccia trovare un po’ di speranza e voglia di lottare.

  • Gli inganni di Locke Lamora

    Gli inganni di Locke Lamora

    Prendete Venezia, fatto? Aggiungete una sana dose di avventura, fatto? Mescolate energicamente mentre a cascata versate alchimia, ladri di strada e gilde, fatto? Ora lasciate riposare in attesa che Mondadori faccia la magia, tra grafica d’effetto e raffinata ricercatezza nell’impaginato. Ecco a voi pronto per la lettura “Gli inganni di Locke Lamora”, primo volume della serie The Gentleman Bastard Sequence!

    Era il 2019. Io con i soliti fedeli amici scrittori delle due pagine al giorno, in una casa, a guardare insieme le lezioni della Masterclass di Neil Gaiman. Lo so, state pensando che stia divagando, ma fidatevi: arrivo al punto. Non ricordo bene cosa ci portò a parlare de “I bastardi galantuomini”, ricordo solo che mi bastarono le parole “Venezia fantasy”, unite a “avventura”. Dovevo leggere questo libro. Con piacere mi dissero che la serie, interrotta da anni dalla Nord, era già nelle mani di Mondadori che, sotto alla linea editoriale Oscar Vault, stava programmando la pubblicazione del terzo volume ancora inedito in Italia.

    L’ambientazione di questo primo libro, le cui dimensioni lo rendono un’ottima arma contundente, è Camorr una città che ricorda molto la nostra Venezia ai tempi del Doge. Alla suggestione dei canali l’autore aggiunge anche la componente fantasy, che si sente appena nei primi capitoli, ma che vi garantisco sarà dominante nel resto del libro (e dei volumi successivi). Come se già così non bastasse ad affascinare, arriva anche la scelta di non raccontare i piani alti di questo mondo, bensì si parte dalle sue profondità più putride. Locke è un orfano che si trova a finire in una piccola gilda di ladruncoli di strada che vive in un cimitero, e che poi arriverà a vestire i panni del più bravo Garrista di Camorr, senza che la città sappia davvero della sua esistenza.

    Che cosa ha di speciale questo libro (o meglio questa serie) per dover finire tassativamente nelle nostre librerie? La risposta è un altisonante “ha tutto”. Il word building, che forse in questo primo volume è solo sfiorato, sboccia pian piano mostrando la complessità di un fiore raro e magico. Ci si innamora dei personaggi, e il caro Scott Lynch è pronto a far soffrire, tanto che in certi momenti ho temuto potesse diventare un noto serial killer di personaggi sulla falsa riga di G. R. R. Martin. Infine, forse l’elemento più semplice: è un libro scritto bene, lungo ma nessuna parola o frase è di troppo.

    Recuperate questo libro e i suoi due seguiti e poi pregate intensamente, perché avrete bisogno che Lynch scriva altro, molto altro: non ci si può fermare a una trilogia.

  • Guardiani della notte

    I guardiani della notte

    Dalla Russa, quasi in punta di piedi, arriva un Urban Fantasy che da uno schiaffo al genere e schiocca le dita davanti agli occhi dei lettori troppo spesso, distratti dall’ennesimo successo editoriale, hanno bisogno di essere richiamati all’attenzione per notare che in libreria c’è qualcosa di nuovo, di diverso.

    Ruvido come una vodka secca bevuta in un solo sorso, duro come le sonorità della lingua in cui è stato scritto, “I guardiani della Notte” racconta una storia dove vampiri e altre creature fantastiche esistono e sono sempre esistiti, i guardiani, della notte o del giorno, mantengono l’ordine tra bene (notte) e male (luce). La trama fino a qui vi farebbe pensare che è solo l’ennesimo urban fantasy che sfrutta questi classici ingredienti in nella location “esotica” di turno, la Russia, ma Mosca, con il suo aspetto austero, non è solo un contorno, si sente che l’autore porta la sua cultura nel romanzo e va oltre, creando una storia dove il bene e il male non hanno la necessità di vincere, semmai devono trovar un equilibrio per coesistere, perché nessuno può prevalere sull’altro per il bene comune e il compromesso è la vera chiave per la felicità comune.

