Recensione L’ultima gru di carta di Kerry Drewery

Recensione L’ultima gru di carta di Kerry Drewery

Ichiro è un nonno che ha nascosto la pena di un evento terribile quando aveva solo diciotto anni: in una giornata estiva, come molte altre, ha visto la sua città, Hitoshima, scomparire. Una bomba ha cancellato tutto, le cui conseguenze sono molto più tremende e dolorose di quelle che fino ad allora avevano colpito il suo paese. Il racconto della ricerca della sua sopravvivenza insieme al suo migliore amico Hiro e la ricerca della piccola sorellina Keiko, svelano alla nipote che in nonno Ichiro che c’è un grande rimpianto legato alla sua fortuna di essere sopravvissuto.

Attenzione questo libro è stato offerto da Rizzoli.

Tra pochi giorni saranno dieci anni esatti dalla mia visita a Hiroshima. Nel mio viaggio nella terra del sol levante ho voluto fare tappa in quella città, attraversando tutto il Giappone in treno. Ancora oggi è difficile trovare le parole quando racconto l’emozione e le lacrime, che da sole iniziarono a bagnarmi il volto, mentre scendendo dal tram e mi trovavo davanti lo scheletro della cupola del Memoriale della Pace. È un luogo che, nonostante i grattaceli, conserva ancora tutto quel dolore. Per questo ho letto questo bellissimo libro; per il momento non ho modo di mettere in programma un nuovo viaggio verso Hiroshima, eppure sento di doverci tornare, almeno con il pensiero, attraverso una storia.

Non è un libro scritto da un sopravvissuto, nemmeno da un giapponese, e un poco si sente in alcune pagine, ma non mi sento di condannarlo: il miglior libro per ragazzi sulla Shoah che abbia mai letto non era scritto da un sopravvissuto, tanto meno da un ebreo. Ci sono parti della storia la cui memoria non deve essere legata unicamente ai sopravvissuti, anzi, un bravo scrittore può portarla avanti attraverso nuove storie che, non solo facciano rivivere quei momenti, ma insegnino anche l’importanza di tramandarle.

Dal titolo mi aspettavo tutt’altra storia, conosco molto bene infatti la leggenda delle mille gru necessarie per realizzare un sogno, e so anche quanto sia legata questa tradizione a Hiroshima, dove il Monumento della pace dei bambini ha una teca di dimensioni enormi dove chiunque può portare le sue mille gru, o anche solo lasciarne una. Durante le celebrazioni viene infatti donato a turisti e visitatori, un foglio di carta e le istruzioni per costruirla e l’invito a passare proprio al memoriale per lasciarla nella teca. Non vi svelerò come l’autrice l’ha utilizzata nella storia di Ichiro e la piccola Keiko, ma devo confessare che mi ha commosso parecchio e non è affatto quello che mi aspettavo.

Ci sono un paio di scelte stilistiche che non ho approvato, la scelta di trasporre in versi il presente e lasciare narrato solo il ricordo degli eventi, e anche le illustrazioni che ho trovato un po’ troppo semplici, ma nell’insieme è un libro che andrebbe fatto leggere, perché no, a scuola ai giovani lettori. La pace non si insegna solo attraverso gli arcobaleni, a volte c’è bisogno di mostrare molto di più attraverso fatti dolorosi che però raccontano anche la speranza di un mondo che può migliorarsi.

Recensione Fiamme nella palude di Eoin Colfer

Recensione Fiamme nella palude di Eoin Colfer

Vern, un drago che si nasconde da secoli. Miccetta, un ragazzo che è finito nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Regence Hooke un poliziotto corrotto e dannatamente pericoloso. Tre elementi che potrebbero non avere nulla in comune e che invece si rivelano un trittico scoppiettante, in grado di coinvolgere il lettore nella storia più frizzante che una palude potrebbe mai ospitare.

Attenzione, questo libro è stato offerto da Mondadori.

Ok, sono pronta alla pubblica gogna: non ho mai letto Artemis Fowl; me ne pento e me ne dolgo, e in mia discolpa non mi ha mai ispirato. Quando ho deciso di leggere questo libro, l’ho fatto perché l’incipit era molto intrigante e ignoravo chi fosse l’autore. Già, perché la premessa di un drago che beve vodka e passa il suo tempo recluso a guardare Netflix (vedo delle somiglianze con la mia vita ideale) mi faceva urlare “devo leggerlo” e infatti ho fatto molto bene!

Non è un autore di prima penna, non è nemmeno un autore che con la fama ha bisogno di prendersi spazi eccessivi o ridondanti (ogni riferimento a Crescent City NON è puramente casuale) e soprattutto non punta tutto sull’idea. I primi capitoli sono eccezionali proprio perché dimostra di avere una voce flessibile, sapendola adattare al personaggio al centro della situazione descritta. I salti focali da un personaggio e l’altro sono gradevoli, non interrompono la trama, anzi fanno amare/odiare i protagonisti, tanto da non potersi staccare dalle pagine.

Ironico a volte irriverente non si può far altro che amare quello che potrebbe essere l’ultimo drago. Vern ha un carisma di uomo vissuto con un pizzico di piccante spigliatezza, che riesce a rendere la storia divertente e interessante. Allo stesso modo l’antagonista Regence Hooke dimostra tutta la sua mancanza di sentimenti raccontando un passato difficile, che però non giustifica il suo essere perfido e sadico. Anche Miccetta ha vissuto problemi simili eppure dimostra di aver fatto una scelta più giusta.

La trama in sé è molto lineare e un pizzico all’americana, eppure il carisma del trittico di personaggi rende scorrevole e mai banale la storia. Le pagine si lasciano leggere in fretta e ci si ritrova alla parola fine con la voglia di leggere di altri draghi e cocktail. Un urban fantasy che ha il sapore bruciante di una vodka secca, una storia che fa ridere senza essere una continua barzelletta. I riferimenti alla cultura pop, e non solo, non disturbano la narrazione, anzi è una lettura contemporanea che mescola il sapore antico e con le opinioni sulle serie tv, film e libri, che le dona una spontanea dimensione umana.

Consigliatissimo a chi cerca una storia per accompagnare questa estate 2020, divertente al punto giusto, per potersi lasciare la quarantena alle spalle e puntare dritti per una vacanza alla ricerca di un drago, armati di casse di Absolut e Martini.