Blog Tour Tolkien – Il creatore della terra di mezzo – I tesori di Catherine McIlwaine – Il Silmarillion

Blog Tour Tolkien – Il creatore della terra di mezzo – I tesori di Catherine McIlwaine – Il Silmarillion

Come posso spiegarvi “Il Silmarillion”. Lo so che lo ripeto in ogni dove, eppure non smetterò mai di ringraziare Tolkien: con lui ho cominciato a leggere a sedici anni, e ora ho una casa sommersa di libri e vorrei averlo scoperto prima. Ero solo una ragazzina, cercavo solo un libro che potesse farmi affrontare lo scoglio della dislessia. Fu “Il signore degli anelli”, ma anche “Lo Hobbit”, a farlo, anche se il mio più grande amore tolkeniano è legato a “Il Silmarillion”. Questo libro lo si può riassumere come la genesi del mondo della terra di mezzo. Non credo si possa scadere nella poetica narrazione di come il suo autore lo concepì mentre era rimasto ferito nella prima guerra mondiale. No, per me questo libro è qualcosa di più. È storia, è epica, è avventura e tormento, un luogo dove vivono gli eroi, dove nemmeno lo stile del suo autore (per molti ritenuto ostico) mi poté rallentare, anche se era solo il terzo libro che leggevo.

Attenzione, questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ne “Il Silmarillion” tutto ha un inizio. Credo che i disegni di Tolkien lo facciano percepire più chiaramente rispetto agli altri appunti e incartamenti. È qui che secondo me il maestro ha messo la sua anima. È il luogo dove scatta la scintilla che darà luce e vita a tutto; lo fa con la poesia della musica, che da canto diviene vita. Non sceglie il verbo o un creatore supremo. Lascia che sia il suono a plasmare la terra e le vite. I suoi elfi, i primi uomini in quei boschi eterni, perfetti, che lui stesso mise su carta.

Fa strano vedere i bozzetti di Tolkien, aveva una grande fantasia e non la applicava unicamente alla narrazione. I suoi disegni, a volte legati alle geometrie, stilizzati, sono rivelatori di un qualcosa che la parola non sempre riesce a trasmettere: le atmosfere che solo il colore vivo e le linee possono portare. Chissà se Tolkien si è mai immaginato noi posteri guardare i suoi lavori, più o meno riusciti, per entrare sempre di più nelle sue opere? Mi chiedo cosa penserebbe lui, di questo nostro morboso “avere altro” quando la sua produzione è ormai finita e definita da tempo. Eppure è questo che i libri sono in grado di fare: creare un bisogno che va oltre le pagine. Sono certa che questo stesso “prurito di curiosità” si possa scatenare anche grazie a serie tv o fumetti, ma io non riesco a riconoscerlo così forte, come tra quella magia che si è creata tra me e i libri di Tolkien.

De “Il Silmarillion” devo avere solo tre edizioni (poca roba rispetto alle mie collezioni in cui ho a volte decine e decine di volumi dello stesso libro), eppure sono una più importante delle altre. La prima che ho avuto è stata il regalo di una mia amica dell’epoca per il mio diciottesimo compleanno; la seconda è l’edizione che lessi la prima volta e che pagai uno sproposito perché volevo che fosse proprio quel libro (già raro negli anni 90), infine ho un’edizione inglese perché un giorno vorrei provare a leggerla in lingua madre. Per me questo libro è riassumibile così: come una presenza importante nella mia formazione, un tesoro che ho voluto a ogni costo, una promessa di riscoprirlo nella sua originale interezza quando sarò pronta.

È per questo che non posso far altro che continuare a leggere e informarmi su Tolkien, è per questo che finché ci sarà da scrivere su di lui, io sarò lì a leggere. Anche questi due volumi, lo fanno magistralmente, perdermi tra le loro pagine è stato un modo per tornare su quei primi passi lontani quindici anni.

Buon “non” Compleanno Alice

Buon “non” Compleanno Alice

Domani sono esattamente 158 anni da quando Charles L. Dodgson e l’amico reverendo Robison Duckworth remarono su una barca insieme alle tre figlie di Henry Liddle: Lorina, Edith ed Alice. Un pomeriggio come molti altri che però spinse Charles a scrivere un racconto che poi divenne romanzo firmato con lo pseudonimo Lewis Carroll.

Mi rendo conto che dopo tanti anni di blog non ho mai parlato della mia collezione dedicata a “Alice nel Paese delle Meraviglie” e al suo autore, direi quindi che oggi è il giorno adatto per porvi rimedio.

La mia libreria conta (non è un calcolo ufficiale) più di cento volumi legati al tema del bianconiglio. Fumetti, saggi, edizioni dell’opera nelle lingue più disparate, illustrate da Tenniel o da artisti più contemporanei, fino all’edizione con i disegni di Salvador Dalì, conta anche reperti più personali quali lettere dell’autore, fotografie che lui stesso scattò ad Alice e a molte altre bambine, e non dimentichiamo manga e retelling ispirati da questa opera. Sto inoltre omettendo quella piccola parte della casa in cui ho accumulato agende, piccole action figures, spazzole, trucchi e altri accessori legati al tema. Se pensate che tutto questo possa bastare, vi sbagliate perché ogni giorno continuano ad arrivare piccoli elementi ad arricchire la collezione.

Avevo diciotto anni quando lessi per la prima volta il romanzo originale, in una edizione davvero ben tradotta dalla Mondadori, dove le note offrivano spunti di riflessione. Non so se fu il fatto che questo libro potesse essere una grande fonte di collegamenti per la mia tesina o se semplicemente rimasi colpita da alcuni significati reconditi (come quello offerto dal Dogma alla filastrocca del Tricheco e il Carpentiere) a cui l’opera si presta tutt’ora. Inoltre più leggevo i misteri legati all’autore, più Alice e Lewis mi appassionavano, ma non ero l’unica visto quanto questa opera sia entrata nella cultura influenzandola, creando connessioni forti.

Inizialmente puntavo solo a quelle versioni ricercate che avevano più illustrazioni o approfondimenti, poi, lavorando nelle spedizioni internazionali, con colleghi che viaggiano in tutto il mondo per lavoro e non, la situazione mi è sfuggita di mano. Sono arrivata anche a chiederle come souvenir agli amici che vanno all’estero, della serie: “lascia stare le calamite, entra nella prima libreria e chiedi Alice nell’edizione più bella che trovi, te la pago”.

Ho edizioni Canadesi, Svedesi, Australiane, Coreane, e persino Kazache. Ma anche alcune economiche, altre rilegate, altre ancora con copertine in pelle e decori in oro.

Come ho detto non mi fermo al libro in sé, anzi, ogni retelling che arriva in Italia e cade sotto i miei occhi è mio. Fumetti, adattamenti per i bambini, film, dvd e prossimamente mi metto al lavoro per i videogiochi, promesso. Anche i saggi su Lewis o Alice Liddle (la bambina che ispirò l’autore a scrivere la storia) non sfuggono e, quando qualcuno ne cita alcuni in lingua inglese (se ne trovano davvero pochi in lingua italiana), cerco di recuperarli subito se il prezzo lo permette.

Perché? Non saprei darvi una chiara risposta. È nata come amore, sta forse diventando ossessione, ma come la stessa sua fonte non ha bisogno di un senso. È un gioco, un qualcosa che vorrei lasciare ai posteri, un modo di investire i miei soldi per creare qualcosa che un giorno vorrei ricordasse chi sono: una pseudo-scrittrice fissata con i libri di una sua omonima.