    Lasciamo però il lato filosofico e moralistico che questo romanzo porta e concentriamoci sull’aspetto più intrigante che questa serie, formata da quattro romanzi, mi riferisco al fantastico. La mano russa che muove le fila degli elementi classici lo fa in maniera aspra aggiungendo degli elementi insoliti: la cosa che più mi colpì quando lo lessi era la realtà in cui i guardiani si muovevano, una visione parallela dove il nostro mondo è polveroso, sporco e buio dove l’invisibile prende forme spaventose e inaspettate.

    Questa serie di libri è proprio qualcosa di diverso da avere in libreria, una lettura che nel momento adatto può farvi saggiare un sapore sconosciuto, grazie a un autore maestro nel creare una storia complessa, per noi che abbiamo sempre letto libri che arrivano dalla cultura occidentale. Una serie di quelle belle, strane che se avesse avuto natali più vicini a quelli europei certamente avremmo visto i film al cinema, invece è Russa e quei film, perché ne hanno tratti due, si possono recuperare a fatica in italiano e poco rendono giustizia alla sua bellezza narrativa.

  • I vicini di casa

    I vicini di casa – Nuovi orrori metropolitani

    È la prima volta che in questa rubrica vi parlo di un libro ricevuto da un editore. Partiamo dal fatto che non mi aspettavo questo arrivo, e per la legge non scritta dei blogger, avrei potuto mostrarlo e non leggerlo mai. È capitato che, nella montagna di libri, questo fosse quello perfetto per cominciare l’anno nuovo.

    Non voglio fare la boomer, ma quando ero piccola una delle serie che preferivo era proprio “Vicini di casa”. Non era il top degli anni ruggenti, ma raccontava con simpatia i rapporti complessi della convivenza tra vicini. Una visione comica e trash, ma anche un ideale che vorremmo tutti. Eppure la realtà, una volta cresciuti, ci mostra che forse è solo una fantasia

    Questa raccolta di racconti mostra tanti spaccati della vita circondata da persone che in fondo non conosciamo, e allora perché non completare questa ignoranza con un poco di fantasioso e di horror? È così che questi racconti affrontano il tema, riempiendo buchi di supposizioni che ogni giorno facciamo unendo i puntini dei discorsi che ci arrivano attraverso le pareti.

    Ecco che un ragno gigante abita l’appartamento sopra a quello di Michele, in un mondo così ben costruito da essere un possibile presente. Abbiamo il nuovo arrivato del palazzo, Armando, un uomo sporco che ha la fama di bruciare animali domestici e bambini. Infine Benedetta, la vicina strana che realizza arte con il sangue delle vittime uccise dal suo demone personale.

    Ve ne ho citati alcuni per darvi un’idea di quello che potrebbero essere anche storie nostre quando, con l’orecchio teso, ci troviamo a sentire rumori o vediamo facce nuove sul pianerottolo.

    Questa raccolta racconta il buio del mondo, che forse è migliore di quello che viviamo ogni giorno, svegliati dalle urla del dirimpettaio, giudicati dal signore del secondo piano. Un modo per vedere un filo di normalità eccentrica, per accettare una realtà che fa quasi più paura del possibile assassino della porta accanto. Consigliato a chi ha una buona immaginazione, ideale per chi cerca le atmosfere cupe di Stephen King e, invece di farlo oltre oceano, le trova scritte da un suo possibile vicino di casa.

  • Il castello blu

    Il castello blu

    Delicato, romantico, un romanzo che consiglio a occhi chiusi. Una storia dalla rara bellezza che mai assocereste all’autrice di “Anna dai capelli rossi”. Questo è un volume che dimostra quanto gli scrittori possano essere poliedrici e andare oltre al genere per cui sono famosi: questo è un romanzo romantico, non una storia per giovani lettori. Una di quelle che fanno sognare e sospirare, scritto nei primi decenni del ‘900.

    La storia parla di Valancy che, a quasi trent’anni, non è sposata e non ha mai saputo vivere una sua vita. Si è sempre adeguata a quanto la sua numerosa famiglia decideva per lei. Ora che però scopre di avere solo un anno di vita, abbandona tutto alla ricerca di una vita vera. Modesta ma autentica.

    Potete certamente vederlo come un romanzo d’evasione se si guarda oltre al fuga della protagonista, se si sanno cogliere le finezze. Il senso di libertà di questo volume richiama Walt Witman e il suo “andai a vivere nei boschi perché volevo vivere veramente”. Lo affronta come una donna sola, zitella, a cui il romanzo trova l’amore, ma per quanto la forma cambi, la morale è vivere e non dimenticare che le prigioni siamo solo noi a crearle.

    Se già non bastasse questo a renderlo un libro speciale, come già vi ho detto per altre edizioni Jo March, adattamento e traduzione sono sublimi. La vera chicca si racchiude nella prefazione che introduce il lettore al romanzo, spiega come l’aspettativa fosse di una semplice lettura di svago, una dozzinale storia d’amore, ma mostra in realtà quanto l’autrice avesse messo se stessa e il suo bisogno di riscatto in quelle pagine; una forte metafora palese, che mostra quanto tutti abbiano bisogno di essere loro stessi, contro le convenzioni sociali, contro gli stupidi preconcetti di una famiglia opprimente, di una società che giudica e spera di non essere mai sottoposta al tribunale pubblico delle dicerie.

  • Il prezzo della sposa

    Il prezzo della sposa

    Non ho mai amato particolarmente i romanzi epistolari. La lettera, uno strumento di comunicazione che sembra in via di estinzione, è stata però per molti secoli uno dei pochi modi per comunicare ed esprimere le proprie emozioni. Due autrici hanno capito le sue potenzialità e le anno messe al servizio di una saga romantica che comprende ad ora quattro volumi e due spin off. Non è una scelta così innovativa quella di scrivere un romanzo epistolare, ma la loro padronanza del mezzo ha prodotto una narrazione corale: le decine di storie di sottofondo rendono il tutto complesso, a volte non solo si rimane rapiti dalla storia di punta del romanzo, ma si vuole sapere molto altro di quelle che ne fanno da contorno.

    Lo so, ho parlato di saga romantica, e questo potrebbe non convincervi, e se aggiungo pure che si tratta di un romanzo autoprodotto ho il terrore che alcuni di voi nemmeno andranno avanti a scoprire l’unicità di questo libro, ma io vi invito fermarvi un attimo e ascoltare quanto ho da dire.

    La storia è quella di una bambina di nobili natali e di un figlio di un modesto mezzadro, uniti dalla passione per gli scacchi, ma se l’amicizia è un sentimento che si può tollerare, crescendo i due imparano che la differenza tra classi è un ostacolo. Lo so pensate che sia semplicemente l’ennesima storia romantica ambientata in un’epoca passata, ebbene vi sbagliate! La complessità del mondo riproposto dalle autrici, ma anche le sottotrame, come pure la cura storica lo elevano a molto di più.

    Mi soffermerei su questo punto in particolare. È difficile trovare autori che fanno autentica ricerca storica per parlare scrivere romanzi rosa storici. Troppo spesso ho trovato autrici che si sono cimentate nel genere attirate dalle fantasie di pizzi e crinoline, tralasciando che ci sono elementi che se collocati male nella storia, rischiano di farla sembrare un semplice romanzo rosa in abiti d’epoca. Conoscere le regole della società, sapere come gestire una scena in una sala da pranzo, o anche i soli tempi di attesa tra una lettere e l’altra, sono finezze che rendono reale questo libro e evitano di abbassarlo a semplice lettura d’intrattenimento. Questo libro come anche gli altri della serie sono autentici viaggi nel passato, difficilmente troverete fatti piegati alla narrazione semmai, sarete voi costretti a rispettare l’etichetta, a vergognarvi di aver frugato nella corrispondenza dei personaggi.

  • Fidanzati dell'inverno

    L’Attraversaspecchi – Fidanzati dell’inverno

    Il libro di cui vi parlo oggi è il primo di una quadrilogia che certamente avrete già visto. Lo si trova facilmente nelle librerie e, bene o male, blogger e addetti del settore lo hanno letto. Quando scoprii che era in arrivo in Italia ero molto felice, vedere un editore specializzato in narrativa di un certo livello puntare a un libro per giovani lettori con tematiche fantastiche, mi ha ridato speranza, esistono ancora case editrici che credono davvero nel genere fantastico.

    Sto ovviamente parlando della serie “L’attraversaspecchi” di cui “I fidanzati d’inverno” è il primo volume. La storia comincia con la sua protagonista, Ofelia che vive su Anima, una piccola porzione di mondo che vaga nello spazio, ha rifiutato diversi pretendenti, ma ora le imporranno il matrimonio con un nobile di Polo, un’arca come Anima, lontanissima e dove c’è un inverno rigidissimo e perenne. Cosa vorrà da lei il misterioso pretendente? Già perché Ofelia è una ragazza come tante altre, ma ha un grande talento, al solo tocco può leggere la storia degli oggetti, oltre a ciò può attraversare gli specchi.

    Potrebbe sembrare la solita storia, un “orgoglio e pregiudizio” con un pizzico di fantasy, invece questa saga punta subito il piede e fa capire che non è solo una storia. il Wordbuilding alle spalle dei personaggi lo potrei paragonare solo a quello di “Harry Potter” (e non esagero) con una cura e una sapienza da parte dell’autrice davvero immensa. Di solito paragonare un libro al successo potteriano è sempre una scelta commerciale, ma in questo caso vi garantisco che ci sono pochi altri libri che paragonerei allo sfregiato inglese più famoso al mondo. No, Ofelia non è l’Hermione di turno, l’autrice sa scrivere, tanto che i primi capitoli si divorano che è una meraviglia e il contrasto del mondo di Polo, è uno schiaffo per il lettore che si innamora di Anima, un mondo che ricorda le atmosfere del castello animato de “La bella e la bestia” dove ogni oggetto è vivo e in qualche modo parla.

    La protagonista mi piace moltissimo, adoro il fatto che viva degli eventi molto complessi e nonostante quello che è costretta ad affrontare non cade nel cliché della fanciulla in difficoltà che si deve far salvare, e nemmeno in quello dell’eroina, è semplicemente Ofelia, coerente con se stessa e i suoi mille difetti. La controparte maschile, Thorn, non è il figaccione, anzi è alto, molto magro e pure con un naso grosso pieno di brutte cicatrici, ecco un altro plauso perché se lo si dovrà amare, lo si farà per le sue azioni e non certo per l’addominale scolpito.

    Altro pregio di questo libro, ma lo è anche per gli altri volumi della serie, è la copertina, una delle più semplici e d’effetto che abbia visto nelle librerie da molto tempo, sinonimo che spesso il fantasy non ha bisogno di troppi colori o immagini d’effetto, a volte essere minimal premia.

    Perché avere questo libro nella vostra libreria? Beh se amate il genere non può mancare. Se invece cercate qualcosa di diverso, beh, questo è davvero un libro diverso. Infine trovo che sia un ottimo libro da leggere con un figlio o figlia, vi garantisco che oltre a essere scritto bene, potrebbe essere un ottimo modo per coinvolgere i lettori giovani, troppo spesso soffocati da consigli scolastici fermi a quarant’anni fa…

  • Inverno si era sbagliato

    L’inverno si era sbagliato

    Penso fu Adriano Barone a spiegarmi come nel mercato anglofono esistessero solo tre momenti storici fondamentali per ambientare una storia: la guerra dei cent’anni, la rivoluzione industriare e infine il nazismo (seconda guerra mondiale fa troppo tecnico). Ora, se ci pensate la maggior parte dei romanzi storici di origine inglese hanno queste tre ambientazioni come capo saldo, sono stati tre momenti storici che vogliono l’Inghilterra come punto centrale del mondo, a paragone se ci pensate noi abbiamo i romani e il rinascimento, quindi è normale che abbiano scelto di dare spazio e risalto a quelle epoche. Per fortuna si trovano eccezioni degne di lode come per esempio “L’inverno si era sbagliato” di Louisa Young.

    L’incontro tra Riley e Nadine avviene al parco, sono ancora bambini quando le loro strade si intrecciano, lei figlia della Londra bene mentre lui è figlio di operai. Un incontro fortuito, un invito a casa per cambiare i vestiti zuppi di neve e un artista che si prenderà cura degli studi di quel ragazzo sveglio. Ma la realtà è che crescendo quei due ragazzi hanno iniziato ad amarsi, Nadine è troppo per un ragazzo senza una famiglia dell’alta società e senza un futuro. Per questo e anche per mille altri dubbi Riley si arruola per combattere nella grande guerra appena scoppiata, andrà in Francia a liberare il Belgio dai tedeschi. Un conflitto scoppiato e che sembra essere facile da vincere. Gli orrori della trincea della prima grande guerra mondiale cambieranno tutto.

    Lo so cosa state pensando: è un romanzo d’amore. Sì avete ragione, ma se questo è il problema che vedete nella trama, state vedendo il libro nel modo sbagliato. Certo è un romanzo con una struggente storia romantica, ma il punto è la sua collocazione storica: la prima guerra mondiale. Si dimenticano gli orrori di tutti quei ragazzi che partirono convinti che quel conflitto sarebbe durato un attimo e non tornarono più a casa, in quella prima moderna guerra dove si combatteva nelle trincee, senza avanzare per mesi, trovandosi circondati da cadaveri, con la speranza di essere ferito abbastanza per un rimpatrio.

    In questo sfondo che non ha nulla di zuccheroso si svolge una storia d’amore semplice scandita da lettere, incomprensioni create dalla cruda realtà del campo di battaglia. Sebbene il libro parli di tre donne è Nadine la protagonista con Riley che un fortuito intreccio lega a Julia prima e poi a Rose e al capitano Stocke.

    L’accuratezza storica è ben curata e vengono anche proposte delle casistiche sanitarie (non entro nello specifico per non fare spoiler) che i giovani ignorano di quella guerra combattuta agli albori della medicina moderna.

    Dimenticate Downton Abbey, qui si vive l’Inghilterra più comune di quegli anni davvero unici e che non andrebbero dimenticati; una storia fortemente romantica ma anche dura. Un libro di cui in Italia è arrivato anche il seguito, dal titolo “I giorni del ritorno”, ma che si è fermato solo a questi due volumi quando invece avrebbe potuto continuare la serie portando avanti la vita difficile dei personaggi in quei momenti storici così ricchi e complessi. Da recuperare per la vostra libreria, fidatevi, non ve ne pentirete.

  • Ombra del commissario Sensi

    L’ombra del commissario Sensi

    Innamorarsi del protagonista di un libro è una cosa normalissima, ma trovare la propria anima gemella, quella è tutta un’altra storia, eppure ci sono riuscita.

    Il commissario Sensi non è un sex symbol, Ermanno non è nemmeno un nome così poetico, se a tutto questo, poi, si aggiunge che è un amante della musica rock metallica, che si presenta in caserma sempre in ritardo e scolandosi una red bull, prodigandosi a delegare le sue pratiche per dedicarsi a scaricare in maniera illegale album e video dei gruppi che più ama, nell’insieme si capisce che non è un santo e nemmeno il tipo per cui si perderebbe la testa leggendo un libro.

    Quello che però amerete di lui è l’aspetto tenebroso e intrigante legato ha un passato torbido: in una missione sotto copertura ha vissuto con dei satanisti, arrivando a svolgere riti indicibili e soprattutto trovandosi con un demone imprigionato nel suo corpo.

    Ermanno Sensi con la sua comicità nera lo rendono unico diverso da ogni antieroe, si contrappone alla sua squadra, sempre diligente e pronta a risolvere con lui, i casi più insoliti che sembrano incontrare per caso la sua strada, anche se troppo spesso, per arrivare alla soluzione deve usare quel maledetto demone che vive ormai dentro di lui.

    Una storia ambientata in una La Spezia che trasuda dalle pagine, mostrando quanto l’autrice conosca e ami la città in cui vive, tanto che anche noi lettori riusciamo a visitarla di pagina in pagina. Un romanzo nero come il suo protagonista, “L’ombra del Commissario Sensi” ha dato inizio di una saga che conta quattro volumi e una raccolta di racconti, il tutto nonostante il suo protagonista e la sua poca voglia di indagare e lasciarsi scoprire.

    Un modo per entrare nel mondo dell’Urban Fantasy più puro, tanto che quasi lo si confonde con un thriller. Un protagonista che spero un giorno di sposare. Una autrice che mi auguro scriva ancora molto, molto altro su di lui e non solo.

  • La ragazza dai piedi di vetro

    La ragazza dai piedi di vetro

    Tra i libri diversi devo proprio trovare il tempo di parlarvi di quelle storie che intrecciano elementi magici con il nostro mondo in maniera davvero unica. Nel settore questi libri vengono catalogati con il genere che porta il nome di realismo magico, una sfumatura molto tenue di narrativa fantastica, ma da non sottovalutare: è nelle sfumature che sembrano avere poca forza rispetto ai colori sgargianti che troviamo storie davvero profonde, potenti e pronte a lasciare un segno. La ragazza dai piedi di vetro è uno degli esempi migliori.

    Midas con un passato difficile e che ama scattare fotografie che incontra Ida, una ragazza che cerca disperatamente un uomo giapponese che dovrebbe appunto vivere sull’isola dove abita il protagonista. L’elemento surreale in questo incontro è la strana malattia di Ida, infatti lei ha bisogno di questo uomo perché crede sia l’unico che possa aiutarla, ora che lei si sta trasformando in vetro.

    Questo libro è un racconto tra la favola moderna e la poesia, dove il passato e il presente dei personaggi si intrecciano alla perfezione con le leggende di uomini di vetro affondati nelle paludi, un vortice di eventi che raccontano la delicatezza del vetro delle nostre anime.

    Si tratta di un volume piuttosto vecchio, ricontrollando lo lessi nel 2013, di cui ricordo con estrema dolcezza la lettura e ancora oggi mi domando come mai non sia consigliato a giovani lettori o a chi cerca una buona storia; forse è arrivato troppo tardi, quando ormai questo genere di storie non erano abbastanza per i giovani, e temo troppo fantastiche per gli adulti. Non è una storiella leggera, non è nemmeno un romanzo serio, è una storia fine per cuori infranti o palpitanti di amore, una storia che rievoca le emozioni ormai cristallizzate dal vivere comune o che da nuovo vigore ai sognatori, un libro che insegna a sopravvivere attraverso una splendida morale di accettazione e rivalsa al male moderno che, consumandoci di giorno in giorno, ci trasforma in freddo vetro.

  • La ragazza dei fiori morti

    La ragazza dei fiori morti – La morte è solo l’inizio

    Clara lavora a stretto contatto con la morte. È lei che si occupa delle spoglie dei defunti, li prepara per i loro ultimi giorni prima di essere cremati o sepolti. Ed è proprio dopo aver preparato un corpo che incontra una misteriosa bambina.

    La vita di un libro è molto breve. Ogni anno escono un numero spropositato di pubblicazioni e questa, del 2010, mi era proprio sfuggita. È stato quasi il caso a volere il nostro incontro. L’ho sentito citato su instagram e, visto che era la protagonista era una tanatoesteta, quando l’ho trovato usato a un prezzo ridicolo mi sono incuriosita: ho cliccato subito su compra, e ancora oggi mi congratulo con me stessa per la splendida scelta.

    La storia è semplice: Clara ha un routine fuori dal normale, affronta con delicatezza, e quotidianamente, la morte. Il suo lavoro, per quanto macabro, ha dietro a ogni suo gesto una spiegazione profonda: c’è raffinatezza fino a far capire quanto lei sia un tramite tra il mondo dei vivi e l’inevitabile fine.

    Non c’è niente di superfluo, tra le pagine le uniche vicende sono quelle che accompagnano il lettore ad amare la protagonista e a preoccuparsi per quella misteriosa bambina che le compare accanto. A questo si aggiungono alcuni flashback che daranno maggior spessore al personaggio di Clara.

    Un libro che mi sento di consigliare a tutti coloro che sono in cerca di una lettura veloce, ma non per questo superficiale. Un libro che tratta la morte quasi in maniera romantica. Una storia che parla di vita, senza mai far dimenticare al lettore che la morte tocca a tutti prima o poi.

  • La signora Frisby

    La signora Frisby e i ratti del Nimh

    Potrei scrivervi decine di pagine per parlarvi di questo libro, potrei evocare il lungometraggio che ha segnato la mia infanzia come nessun’altra esperienza, ma questa non è la rubrica dedicata alle lunghe disquisizioni su ciò che amo. Qui si parla di libri diversi, unici, e questa favola ha qualcosa che difficilmente troverete in altri libri.

    Da troppo tempo la letteratura per giovani lettori ha travisato, a mio avviso, il bisogno di proteggere i giovani lettori dal lato oscuro della vita. Troppo spesso le favole sono avventure fantastiche in cui difficoltà e sfortune si combattono per ottenere la vittoria, tropo spesso si parla di mondi il cui fondale è rose e fiori. L’edulcorazione di una storia è votata a proteggere il giovane lettore da traumi o preoccupazioni, ebbene questa favola di topolini e ratti è molto onesta.

    La storia di una giovane topolina vedova che deve salvare la sua casa e la vita di uno dei suoi quattro figli dall’arrivo dell’aratro. Una topina che non solo affronta la dura realtà e racconta non solo coraggio e temerarietà, ma arriva a portare agli occhi del lettore la tematica della crudeltà sugli animali usati nelle sperimentazioni.

    Se tra di voi ci sono madri, mi aspetto il classico commento in stile Simpsoniano, “qualcuno pensi ai bambini”, e voglio subito frenare gli allarmismi: non è una storia cruda, è un modo delicato e onesto per parlare e raccontare il mondo reale e la vita ai giovani lettori. Non sarà negandogli un libro come questo a tenerli lontani da concetti forti come la malattia o il lutto, semmai sono proprio questi libri che aiutano a capire quanto non si possa vivere sotto una campana di vetro per sempre.

    Un libro pregno di semplicità che spiega la profondità delle tante sfaccettature della vita, insegnando che anche se da sola con dei figli, una donna non deve mai abbattersi alle difficoltà e anzi può diventare eroina facendo del suo meglio, senza bisogno di calzamaglie, scollature e messa in piega. Questo libro è una favola moderna che proprio non può mancare nella vostra libreria.